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1.3 La comunicazione: Trasmissione vs. Interazione

Lo sviluppo seguito all'introduzione del modello di sistema della comunicazione di Shannon e Weaver può essere schematizzato nel successivo delinearsi di due paradigmi, che chiameremo rispettivamente paradigma trasmissivo e paradigma interattivo. Il paradigma interattivo, per la cui denominazione ci rifacciamo a Bettetini e Colombo [1994], può essere considerato in parte un raffinamento e in parte un superamento del paradigma trasmissivo delineato sopra, di cui discute e risolve alcune incongruenze dovute alla inadeguatezza dell'assunto di considerare sempre la comunicazione come trasmissione di informazioni. Lo schema base di un sistema della comunicazione rimane infatti sostanzialmente lo stesso per entrambi i paradigmi, ma mutano le spiegazioni del processo comunicativo, cioè in pratica di cosa succede da quando la sorgente sceglie un messaggio da inviare a quando il destinatario lo riceve.

Preliminarmente allo sviluppo della discussione del paradigma interattivo, introduciamo una distinzione ben precisa, che interessa da una parte sorgente e destinatario e dall'altra trasmittente e ricevente. E' usuale, infatti, che nella riproduzione dello schema descrittivo di un sistema della comunicazione di Shannon e Weaver, si omettano per semplicità trasmittente e ricevente, oppure si usino (secondo noi impropriamente) termini come "trasmittente" e "ricevente" per indicare ciò che nel modello originario erano la sorgente e il destinatario. Omettere trasmittente e ricevente può essere talvolta una semplificazione lecita, ma sostituirli a sorgente e destinatario genera facilmente una confusione concettuale. A questa distinzione possono venire in aiuto quelle di macchine (sistemi) banali e non banali e di sistemi autopoietici e allopoietici. Sorgente e destinatario si possono pensare come macchine non banali autopoietiche, trasmittente e ricevente come macchine banali allopoietiche. Secondo von Foerster [1993] le macchine banali sono: a) determinate sinteticamente; b) indipendenti dal passato; c) determinabili analiticamente; d) prevedibili. Le macchine non banali invece sono: a) determinate sinteticamente; b) dipendenti dal passato; c) indeterminabili analiticamente; d) imprevedibili. Un sistema poi, si dice autopoietico quando ha come prodotto del suo funzionamento se stesso, allopoietico quando ha come prodotto del suo funzionamento qualcosa di diverso da se stesso. Una caratteristica delle macchine autopoietiche è che le loro interazioni con l'ambiente non avvengono come scambio di informazioni, ma come reciproche perturbazioni della struttura, compensate o meno. L'informazione è considerata un costrutto interno a un sistema e può essere determinata solo in riferimento a un osservatore, che può essere lo stesso sistema che si autoosserva o un altro sistema che osserva il primo [Maturana e Varela 1983 e 1985; Luhmann 1989]. Per sapere quale teoria della comunicazione è adeguato applicare a un sistema della comunicazione, occorre sapere se si tratta di macchine allopoietiche banali (e allora si applicherà la teoria trasmissiva) o di macchine autopoietiche non banali (e allora si applicherà la teoria interattiva). Sorgente e destinatario, quindi, includono tutti quei sistemi la cui partecipazione a una comunicazione può essere adeguatamente pensata nei termini del paradigma interattivo (in particolare gli esseri umani). Trasmittente e ricevente tutti quei sistemi la cui partecipazione a una comunicazione può essere adeguatamente pensata nei termini del paradigma trasmissivo (ad esempio gli apparati preposti alla elaborazione, trasmissione e ricezione del segnale, siano essi di origine biologica, come l'apparato fonatorio umano, o tecnologica, come le tecnologie della comunicazione in generale).

Ormai tutti gli sviluppi recenti [ad es. Bettetini e Colombo 1994], vedono la comunicazione come un processo di interazione. La sociologia non è stata certo colta impreparata da questi sviluppi, e anzi in gran parte se ne è fatta essa stessa promotrice. In particolare raccogliendo e sistematizzando quanto prodotto nei decenni scorsi soprattutto nel campo della psicologia e dell'interazionismo [Ricci Bitti e Zani 1983; Goffman 1969], delle applicazioni sociologiche della fenomenologia [Schutz 1974] e dall'etnometodologia [Giglioli e Dal Lago 1983], ma anche dalla cosiddetta "seconda cibernetica" [von Foerster 1982]. Tali approcci hanno infatti sempre più evidenziato l'inadeguatezza di un'applicazione generalizzata della teoria trasmissiva, mostrando che:

  • i livelli B e C della comunicazione non sono riducibili ai livelli rispettivamente inferiori, tranne quando si parli di comunicazione tra macchine banali (come tra telefoni o computers);
  • non è sempre adeguato parlare di trasmissione di informazione e nemmeno di "trasmissione di simboli". Per macchine autopoietiche non banali si tratta solo di una perturbazione del medium del destinatario (cioè del suo ambiente percepibile e quindi del suo sistema percettivo), a partire dalla quale il destinatario deve decidere se si tratta di una comunicazione o di una mera esperienza. Tutto ciò non significa che il legame tra codifica e decodifica del messaggio sia casuale (altrimenti la comunicazione avrebbe probabilità di riuscita solo casuali, cosa che non è in accordo con l'osservazione comune), bensì che è convenzionale. Spiegheremo meglio nel prossimo capitolo che cosa significhi e che cosa implichi tutto ciò.


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