Allegato al numero 8 della serie Offline – 1998
e a L’autrice dell’Odissea – 2008


Perché l’Odissea
è stata scritta da una donna

Giancarlo Livraghi – ottobre 1998


Fra le opere di Robert Graves, Homer’s Daughter è una delle meno note; ma è molto interessante. Ce n’è anche una traduzione italiana. In quel libro Graves spiega che c’erano tanti aedi, o cantastorie, che andavano di città in città raccontando fantastiche avventure ed epici poemi. Spesso viaggiavano da una parte all’altra del mondo greco sulle navi dei mercanti.

L’arrivo del mercante era un momento di incontro e di festa – e un’occasione per ascoltare le narrazioni dei poeti. Che ci sia stato un Omero o no, è discutibile; ma il fatto è che le storie cambiavano secondo chi le raccontava. La versione più diffusa dell’Odissea era diversa da quella che ci è stata tramandata.

In alcune delle varianti Penelope era una disinvolta libertina che non aveva alcuna voglia di stare ad aspettare il suo vagabondo e traditore marito e si divertiva coi Proci – tutt’altro che entusiasta di accoglierlo al suo tardivo ritorno. Nelle odissee della tradizione orale non c’erano così tante altre donne (Circe, Calipso, Nausicaa) con un’influenza così importante. Iruoli maschili e femminili erano più simili a quelli di altri poemi, come l’Iliade.

La protagonista del libro è la figlia di un re, in una città greca della Sicilia. Vive esperienze complicate, di intrighi di corte e di contrasti con varie città e province. Sente i cantori raccontare la storia di Ulisse e di Penelope; alla fine scrive una sua versione dell’Odissea, in cui riflette, in parte, la sua esperienza personale – e racconta se stessa nel personaggio di Nausicaa.

Robert Graves parte sempre da analisi storiche serie e approfondite; il quadro generale era molto probabilmente come lui lo descrive. Il personaggio, naturalmente, è inventato; ma che ci sia la mano di una donna nel testo dell’Odissea come lo conosciamo mi sembra un’ipotesi credibile e interessante.



Robert Graves nacque nel 1895 e morì nel 1985. Scrisse poesie, saggi e altre opere, fra cui ottimi libri sulla mitologia greca e alcuni “romanzi storici”. I più famosi sono Io, Claudio (1934) e il seguito Il Divo Claudio (1935) che descrivono con brillante approfondimento la società e i costumi della Roma dell’epoca, vista dagli occhi di Claudio, che fin da giovane viveva fra gli intrighi di corte, poi (suo malgrado) divenne imperatore. Fra le opere più interessanti di Graves c’è anche una biografia di Belisario, in cui descrive con straordinaria efficacia il mondo bizantino.
(È precisa, ma noiosa, la sua “versione in prosa” dell’Iliade. Si vede che preferiva l’Odissea).


 

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