Diodati.org - Traduzioni dal W3C e accessibilità

Salta il menu | Presentazione | Autore | Traduzioni dal W3C | Guide, scritti tecnici | Bozze, ecc. | Mappa | Risorse sviluppatori | Tasti di accesso | Archivio strilli | Scrivi | Alta accessibilità

Presentazione del sito

Questa pagina, in molti altri siti italiani dedicati a temi informatici, sarebbe stata "naturalmente" intitolata MISSION... peggio ancora, forse: VISION...

Qui, più modestamente, si chiama PRESENTAZIONE. E questo spiega già chiaramente qual è la vocazione di questo sito: parlare di informatica in italiano, cercando di evitare nei limiti del possibile ogni inutile anglicismo. Questa scelta non ha nulla a che vedere con ideologie xenofobe o sciovinistiche, che sono lontanissime dalla mia mentalità. Dipende invece da un grande amore per la lingua e la cultura italiane, che il mondo ed i linguaggi dell'informatica quotidianamente massacrano.

Dov'è il massacro? Un solo esempio valga per tutti i casi simili. Non molto tempo fa c'è stata una riunione di informatici in cui qualcuno - ne ho la testimonianza diretta - ha fatto una dichiarazione di questo tipo: «Ricordiamoci, per favore, di dare il leaflet dell'output del workshop all'operation». Vi assicuro che non è uno scherzo. Non cercherò di spiegare il significato arcano di questa dichiarazione (ammesso che ne abbia uno). L'importante è annotare che c'è qualcuno che, rivolgendosi a dei colleghi italiani, parla in questo modo e pensa che sia una cosa normale!

Le pagine di questo sito nascono così come un argine difensivo della lingua italiana contro l'invasione degli ultracorpi. Credo che gli sviluppatori italiani di siti, ad esempio,  gradiscano poter leggere le specifiche del W3C sul linguaggio HTML tradotte nella nostra lingua. Ma se italiano deve essere, che italiano sia fino in fondo! In queste pagine non troverete mai i verbi uploadare e downloadare, se non riportati come una citazione da una lingua straniera :-)

Una simile posizione non rappresenta assolutamente un rifiuto di sapore autarchico verso l'apprendimento di altre lingue, un invito ad esempio a non studiare l'inglese. Tutt'altro: diventiamo pure espertissimi della lingua inglese, usiamola come lingua franca di Internet. Ma apprendere ed usare nei contesti opportuni una lingua straniera non è motivo sufficiente per sommergere di anglicismi la lingua italiana. Domando agli informatici: è proprio necessario infarcire le proprie frasi di termini inglesi, se i nostri interlocutori sono degli Italiani?

Mi chiedo (e vi chiedo) : si ha veramente bisogno a Viterbo di project manager? Non basterebbe un semplice capo progetto? E se le società invece che account manager ricercassero responsabili commerciali, non troverebbero un maggior numero di candidati da esaminare? Quanti sanno con certezza che lavoro fanno un promoter o un sales group leader? E un back office assistant? E un process engineer? Cosa fa un content manager? Ed un security officer? Un project auditor? Questo lessico non è poi, alla fine, soltanto un modo grottesco per darsi un'aria di asettica professionalità?

Potrei continuare a lungo con gli esempi. Pochi se ne accorgono, ma c'è una vera rivoluzione in atto. Nel campo delle tecnologie informatiche e della comunicazione - ma lo stesso avviene nel mondo della finanza - sembra che non esistano più professioni né operazioni con un nome italiano. Ci siamo espropriati da soli... è come se ci fosse una coscienza diffusa che suggerisce: «date un nome inglese alla vostra attività commerciale o alla vostra professione, altrimenti tutti penseranno che siete dei pataccari».

E del resto cos'altro, se non questo meccanismo, può aver spinto l'elettricista a due passi da casa mia a chiamare il suo negozio ELETTRICAL SHOP (tra l'altro sbagliando, perché la forma corretta è electrical)? O, in un altro contesto, molte società attive nel campo della telefonia a sostituire il tradizionale servizio clienti con l'astrusa formula customer care (mio suocero sta ancora domandandosi cosa sia)?

Da parte mia confesso di avere nostalgia del buon vecchio centralino, ucciso nel fiore degli anni da caterve di "efficientissimi" call center. Ora è tardi, devo terminare questa presentazione. Ho bisogno di uscire per delle commissioni, ma sto temporeggiando per la paura di scoprire che anche la mia automobile - come tante altre pubblicizzate in TV - sia common rail: non ho la minima idea di cosa voglia dire, ma so che non lo sopporterei!

Chiudo infine con un dubbio amletico: siamo sicuri che gli Italiani avrebbero così facilmente cambiato le loro lire in euro se non li avessero avvertiti che non si trattava di un banale cambio di valuta ma di un fichissimo CHANGEOVER?

Michele Diodati (Roma, marzo 2002)

Vai alla prima pagina del sito
Scrivi a info@diodati.org
Aggiornato Monday, 23-Sep-2002 16:45:34 CEST
2378 visite dal 01/03/2002

inizio pagina