Pretura Napoli, sezione lavoro, 27/10/93, est. Cortese, Benvenuto Luigi (Avv. Notaristefani) c/ A.T.A.N. (Avv.ti Montano e De Rensis)

 

In caso di mancata partecipazione ad un concorso interno di un dipendente causata da comportamento illegittimo dell’azienda, quest’ultima è tenuta a risarcire il danno risultante (cd. “chance”) calcolato in relazione alla differenza economica ridotta proporzionalmente al grado di probabilità di superare la prova.

 

Concorso interno - Illegittima esclusione - Perdita di “chance” - Risarcibilità - Criteri.

 

NOTA

Concorsi privati, perdita di “chance” e risarcibilità del danno.

 

1. La fattispecie proposta all’attenzione del Pretore di Napoli può considerarsi il punto di arrivo della evoluzione di dottrina e giurisprudenza in tema di risarcimento del danno per perdita di “chance”.

Nel caso in esame un dipendente di un’azienda di trasporti era stato erroneamente inserito in un elenco di lavoratori da porre in quiescenza e, pertanto, non aveva potuto partecipare, pur avendone fatta richiesta, ad un concorso bandito in precedenza dall’azienda.

In tale circostanza, esattamente il Pretore ha individuato una “lesione del diritto all’integrità del patrimonio, consistente nella perdita della possibilità di conseguire un risultato utile, cd. perdita di “chance”, distinta dalla perdita del risultato favorevole”.

2. In proposito, la giurisprudenza della Cassazione [1], dopo aver inizialmente escluso la risarcibilità della perdita di una mera possibilità di ottenere un risultato, aveva successivamente inquadrato la perdita di “chance” nella categoria del lucro cessante, con la conseguente necessità di provare che dalla condotta lesiva fosse derivato con ragionevole certezza un evento lesivo (nella specie la perdita di vantaggio patrimoniale) [2].

Il nesso di causalità fra l’inadempimento del datore di lavoro e l’evento lesivo veniva sì ritenuto essenziale [3] ma, poiché di fatto esso era ben difficile da provare, il risarcimento restava quasi sempre ipotetico.

La successiva evoluzione dottrinale e giurisprudenziale [4], cui la sentenza in esame aderisce, inquadrando l’occasione perduta nella categoria del danno emergente, ha invece posto in evidenza da un lato, che la “chance” rappresenta una posizione soggettiva autonoma dal risultato finale, dall’altro che anche la lesione di posizioni soggettive che avrebbero potuto produrre un risultato utile è risarcibile.

In una prima fase, si era ammessa l’autonoma risarcibilità della perdita di chance purché le possibilità di ottenere il risultato utile finale fossero superiori al 50% [5]. E’ stato osservato [6], tuttavia, che così operando si compie una forzatura in quanto se è giusto richiedere che la chance non sia meramente eventuale, una volta dimostrato che vi sarebbero state concrete possibilità di ottenere il risultato ciò deve bastare. Viceversa, nel richiedere possibilità del 50%, si ritorna alla precedente impostazione, di risarcire cioè il danno soltanto se questo è certo, anche se al 50%.

La fattispecie più comune è proprio quella del caso di specie, in cui ad un soggetto viene impedito di partecipare ad un concorso o ne viene omessa o falsata la valutazione.

Nell’ambito dei concorsi privati, esclusa dalla maggiore dottrina e giurisprudenza la figura dell’interesse legittimo [7], si è analizzata prima la possibilità di configurare un inadempimento contrattuale con conseguente azione di annullamento; poi si è inquadrata la fattispecie come offerta o promessa al pubblico; infine, partendo dall’individuare nel comportamento del datore una violazione degli obblighi di buona fede e correttezza [8], si è giunti a ritenere obbligo del datore di motivare le proprie scelte [9].

Si è precisato che, qualora non sia dimostrabile l’esistenza di un nesso causale tra inadempimento ed evento lesivo [10], il danneggiato può comunque chiedere il risarcimento della perdita della possibilità di conseguire la promozione [11].

Si tratta certamente della strada più agevole [12], in quanto ritenendo che la sola possibilità di raggiungere un dato risultato sia un bene patrimoniale autonomo dal danno fondamentale, si esonera il danneggiato da un difficile e spesso impossibile onere probatorio [13].

Più di recente si è argomentato [14] che la “chance” è una fase di una sequenza causale che culmina nel danno finale per cui il risarcimento del danno è ridotto in proporzione al tasso percentuale di incidenza della condotta del convenuto sul danno finale [15]. In pratica, se non si riesce a provare con certezza la perdita del risultato, si può agire per la perdita della possibilità di ottenerlo [16], che si concreta in un danno emergente e non in un lucro cessante [17].

In particolare, si è detto che “in concreto, costituisce un’entità patrimoniale anche una situazione cui è collegato un reddito probabile: il valore economico è offerto dall’entità di questo reddito e dal grado di probabilità che il reddito sia effettivamente prodotto; il fatto che la fattispecie sia idonea - come nella fattispecie - a produrre solo probabilmente e non con assoluta certezza il reddito ad essa collegato, influisce non sull’esistenza ma sulla valutazione del danno risarcibile” [18].

Inoltre, la perdita di “chance” è stata paragonata alla perdita dell’avviamento commerciale, in cui non si risarcisce la perdita di un risultato utile ma la perdita della possibilità di conseguirlo, possibilità che già fa parte del patrimonio giuridico del soggetto come ne fa parte il conseguimento del risultato finale [19].

3. La perdita di “chance” può essere inquadrata, almeno in alcuni casi, nella categoria della responsabilità precontrattuale.

Questa è definita [20] come la responsabilità per lesione della libertà negoziale. L’interesse che l’ordinamento intende proteggere (art. 1337 c.c.) è quello della libertà negoziale, che viene tutelato secondo i principi generali del rispetto del diritto altrui (neminem ledere) [21]. La responsabilità precontrattuale, per la prevalente dottrina e giurisprudenza italiana [22], è di natura extracontrattuale e genera l’obbligo di risarcire il danno nei limiti del cd. interesse negativo (art. 1338 c.c.), cioè non il danno emergente (la perdita subita che sarebbe stata evitata) né lucro cessante (vantaggio economico che si sarebbe conseguito se il contratto fosse stato concluso), ma il pregiudizio subito per aver confidato nella conclusione del contratto o per aver stipulato un contratto che non sarebbe stato concluso o lo sarebbe stato ma a diverse condizioni; in particolare, la perdita delle occasioni sfuggite a causa dell’inutile trattativa o stipula [23].

Va notato che la responsabilità precontrattuale può insorgere anche in capo alla Pubblica Amministrazione [24].

La fattispecie di cui all’art. 1337 c.c. è stata ritenuta configurabile anche in campo lavoristico [25], ad esempio nel caso di ingiustificata interruzione delle trattative per la stipula di un contratto di lavoro, per lo più da parte del datore di lavoro [26], o di mancata assunzione di lavoratori avviati dall’ufficio di collocamento [27], o, infine, per la mancata assunzione causata da comportamenti illegittimi del datore quali la richiesta di requisiti illegittimi nel bando di concorso [28].

4. L’ampia casistica che la giurisprudenza ha analizzato offre ulteriori spunti di riflessione.

Si va dalla mancata ammissione alle prove preliminari all’assunzione dei lavoratori avviati dall’ufficio di collocamento [29], all’interruzione di trattative per la conclusione di un congruo affare a seguito di erronea elevazione di un protesto da parte di una banca [30].

Una comparazione con il diritto francese mostra come la giurisprudenza si sia attestata su posizioni simili a quella italiana escludendo il risarcimento quando il danno è meramente ipotetico [31], ma affermandolo allorquando vi siano concrete possibilità, ancorché modeste, di ottenere un risultato utile [32].

5. La percentuale di possibilità di conseguire un risultato utile, incide invece sul quantum del risarcimento [33].

Si sono individuati vari elementi quali punteggi fissi, l’ambito di  oscillazione dei punteggi variabili, etc., per quantificare la percentuale di possibilità che il danneggiato aveva di ottenere il risultato finale [34].

Il principio di fondo è che l’utile economico complessivo vada ridotto in proporzione ad un coefficiente di riduzione proporzionato al grado di possibilità di conseguire il risultato pieno [35]. Qualora sia impossibile valutare economicamente la perdita di chance, ma purché essa sia comunque sussistente anche se per un calcolo di probabilità e presunzioni, si può operare una valutazione equitativa [36].

La sentenza in esame distingue puntualmente l’esistenza del danno dalla sua quantificazione. Precisato che il danno risarcibile ci sarà qualora esista una seppur minima possibilità di ottenere quel risultato, purché superiore allo zero, l’estensore pone a carico del responsabile l’onere di provare che non vi era alcuna possibilità di ottenere il risultato utile ed a carico dell’attore la prova delle maggiori possibilità rispetto a quelle statistiche nonché delle differenze retributive perdute a causa della mancata promozione.

Il Pretore, aderendo alla giurisprudenza succitata, calcola prima la differenza retributiva tra il livello del ricorrente e quello che sarebbe stato raggiunto superando il concorso e divide poi tale somma per un coefficiente di riduzione per tener conto della possibilità di ottenere il risultato finale [37].

In pratica, poiché non vi sono elementi che evidenzino posizioni di favore o sfavore del ricorrente rispetto ad altri concorrenti, il giudicante riduce la somma in proporzione al numero di concorrenti diviso per il numero dei posti a concorso.

Una tale soluzione, se da un lato aderente all’orientamento giurisprudenziale più recente [38], pone tuttavia interessanti spunti di riflessione per le conseguenze che essa comporta. Ci si chiede, ad esempio: se il lavoratore avrà diritto ad ottenere la (modesta) somma mensile corrispondente alla differenza di livello tutti i mesi e per sempre e se potrà richiedere ulteriori risarcimenti per non aver potuto partecipare a concorsi riservati al livello superiore, innescando così un meccanismo a catena che potrebbe divenire addirittura perverso.

 

 

Marco Mocella

Dottorando di ricerca in diritto del lavoro



[1] Cass. 25/10/1961, n° 2372, in Giust. civ. Rep., 1962, voce Danni, n° 176; Cass. 25/7/1967, n° 1964, ivi, 1967, voce Danni, n° 185; Cass. 14/1/1971, n° 54, ivi, 1971, voce Danni, n° 130; Cass. 9/3/1976, n° 787, in Mass. Giust. civ., 1976, p. 344. In dottrina, Pacchioni, Dei delitti e quasi delitti, in Diritto civile italiano, IV, Padova, 1940, 111.

[2] Bianca, Dell’inadempimento delle obbligazioni, in Commentario del codice civile a cura di Scialoja e Branca, Bologna - Roma, 1967, 254; Alpa e Bessone, Atipicità dell’illecito, II, 1981, Milano, 126 ss.

[3] In giurisprudenza: Cass. 10/8/1987, n° 6864, in Foro It., 1987, I, 2987; Cass. 12/10/1988, n° 5494, in Foro It., 1989, I, 1330; Cass. 17/4/1990, n° 3183, in Foro It., 1990, I, 2817; Cass. 20/1/1992, n° 650, in Riv. it. dir. lav., 1992, II, 568 con nota di Zoli; Cass. 11/6/1992, n° 7198, in Foro It., Rep., 1992, voce Lavoro (rapporto), n° 834; Cass. 11/6/1992, n° 7210, ibidem, 833; Cass. 10/1/1994, n° 158, in Mass. Utet, 1994, n° 1, col. 11.

[4] Zoli, La tutela delle posizioni “strumentali” del lavoratore, Milano, Giuffré, 1988, pp. 364 ss.. Alleva, Campo di applicazione dello Statuto dei lavoratori, Milano, 1980, 220; Bianca, op. cit., 329. In giurisprudenza, Cass. 19/12/1985, n° 6506, in Foro It., 1986, I, 383 con nota di Princigalli, Quand’è più sì che no: perdita di “chance” come danno risarcibile ed in Giur. It., 1986, I, 1, 1184 (solo massima) con nota di De Cupis; Cass. 19/11/1983, n° 6906, in Foro It., 1984, I, 459 ed in Giust. civ., 1984, I, 1841, con nota di Cappagli, Perdita di chance e risarcibilità del danno per ritardo nella procedura di assunzione.

[5]  Cass. 6506/85, cit.; Bocchiola, op. cit., 101.

[6]  Zoli, La tutela, cit., p. 366.

[7]  Mazzotta, Quasi un inventario, AA.VV. Concorsi privati e tecniche di tutela, in Giorn. dir. lav. rel. ind. n° 52, 1991, 4, 741; Zoli, op. cit., 364 ss.; Zoli, La giurisprudenza sui concorsi privati tra logiche pubblicistiche e strumenti civilistici: oscillazioni ed assestamenti, in Riv. it. dir. lav., 1992, 11 ss..

[8] Cass. 19/6/1982, n° 3773, in Foro It., 1983, I, 113; Cass 19/11/1983, n° 6906, cit.

[9] Corte Cost. 3/3/1989, n° 103, in Lav. prev. oggi, 1989, 1730; da ultimo Pret. Roma 16/3/1993, Munzi c/ Cassa di Risparmio di Roma, in Dir. lav., II, 1994, pp. 36 ss. con nota di Laudo.

[10] Cass. 10/1/1994, n° 158, cit.

[11] Cass. 10/8/1987, n° 6864, cit.

[12] De Marzo, nota a Cass. 7/3/1991, n° 2368, in Foro It., 1991, I, 1793.

[13] Cass. 19/11/1983, n° 6906, cit.; Cass. 19/12/1985, n° 6506, cit.

[14] Princigalli, Perdita di “chances” e danno risarcibile, in Rivista critica diritto privato, 1985, 315.

[15] Princigalli, Quand’è più si che no: perdita di “chance” come danno risarcibile, cit.

[16] Cass. 12/10/1988, n° 5494, cit.

[17] Cass. 19/12/1985, n° 6506, cit., e Cass. 19/11/1982, n° 6906, cit.

[18] Cass. 19/11/1983, n° 6906, cit.. In senso conforme la giurisprudenza di merito: Trib. Monza 21/2/1992, Soc. First Racing Team c/ Bonanno, in Corriere Giur., 1992, 1021 con nota di Caporali; Pret. Palermo 28/11/1991, Demma c/ Cassa centr. risp. V.E. prov. Siciliane, in Temi siciliana, 1991, 557; App. Roma 17/2/1988, Federici c/ Banca comm. it., in Giur. It., 1991, I, 2, 640, con nota di Nardulli; Trib. Forlì 5/12/1989, Patroni c/ Betti, in Arch. Giur. Circ., 1990, 785; Pret. Palermo 17/9/1988, Marchione c/ Soc. Cassina Estero, in Temi Siciliana, 1989, 302.

[19] Cass. 19/11/1983, n° 6906, cit. Altra fattispecie nella quale si é ravvisata la perdita di “chance” é la lesione del cd. interesse alla notorietà degli artisti e la riduzione della capacità lavorativa. Per la prima ipotesi Trib. Milano, 29/4/76, in Riv. dir. ind., 1977, II, p. 457; per la seconda Cass. 27/6/79, n° 3596, in Giust. civ. Rep., 1979, voce Danni, n° 38.

[20] Sacco, La preparazione del contratto: la trattativa, in Trattato di diritto privato diretto da Pietro Rescigno, pp. 361 ss.; Bianca, Diritto civile: il contratto, vol. III, pp. 159 ss.; Visintini, Responsabilità precontrattuale, in Commentario al Codice civile diretto da P. Schlesinger.

[21] Bianca, op. ult. cit., p. 161.

[22] Bianca, op. ult. cit., p. 161; Sacco, Il contratto, 919, in Tratt. dir. civ. diretto da Vassalli, VI, 2, Utet, 1975, 919; Carresi in Temi 1965, 465; Verga, Errore e responsabilità, Padova, 1941 (per codice abrogato). In giurisprudenza Cass. 8/5/68, n° 1415, in Foro pad., 1968, I, 446; Cass. 28/9/68, n° 3008, ibidem, 69, I, 274. La tesi della natura contrattuale è sostenuta da una parte minoritaria della dottrina italiana, mentre è prevalente, ad esempio, nella dottrina tedesca: Benatti, La responsabilità precontrattuale, Milano, 1963, 115; Mengoni, in Rdcomm., 1956, I, 362; Scognamiglio, Dei contratti in generale (Comm.), in Comm. cod. civ. a cura di Scialoja e Branca, 3a ed., Bologna, 1972, 215; Stolfi G., Culpa in Contrhaendo della P.A. in Giur. it., 1974, I, 2, 430 ss.

[23] Bianca, op. ult. cit., p. 179; Visintini, op. cit., p. 83.

[24] Bianca, op. ult. cit., p. 181; Stolfì, in Rdcomm., 1975, II, 22; Giannini, in Scritti per Jemolo, III, Milano, 1963, 265; Alessi, La responsabilità della pubblica amministrazione, Milano, 1955. In giurisprudenza: Cass. 17/11/1978, n° 5328, in Giust. civ., 1979, I, 32.

[25] Visintini, op. cit., p.132. Pret. Macerata, 7/6/88, in Giust. civ. 1988, I, 3007 con nota di Trerè, Responsabilità precontrattuale della P.A. per mancato rinnovo del contratto di prestazione d’opera.

[26] App. Roma, 6/11/72, in Temi romana, 1973, 406.

[27] Cass. 19/11/83, n° 6906, cit., per cui la mancata assunzione dei lavoratori avviati genera responsabilità ex art. 1337 c.c. per il comportamento non in buona fede del datore nell’attività prodromica alla stipula del contratto e genera l’obbligo di risarcire il danno, anche con criteri equitativi, tra cui quello della perdita di altre occasioni di assunzione, come nella fattispecie. Trib. Venezia 20/11/82, in Or. Giur. lav., 1983, 90; Pret. Torino 28/2/82, in Giust. civ., 1982, I, 2633 con nota di Papaleoni, Profili applicativi del sistema di collocamento; Trib. Torino 29/10/80, in N.G.L., 1981, 157. In alcuni casi la giurisprudenza  ha ritenuto non risarcibile il danno in quanto il lavoratore avrebbe potuto chiedere la costituzione coattiva del rapporto: Trib. Milano 21/6/82, in Or. Giur. lav., 1983, 96; Pret. Treviso, 9/4/81, ibidem, 1981, 644; Pret. Parma 15/3/77, in Giur. It., 1978, I, 2, 192 con nota di Miscione. In dottrina: Corrado, Trattato di diritto del lavoro, I, Torino, 1965, p. 597; Busnelli, Perdita di una chance e risarcimento del danno, in Foro It., 1965, IV, 47; Santoni, Collocamento, diritti del lavoratore “avviato” e patto di prova, in Dir. Giur., 1981, 215; Bocchiola, Perdita di chance e certezza del danno, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1976, 55.

[28] Cass. 13/6/87, n° 5225, in Mass. Utet, 1987, 7, col. 843; Cass. 13/6/83, n° 4056, in Rass. Giur. Enel, 1983, 187; Cass. S.U. 9/3/82, n° 1059, ibidem, 1982, 347; Cass. 23/7/81, n° 4737, in Dir. lav., 1981, II, 335.

[29]  Santoni, op. cit., pag. 215. Cfr. nota 27.

[30] Cfr. nota 26.

[31] Civ. 9/11/83, in J.C.P. 85, II, 20360 con nota di Chartier, in cui si esclude che la morte di un bravo scolaro di nove anni comporti la risarcibilità della perdita della possibilità che egli avrebbe in futuro occupato un buon posto.

[32] Crim. 24/2/70, in J.C.P. 70, II, 16456, in cui si é affermato il diritto al risarcimento dei danni a seguito della morte di uno studente al 6° anno di medicina; Civ. 17/2/61, in Gazz. Pal., 1961, I, 4OO, in cui si affermò il risarcimento per una ragazza che non aveva potuto accedere ad un impiego a seguito di un incidente in cui aveva perduto un arto, avendo già acquisito i titoli necessari.

[33]  Zoli, La tutela, cit., pag. 366.

[34]  Cass. 2368/91, cit.

[35]  Cass. 6506/85, cit.; App. Roma 6/11/72, cit.

[36] Cass. 24/1/92, n° 781, in Mass. Utet 1992, 1, 781 per la quale, in mancanza della prova della sussistenza di un danno risarcibile, quale la perdita di chance, non può procedersi a valutazione equitativa per sopperire tale mancanza, valutazione che può invece aversi per l’ammontare del danno. La valutazione equitativa richiede però l’assoluta impossibilità di poter altrimenti valutare il danno e non esonera il danneggiato dalla necessità di provare tutti gli elementi che siano rilevanti per l’accertamento equitativo. Così Zoli, op. ult. cit., pag.. 362 e 367. Cfr. Cass. 2368/91, cit.; nonché le sentenze citate alla nota 3. Bianca, Il diritto civile, vol. III, Il contratto, Milano 1984, pag. 400.

[37]  Cass. 4725/93, in Mass. Utet, 1993, 3, 454.

[38]  Cass. 4725/93, cit., Cass.; 24/1/92, cit.; Cass. 2368/91, cit.

 

Torna all'indice degli articoli

Torna al menu principale