GLI ANNI CINQUANTA

La nascita del teenager

Jack Kerouac
Marlon Brando
Elvis Presley

Dov'è il "teenager" prima degli anni cinquanta? Insomma, che cosa fa, dove si nasconde? Molto semplicemente, l'adolescente "teenager", almeno come lo intendiamo oggi, prima degli anni cinquanta non esiste. Prima o si era adulti pronti a lavorare, metter su famiglia e fare la guerra, o si era dei bambini, pronti a diventare adulti: non era ancora stata inventata una moda "per" adolescenti, e tanto meno un genere musicale fatto apposta per loro.

In compenso, in precedenza negli Stati Uniti si erano messe in movimento alcune importanti avvisaglie, a cui solo gli osservatori più attenti avevano fatto caso. Tra il 1941 e il 1944 erano stati scritti due libri che si sarebbero rivelati fondamentali per le future generazioni: "The Beat Generation" di Jack Kerouac, pubblicato poi soltanto nel 1957 con il titolo "On the Road" ("Sulla strada"), e "Rebel without a cause" di Robert Lindner, divenuto poi famoso nel 1955 quando ne viene tratto un film, arrivato in Italia come "Gioventù bruciata". I protagonisti dei libri erano due giovani che, alla loro insoddisfazione nei confronti della società ereditata dagli "adulti", davano risposte diametralmente opposte: il personaggio di Kerouac sceglieva la fuga, in un viaggio senza soste per il continente americano di sapore mistico; quello di "Gioventù bruciata" preferiva invece opporre una ribellione che sfociava nel vandalismo puro e semplice.

Nel 1947, inoltre, il giornalista Frank Rooney aveva scritto sulla rivista "Harper's Bazaar" un articolo intitolato "The Cyclists' Raid", in cui aveva raccontato la scorreria di una banda di ragazzi motociclisti, che poco tempo prima avevano messo a ferro e fuoco la cittadina californiana di Hollister. Da quell'episodio sei anni dopo venne tratto il film "The Wild One" (in italiano "Il selvaggio") con il ventinovenne Marlon Brando nel ruolo di protagonista; fu un insuccesso ai botteghini, ma in compenso spinse molti adolescenti ad acquistare giubbotti di pelle, a cospargersi i capelli di brillantina e a parlare nello slang sonnolento e arrogante del motociclista portato sullo schermo da Brando.

Ma è solo verso il 1955 che il "teenager" comincia ad assumere le caratteristiche moderne presenti, in parte, ancor oggi. Ciò accade principalmente per tre ragioni: primo, perchè i nuovi adolescenti americani hanno qualche spicciolo in più di quanti ne avessero i loro predecessori (la paghetta media settimanale dei ragazzi passa dai 2 dollari e mezzo del 1945 ai  10 dollari del 1960). Secondo, perchè sono consapevoli di vivere in un'epoca fortunata, a guerra finita, con meno grattacapi e più tempo libero. Terzo, perchè si trovano bene con i propri coetanei. Proprio quest'ultimo elemento risulta quello che dà la maggiore spinta allo sviluppo della figura del teenager: l'adolescente incontra i suoi amici a scuola, studia insieme a loro, va a divertirsi negli stessi luoghi. E si accorge che tra lui e il mondo dei bambini c'è una gran bella differenza; ma, sorpresa delle sorprese, scopre anche che tra lui e il mondo degli adulti la distanza è ancora più abissale. Insomma, il giovane degli anni cinquanta non si sente troppo gratificato, come avveniva in passato, dall'amicizia con un adulto, dal colloquio con i genitori o dal buon rapporto che instaura con il suo insegnante. Il giovane diviene per la prima volta consapevole di divertirsi un mondo soltanto con quanti hanno la sua stessa età.

Questi tre elementi, combinati insieme, danno luogo alla creazione di un gruppo a sè stante, quello dei "teen-agers", così chiamati perchè la loro età va dai tredici ai diciannove anni (che in inglese terminano tutti in "teen"): una specie di area franca temporale, a far parte della quale ci si giova di tante libertà che agli altri "age groups" non sono concesse. La prima rivoluzione avviene nell'adozione di un nuovo codice di vestiario, che tende a distinguere i nuovi giovani quanto più possibile dai pantaloncini corti dei fratelli minori e dagli abiti "seri" di mamma e papà: fanno la loro comparsa blue-jeans, t-shirt e giubbotti di pelle, presi in prestito da miti del cinema come Marlon Brando e James Dean. Ne consegue un atteggiamento irrispettoso nei confronti della società adulta, con cui i giovani entrano in aperta collisione, e un desiderio di maggiore libertà, soprattutto nei costumi.

E così il teenager comincia a far storia a sè: gli altri, gli adulti, lo guardano come un alieno, un diverso, ovviamente senza troppo rispetto. Loro, che hanno combattuto e vinto una guerra a prezzo di enormi sacrifici per edificare una società migliore, ora non riescono proprio a capire questa loro prole ribelle e anticonformista. Chi parla dei nuovi adolescenti lo fa, perlopiù, in senso negativo: i giovani di oggi, dicono i "grandi", sono così "diversi" a causa dell'eccessivo permissivismo educativo e della crisi dei valori tradizionali. Un concetto che, peraltro, ritornerà anche nei decenni successivi.

Gli unici a cui i teenagers vanno a genio sono coloro che capiscono l'aria che tira e fiutano l'affare: è vero, i giovani forse sono anche deviati e pericolosi, ma sicuramente sono dei formidabili consumatori; masticano chewingum, bevono coca cola, e comprano caramelle, vestiti, cosmetici, motociclette e biglietti per il cinema. E lo fanno come i ragazzi degli anni precedenti non si erano mai sognati di fare.

E se inizialmente le trasgressioni delle nuove generazioni degli anni cinquanta sono appannaggio soltanto dei maschi, poco a poco anche le adolescenti riescono a diventare teenagers a tutti gli effetti. Certo, permangono delle differenze che soltanto con gli anni muteranno, ma per il momento le ragazze americane partecipano al cambiamento generale abbracciando in pieno la nuova moda del "going steady", lo stare insieme dei giovanissimi: quella fase che è un fidanzamento ma non si dice e che è tutt'altra cosa dal fidanzamento ufficiale cui si sottoponevano le generazioni precedenti. Il ragazzo percepisce che si può star bene insieme con la propria partner anche senza essere troppo serio nei propri sentimenti, e le ragazze stanno al gioco.

Anche il "going steady" preoccupa gli adulti: nel 1955 una rivista cattolica americana inveisce contro la pratica dello stare insieme. A scatenare l'ira dei genitori è anche l'osservazione che l'età degli appuntamenti amorosi diminuisce sensibilmente: a diciassette anni già si è un teenager a tutti gli effetti.  E, quando si va ad un appuntamento con l'altro sesso, le voci maligne sono tante.

Ad accompagnare il suo ingresso trionfale nel mondo l'adolescente si porta dietro una colonna sonora: e quale musica poteva accompagnare la nascita del teenager, se non il rock'n'roll? Nel 1955 esce in tutto il mondo il film "Blackboard Jungle" (in italiano "Il seme della violenza") che lancia la canzone "Rock around the Clock", cantata da Bill Haley & the Comets. Per gli adolescenti del tempo è una vera e propria rivelazione: questa musica, frutto di una fusione fra country e rhythm'n'blues, possiede un ritmo frenetico che si adatta alla perfezione alla nuova voglia di bruciare i tempi propria delle nuove generazioni. In quello stesso 1955 appaiono altri dischi, di nuovi artisti egualmente trasgressivi: "Tuttifrutti" di Little Richard, "Blue Suede Shoes" di Carl Perkins, "Big Balls of Fire" di Jerry Lee Lewis; e inizia a incidere le prime canzoni un ragazzo di Memphis, nel Tennessee, appena ventenne, che inizialmente passa quasi inosservato al grande pubblico. Il suo nome è Elvis Aaron Presley, ma presto sarà conosciuto da milioni di teenagers semplicemente come "Elvis", e nulla più. Il suo giorno fortunato è il 28 gennaio 1956, quando il giovane rocker compare per la prima volta in televisione, nello "Stage Show" condotto da Tommy e Jimmy Dorsey, diffuso in tutta l'America sulla rete CBS. Elvis guarda dritto verso la telecamera, a gambe divaricate, si aggiusta la giacca sportiva, e attacca la sua canzone, un rock dal titolo  "Heartbreak Hotel". Durante l'esibizione si agita, si contorce e muove il bacino in modo sfrontato e sensuale: gli americani non hanno mai visto niente di simile in tv, nessun invito così esplicito alla libidine. Al termine dello show il mondo dei teenager non è più lo stesso: c'è un nuovo idolo che li ha conquistati, un rocker scatenato che riesce a esprimere con chiarezza tutta la frustrazione che i ragazzi sentono confusamente dentro di loro. Un idolo ancora più grande di Marlon Brando e di James Dean, perchè, oltre tutto, canta il rock'n'roll! I commenti dei ragazzi americani dell'epoca sono rivelatori: "Elvis Presley ...Heartbreak Hotel!... Era una cosa incredibilmente eccitante, incredibilmente ribelle...e ti faceva pensare: bene, voglio dedicare il resto della mia vita a questa cosa, qualunque cosa essa sia!"

Per tutto il 1956 Elvis esplode come una bomba tra i teenagers americani, e con lui anche il rock'n'roll; mentre nuovi rocker come Buddy Holly, Gene Vincent ed Eddie Cochran cominciano a mietere i primi successi, il "re del rock'n'roll" (come è stato unanimemente dichiarato) sbanca le classifiche con canzoni come "Don't be cruel", "Hound Dog", e "Love me tender". Durante i suoi tour degli States Presley deve far fronte a torme sempre più numerose di ragazzine urlanti: ad Armadillo in Texas le fans infrangono le vetrate di un albergo per offrirgli pezzi di biancheria intima da autografare; e a San Diego la polizia deve chiamare addirittura la guardia costiera per tenere a bada la folla.

A questo clima di adorazione da parte dei ragazzi, risponde una vera e propria guerra che il mondo "adulto" ingaggia nei confronti del rock'n'roll e del suo principale divulgatore. Il critico tv Jack O'Brian giudica così una performance canora del rocker di Memphis: "Egli non sa cantare affatto, e compensa le carenze vocali  con i più bizzarri ed evidentemente calcolati e allusivi movimenti, al limite di una danza dell'accoppiamento primitiva".

Come se non bastasse, il rock'n'roll viene presto associato ad un fenomeno che di recente ha iniziato a prendere piede: quello dei "juvenile delinquents", i giovani delinquenti che non si limitano a irridere gli adulti, ma compiono veri e propri atti vandalici, rubando macchine in sosta e infrangendo le vetrine dei negozi. Qualsiasi ragazzo che vada in giro con un giubbotto di pelle e con un paio di "blue suede shoes" (le scarpe in tela bicolori tipiche dei rocker) viene genericamente identificato come appartenente alle bande giovanili delinquenziali. Hollywood non perde tempo a sfruttare il fenomeno: sono di quel periodo una valanga di filmetti realizzati in tempi brevi, con costi minimi e buoni guadagni. Alcune di queste pellicole arriveranno anche in Italia: è il caso di "Gioventù ribelle" (tit. orig. "Teenage rebel") e "The delinquents" diretto da Robert Altman. Tutti i film del genere, definito "teen exploitation" (lo sfruttamento dei teenager) hanno dei caratteri comuni: bande giovanili, furti, violenze, adolescenti incompresi e l'ombra di una "ramanzina" finale.

Insomma, i rapporti con gli adulti non fanno che peggiorare sempre di più: le nuove generazioni hanno sempre meno voglia di starli ad ascoltare; anzi, i nuovi ragazzi si contrappongono in modo netto alle rassicuranti organizzazioni per adolescenti gestite dai grandi, prima tra tutte quella degli Scouts. L'opinione pubblica dà la colpa del dilagare della delinquenza giovanile, oltre che alla musica, anche ai mezzi di comunicazione di massa preferiti dai giovani, cioè fumetti, cinema, radio e telefono, mentre la televisione (arrivata in Italia nel 1952) è il media meno bersagliato dalle critiche, perchè quello preferito dalle famiglie.

Non passa molto tempo che il nuovo "teenager" marcato stelle e strisce approda anche in Europa, innanzitutto in Inghilterra. Il primo teenager britannico, raccontato da Colin Mac Innes nel suo romanzo del 1959 "Absolute Beginners" (tradotto in Italia con il titolo di "Principianti assoluti"), presenta una differenza rispetto al suo omologo americano: viene dalla "working class", ossia è un proletario che ha dovuto lasciare la scuola per mettersi a lavorare. Ed è per questo che, a differenza dei suoi coetanei di buona famiglia, studentelli squattrinati, ha un sacco di sterline da spendere in vestiti, cinema, bibite gassate e, soprattutto, dischi. Per lui vengono creati degli idoli su misura: Tommy Steele e Cliff Richard, due rocker che non sono altro se non una pallida versione locale di Elvis Presley. Contemporaneamente la grande onda di ribellione degli adolescenti si diffonde anche in Francia: lì l'Elvis locale si chiama Johnny Halliday, un ragazzotto sedicenne col ciuffo che si esibisce sul palcoscenico del Moulin Rouge indossando una camicia da cow-boy e un paio di slavati blue-jeans.

E per i ragazzi italiani è solo questione di avere pazienza, perchè tra non molto il "teenager" atttraverserà la frontiera per imporsi anche nel nostro Paese.


 

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