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Che cosa cambiano le tecnologie della comunicazione
nella comunicazione? Le sue strutture e il suo ambiente,
in particolare umano e tecnico [McLuhan 1976 e 1967; McLuhan e Fiore 1968; De Kerckhove 1993] ma non la
forma della comunicazione come tale (atto del comunicare
+ informazione). Per questo, non ha alcun senso
distinguere tra comunicazione naturale e comunicazione
artificiale come categorie "antropologicamente"
diverse, perché la comunicazione è sempre
comunicazione. Questo però non vuol dire che gli
apparati in generale mediante i quali si comunica
(qualunque forma assumano, biologica o tecnologica, come
abbiamo detto nel primo capitolo) siano irrilevanti. Essi
influenzano le possibilità della comunicazione lungo due
dimensioni fondamentali: quella spaziale e quella
temporale. Rispetto alla comunicazione attuata in
compresenza corporea, tutte le tecnologie della
comunicazione inventate dall'uomo hanno inciso almeno su
una di queste due dimensioni, e sempre nel senso di
ridurne gli effetti sulla comunicazione: le comunicazioni
possono o andare più lontano (dimensione spaziale) o
durare più tempo (dimensione temporale), ed entrambe le
capacità si potenziano a vicenda. Ciò che ne è
derivato come conseguenza è stato un impatto anche sulla
dimensione sociale: aumenta il numero di potenziali
destinatari di una singola comunicazione, e in un modo
che è spesso scollegato dall'interazione in compresenza
corporea (come nel caso dei gruppi di discussione sulle
reti telematiche tramite la posta elettronica) o
addirittura da una qualsiasi interazione tra viventi
(come nel caso della lettura di libri scritti da autori
già morti) che porta al limite le capacità della
comunicazione di essere riconosciuta come tale (e proprio
per questo i primi lettori, come si sa, leggevano ad alta
voce). Apparati e tecnologie della comunicazione restano comunque sempre un ambiente della comunicazione stessa (substrato mediale + manipolatori del substrato, ad es. fili elettrici + apparecchiature telefoniche), non sono essi stessi in quanto tali comunicazione (il medium non è il messaggio) [1] . Ricombinano i substrati esistenti o ne creano di nuovi per dare nuove possibilità di comunicazione. Ciò che si mantiene invariato nella lunga catena storica di ricombinazione o creazione di mezzi di comunicazione (corpo, voce, libri, telefono, TV, computer ecc.) sono: il meccanismo di distinzione, su base attributiva e non ontologica, tra esperienza e comunicazione (con l'intenzionalità a ciò connessa), che è indipendente dal medium usato, e la forma generale di un sistema della comunicazione come distinzione reciproca di alter e ego (sorgente e destinatario), che è anche la forma generale della società. In base alla prima distinzione, occorre differenziare in una tecnica o apparato in genere gli aspetti di comunicazione da quelli di esperienza. La letteratura sull'argomento invece secondo noi dà troppa rilevanza all'origine ed essenza degli apparati (naturali o artificiali) [cfr. ad es. Simon 1970; Negrotti 1995] piuttosto che cogliere l'occasione per svolgere una teoria della comunicazione capace di racchiudere gli apparati stessi. Alcune riflessioni preliminari in questo senso saranno da noi fatte nel seguito dell'esposizione, estendendo le riflessioni compiute nei capitoli precedenti. Anticipiamo subito che per noi l'artificiale è ciò che si mostra al momento come possibilità di mutamento strutturale. Se essa si realizza, cioè il sistema si riconfigura in base ad essa, essa diventa la "nuova natura" del sistema e come conseguenza di ciò si creano nuovi bisogni strutturali. |
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[1] Quando si guarda la televisione non si guarda certo il televisore. Dal punto di vista di una teoria interattiva della comunicazione cioè, non è certo il televisore come medium, apparato, che comunica. Torna Su |