L’individuazione del luogo di cessazione del rapporto di lavoro ai fini dell’individuazione del foro territorialmente competente ex art. 603 c.n.
La competenza territoriale nelle cause di lavoro marittime continua, a distanza di quasi trenta anni dall’entrata in vigore della l. 533/73, ad interessare dottrina e giurisprudenza. Nel caso di specie, il reclamante aveva impugnato l’ordinanza di incompetenza territoriale del Pretore di Napoli adito ex art. 700 cpc sostenendo che, essendo il recesso avvenuto dopo lo sbarco e prima del successivo imbarco ed essendo il rapporto di lavoro in regime di continuità, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, luogo di cessazione del rapporto di lavoro doveva considerarsi il domicilio del lavoratore e quindi competente per territorio il foro di Napoli.
Il Tribunale, pur respingendo il reclamo ex art. 669
terdecies cpc, non si pone in contrasto con tale orientamento, cui anzi aderisce
espressamente, ma ritiene che il recesso non sia stato intimato tra lo sbarco ed
il successivo imbarco, ma al momento dell’approdo della nave al porto di
Livorno.
Anche l’altra motivazione del reclamante relativa
alla mancata cancellazione dal Turno particolare, tesa a dimostrare la
perduranza del rapporto di lavoro dopo lo sbarco della nave, viene respinta dal
Tribunale sulla scorta di un’esegesi del contratto collettivo applicabile alla
fattispecie che conduce il collegio a ritenere il lavoratore non più iscritto
al Turno particolare dopo lo sbarco.
La sentenza fornisce lo spunto per un breve riesame
dell’individuazione del foro competente per le cause di lavoro nautico[1].
L’art. 603 c.n. intitolato”Competenza del
Comandante di porto e del Tribunale” individuava al primo comma il proprio
ambito di applicazione nelle controversie individuali relative ai rapporti di
lavoro della gente di mare e loro aventi causa (lett.a); al lavoro portuale e
relative tariffe (lett.b); alle retribuzioni per piloti, palombari ed altre
categorie indicate nella lettera c). Il capoverso successivo prevedeva una
competenza per valore del comandante di porto fino a £ 100.000 e, per le cause
eccedenti detto valore, radicava invece la competenza nel tribunale[2].
Per queste ultime era infine prevista una competenza
territoriale specifica: il luogo di iscrizione della nave o del galleggiante, il
luogo dove il contratto è stato concluso, eseguito o quello dove è cessato il
rapporto di lavoro ovvero, in caso di ingaggio non seguito da arruolamento, il
luogo ove la proposta è pervenuta al marittimo.
Si tratta di una rilevante deroga
all’individuazione del foro competente per territorio del codice di rito, per
molti versi anticipatrice della successiva riforma della l.533/73[3].
In effetti, l’entrata di quest’ultima normativa
aveva fatto ritenere che anche la speciale competenza dell’art. 603 c.n.
dovesse ritenersi implicitamente abrogata. Tuttavia, la Corte Costituzionale,
investita della questione sulla perdurante vigenza della norma e sulla sua
compatibilità con i principi costituzionali, invece di dichiararne
l’incostituzionalità, aveva preferito sostenerne l’abrogazione tacita ad
opera della novella del ’73.[4]
Trattandosi di una sentenza interpretativa di
rigetto, quindi non vincolante per l’interprete, dopo un breve contrasto
giurisdizionale tra chi sosteneva l’abrogazione integrale della norma e chi
invece riteneva l’intervento della Corte rivolto solo alla competenza del
Comandante di porto, le Sezioni Unite risolsero il contrasto in quest’ultimo
senso[5].
In pratica, la Cassazione ritenne che la sentenza
della Corte Costituzionale aveva avuto riferimento alla sola giurisdizione
civile del Comandante di Porto; di conseguenza, l’art. 603 doveva intendersi
abrogato solo per quest’aspetto e i criteri di competenza territoriale
previsti da tale norma dovevano considerarsi prevalenti su quelli del codice di
rito[6].
Fulcro delle argomentazioni della Suprema Corte è la
difficoltà di applicare i criteri ordinari dell’art.413 cpc al lavoro
marittimo stante la peculiarità di quest’ultimo[7].
Ad esempio, la configurazione della nave come
“dipendenza aziendale”, sostenuta dalla giurisprudenza precedente
l’intervento delle Sezioni Unite, viene respinta da queste ultime sia per
ragioni logiche sia per la mancanza di qualsiasi utilità pratica, vista la
natura itinerante della stessa[8].
In questo quadro già di per sé complesso, si
inseriscono due nuovi tasselli: l’ampliamento ai marittimi della normativa
limitatrice dei licenziamenti e l’introduzione da parte della contrattazione
collettiva della cd. continuità retributiva, per cui il rapporto di lavoro dei
marittimi non si esaurisce più necessariamente con lo sbarco[9].
Per meglio comprendere quest’ultima innovazione,
occorre precisare che il rapporto di lavoro dei marittimi è suddiviso a seconda
che questi siano iscritti al turno generale, ossia l’equivalente delle liste
di collocamento, oppure al turno particolare, previsto per le compagnie con più
di tre navi i cui iscritti godono di una sorta di preferenza presso
quell’armatore oppure siano in regime di continuità cui si accede dal turno particolare dopo aver maturato una determinata
anzianità di servizio.
Il personale in continuità alterna periodi di
attività nei quali è imbarcato con altri a terra corrispondenti alle ferie e
ai riposi. Dopo questi ultimi, qualora non sia immediatamente possibile un nuovo
imbarco, il marittimo è a disposizione dell’armatore o per effettuare
prestazioni in cantieri o navi a terra, oppure resta presso il proprio domicilio
percependo una paga inferiore a quella dei periodi di imbarco (cd. disponibilità
retribuita). In tutto il periodo decorre comunque l’anzianità di servizio[10].
Partendo da questa novità introdotta dalla
contrattazione collettiva, la successiva giurisprudenza ha quindi ritenuto che
non si abbia un contratto di arruolamento per ogni viaggio, ma un unico rapporto
che inizia quando il marittimo matura i
requisiti prescritti dalla contrattazione collettiva per tale tipo di rapporto e
cessa solo con la cancellazione dal turno[11].
Queste novità hanno comportato rilevanti conseguenze
sulla competenza territoriale dei marittimi.
Dei fori alternativi previsti dall’art. 603 c.n.
secondo comma, mentre alcuni non destano problemi interpretativi, come quello
del luogo di iscrizione della nave o della conclusione del contratto[12],
maggiori perplessità hanno suscitato invece il luogo di esecuzione del
contratto, per sua natura itinerante, e soprattutto quello di conclusione del
rapporto[13].
Una prima ipotesi è quella in cui questo si estingue
nel corso della navigazione al momento dello sbarco: in tali casi, l’art. 348
c.n. individua nello sbarco il momento ed il luogo di cessazione del rapporto[14].
Diversamente, il rapporto può cessare nella fase che
precede l’imbarco successivo[15].
Dopo alcune oscillazioni, la giurisprudenza ha
individuato il foro competente in tali fattispecie nel luogo dove il lavoratore
deve attendere le comunicazioni dell’armatore, cioè nel proprio domicilio[16].
Quest’ultimo non rileva pertanto come luogo ove
l’atto di recesso, giungendo a conoscenza del destinatario, produce i suoi
effetti trattandosi di atto unilaterale recettizio, ma piuttosto come il luogo
dove il lavoratore è tenuto a trovarsi nel periodo di disponibilità[17].
Anche in caso di dimissioni del lavoratore, la
giurisprudenza individuava originariamente nel domicilio
del lavoratore il luogo di cessazione del rapporto in quanto
l’estinzione si sarebbe perfezionata solo con la cancellazione del marittimo
dal turno[18].
Recentemente tuttavia la Cassazione ha ribaltato tale
orientamento individuando come di cessazione del rapporto quello in cui perviene
la comunicazione delle dimissioni, essendo la cancellazione dal turno posta in
una fase successiva alla risoluzione del rapporto di lavoro[19].
Altre problematiche riguardano la possibilità di
operare licenziamenti ad nutum per
coloro che abbiano maturato il diritto a pensione e che non abbiano optato per
la prosecuzione del rapporto di lavoro. In tali casi, il luogo di cessazione era
stato identificato analogamente all’ipotesi di dimissioni, ritenendosi infatti
che la comunicazione del marittimo di voler recedere per raggiungimento del
limite di età costituisse una proposta
di risoluzione per mutuo consenso, con la necessità quindi per il
perfezionamento della procedura, della comunicazione dell’armatore della
cancellazione del marittimo dal turno[20].
Tuttavia, il nuovo orientamento giurisprudenziale in
tema di dimissioni è probabilmente destinato a riflettersi anche su
quest’ultima fattispecie.
Un’ultima questione è quella dell’inderogabilità
dei fori previsti dall’art. 603 c.n., cioè dell’applicabilità o meno del
regime di nullità previsto dall’ultimo comma dell’art 413 cpc: questa viene
generalmente esclusa in considerazione della generale inapplicabilità della
norma al rapporto di lavoro dei marittimi[21]
[1] Sulle ragioni della specialità della disciplina del rapporto di lavoro del personale navigante Scialoja, Per quali ragioni il codice deve contenere una disciplina completa dell’arruolamento in Studi per la codificazione del diritto della navigazione, Roma 1941, III, 748; Torrente, I contratti di lavoro della navigazione, Milano, 1948, 95; Santoni, Il rapporto di lavoro del personale navigante in Il cinquantenario del codice della navigazione a cura di Tullio e Deiano, Cagliari 1992, 305ss ora in Rapporti speciali di lavoro, Torino, 1993, 239ss.
[2] Sulla figura del comandante di porto Righetti, Cause marittime ed aeronautiche in Digesto Comm., III, Torino 1988, 68ss. Sulla competenza e sulla procedura nelle cause marittime prima della riforma del processo del lavoro Manca, Controversie individuali di lavoro della navigazione in Enc. Dir., Milano 1962, 379.
[3] Su tale aspetto del codice della navigazione vedi Graziani, Appunti di diritto della navigazione, Napoli, 1938, 167; Cavagnani, Il diritto marittimo e il contratto di lavoro in Giur. It., 1901, IV, 294; Santoni, La risoluzione del contratto di arruolamento in Dir. Giur., 1993, 388; per un esame della corrispondenza tra i fori dell’art. 603 c.n. e quelli dell’art. 413 cpc vedi Medina, Ancora sulla competenza territoriale nelle cause di lavoro marittime in Dir. Maritt., 1987, 934, dove tuttavia si critica la sopravvivenza del foro di cessazione del rapporto proprio per la sua difficile attuazione nel regime di continuità retribuita (su cui infra).
[4] Corte Cost. 20/4/77 n.66 in Foro It., 1977, I, 1031 con nota di V. Andrioli; Corte Cost. 12/2/76 n.29 in Foro It., 1976, I, 508. Diversamente, la giurisdizione del Comandante di Porto in materia penale era stata dichiarata in contrasto con il principio di indipendenza ed imparzialità dell’organo giudicante: una motivazione evidentemente suscettibile di essere estesa anche per la giurisdizione in materia civile Corte Cost. 9/7/70 n.121 in Foro It., 1970, I, 1844.
[5] Cass. S.U. 11/11/82 n.5944 in Foro It., 1983, I, 1959 con nota critica di A. Proto Pisani; in Riv. Giur. Lav., 1982, II, 721. Per il primo orientamento Cass.15/7/75 n.2788 in Foro It., 1975, I, 1870; in Mass. Giur. Lav., 1975, 605; Cass. 11/12/79 n.6457 in Foro It., Rep., 1979, voce Lavoro e previdenza (controversie), 119; Cass. 11/1/82 n.85-91 in Foro It., 1982, I, 389 con nota di A. Proto Pisani. Per il secondo orientamento Cass. 14/4/82 n.2244 in Foro It., 1982, I, 1270. Sull’automatico passaggio delle funzioni del Comandante di Porto al Pretore del lavoro Righetti, op. cit., 72.
[6] Cass. 26/1/83 n. 736 in Mass. Giur. Lav., 1983, 215.
[7] Cass. 26/1/89 n.458 in Dir. Maritt., 1989, 1021 con nota La China. In dottrina La China, Cause marittime, in Enc. Giur. Treccani, VI, Roma, 1988, 1ss; Righetti, op. cit., 63ss; Andrioli, Barone, Pezzano, Proto Pisani, Le controversie in materia di lavoro, Bologna -Roma, 1987, 299-314-321.
[8] Cass. 26/1/83 n.736 in Mass. Giur. Lav., 1983, 215 con nota di Longobardi; Pirani, Competenza territoriale e contratto di arruolamento: l’intervento delle Sezioni Unite in Riv. Giur. Lav., 1982, II, 738. Resta invece sempre valido il foro generale dell’art. 18 cpc, previsto anche dall’art. 413 cpc secondo comma: Pirani, op. cit., 736; La China, Cause marittime cit., 2.
[9] Per l’ampliamento del campo di applicazione delle norme in tema di licenziamenti Corte Cost. 3/4/87 n.96 in Foro It., 1987, I, 2919 con nota di Brusco; in Riv. It. Dir. Lav., 1988, II, con nota di Bianchi d’urso; in Leggi Civ., 1987, 804 con nota di Zunarelli; in Mass. Giur. Lav., 1987, 161 e 1988, 242 con nota di Longobardi; Cass. 17/8/00 n.10912 in Foro It., Rep., 2000, voce Lavoro (in materia di navigazione), 1385; Cass. 8/6/01 n.7823 in Mass. Giur. Lav., 2001, 1032 con nota di Medina. Per l’applicabilità parziale dell’art. 7 della l. 20/5/70 n.300 vedi Corte Cost. 23/7/91 n.364 in Foro It., 1991, I, 2609; ma già in precedenza Cass. 16/11/87 n.8399 in Mass. Giur. Lav., 1988, 494 con nota di Medina. Per l’irrilevanza del regime di continuità retributiva ai fini della competenza territoriale tuttavia Cass. 4/3/87 n.2291 in Foro It., 1988, I, 569.
[10] Masini, Luogo di cessazione del rapporto di lavoro marittimo e determinazione della competenza territoriale ex art. 603 c.n. in Dir. Maritt., 1991, 367-9.
[11]
Cass. 4/3/87 n.2291 in Foro It.,
1987, I, 569.
[12] Sull’individuazione del luogo di conclusione del contratto ex art. 326 c.n.: Longobardi, Il nuovo orientamento della giurisprudenza sulla disciplina processuale delle controversie di lavoro marittimo in Mass. Giur. Lav., 1983, 298.
[13] Per il primo Brusco, Competenza territoriale nelle cause di lavoro nautico: la Cassazione cambia rotta in Foro It., 1999, I, 2321 e specialmente 2923. Per Longobardi, op. cit., 219, tale foro è oggi del tutto inutilizzabile. Sul foro di conclusione del contratto Masini, Luogo di cessazione del rapporto di lavoro marittimo e determinazione della competenza territoriale ex art. 603 c.n. in Dir. Maritt., 1991, 365. Sulla utilizzabilità in via residuale dei fori generali del codice di rito Cass. 27/1/89 n.509 in Foro It., 1989, I, 1796; Cass. 18/1/87 n.8480 in Foro It., Rep., 1987, voce Navigazione (procedimento), 2274.
[14] Per l’inutilizzabilità di tale criterio in caso di sbarco in un porto straniero Cass. 12/12/86 n.7458 in Foro It., 1987, I, 569; qualora la comunicazione avvenga invece all’estero Cass. 16/4/91 n.4078 cit.
[15] Sullo sbarco del marittimo ammalato o infortunato e non riammesso a bordo Cass. 2/7/85 n.4001 in Foro It., 1986, I, 513.
[16] Così Cass. 13/2/91 n.1478 in Foro It., 1991, I, 2406. Per il precedente orientamento giurisprudenziale Cass. 2/7/85 n.4001 cit.; vedi però già Cass. 14/11/86 n. 6731 in Foro It., 1987, I, 569.
[17] Cass. 12/9/89 n.3925 in Foro It., Rep., 1989, voce Navigazione (procedimento), 2004; Cass. 23/7/91 n. 8236 in Arch. Civ., 1992, 164 con nota di Alibrandi; Cass. 24/7/98 n.7285 in Foro It., Rep., 1998, voce Navigazione (procedimento), 1479. Diversamente, oltre l’ordinanza in epigrafe anche Cass. 12/12/86 n.7456 in Foro It., Rep., 1986, voce Navigazione (procedimento), 2159. In effetti, l’individuazione del luogo di cessazione del rapporto di lavoro in continuità non può essere individuato in base alle norme del Codice della Navigazione, trattandosi di un istituto di origine contrattuale: Masini, Luogo di cessazione del rapporto di lavoro marittimo cit., 365; sui requisiti Cass. 26/1/89 n.458 in Dir. Maritt., 1989, 1021 con nota di La China. Sull’onere della prova della cessazione dopo lo sbarco Cass. 28/1/92 n.888 in Foro It., Rep., 1992, voce Lavoro e previdenza (controversie), 1694. Sulla mancata coincidenza del momento estintivo in caso di licenziamento con preavviso, qualora quest’ultimo termini dopo lo sbarco, Cass. 13/2/91 n.1479 in Arch. Civ., 1991, 925 con nota di Alibrandi.
[18] Cass. 13/2/91 n.1478 in Foro It., 1991, 2046; Masini, op. cit., 370-1; Cass. 27/4/92 n.5018 in Foro It., Rep., 1992, voce Navigazione (procedimento), 2111; Cass. 4/3/87 n.2291 in Foro It., 1988, I, 569; Cass. 18/11/91 n.12375 in Foro It., 1992, I, 3345; Cass. 16/4/91 n.4078 cit.
[19]
Cass. 12/8/98 n.7923 in Foro It.,
1999, I, 2321.
[20]
Cass. 4/3/87 n.2291 cit.; Cass.
16/12/86 n. 7599 in Foro It.,
1987, I, 1477.
[21] La China, Derogabilità della competenza territoriale nelle cause di lavoro marittimo in Dir. Maritt., 1991, 481 ss; contra Cass. 16/4/91 n. 4078 in Foro It., 191, I, 2405.