Editore: Eurisko - ricerca sociale e di marketing
Pubblicazione trimestrale
n. 78 - dicembre 1997
Giovani senza informatica:
In Italia sono più di sette milioni gli alunni che frequentano quest'anno le scuole dell'obbligo e secondarie superiori italiane. Soltanto poco più di un quinto di essi appartiene ad una famiglia che possiede almeno un computer. Sono infatti pari al 19,5% del totale famiglie quelle in cui esiste lo strumento, ma parte di esse ha più di un figlio in età scolastica. Diciamo che un milione e mezzo di scolari e studenti si trova nelle condizioni domestiche di imparare ad usarlo, posto che non ostino preclusioni di massima dei genitori o dei fratelli maggiori e che vi sia la disponibilità minima di un tutore nell'apprendimento. Negli Stati Uniti è il 38,9% delle famiglie che ha almeno un computer in casa. La non ricca dotazione delle famiglie italiane è ancor più limitata per quanto attiene al possesso di un modem (2,5% del totale delle famiglie) e all'accesso ad Internet (1,1%), cioè delle chiavi che aprono le porte di un'informazione senza confini. Queste dotazioni risultano per le famiglie statunitensi rispettivamente del 24,4% e del 16,7%, cioè dieci-quindici volte maggiori delle nostre, in percentuale. In cifra assoluta: 22 milioni di famiglie americane dotate di modem contro le nostre 515 mila; 15 milioni di famiglie collegate con Internet in Usa contro le nostre 216 mila. Bastano questi pochi dati, di valore solo indicativo, a mettere in luce un fenomeno importante. È stato riconosciuto da molti autorevoli osservatori che la famiglia media, in Italia, ha largamente supplito in questi ultimi decenni alle deficienze dello Stato e delle sue istituzioni, agendo di fatto come banca, assicurazione sulla vita, organizzazione sanitaria e assistenziale, in definitiva come l'unica struttura logistica efficiente nel Paese e come il più potente degli ammortizzatori sociali. Quest'ultimo aspetto è stato rilevato, in particolare, per il carico economico e morale che la famiglia si è assunto con il mantenimento dei figli senza occupazione, protratto in molti casi fino ai 30-35 anni di età, e persino con l'acquisto dell'abitazione e del sostegno finanziario alla famiglia dei figli che, malgrado l'emarginazione sociale, hanno voluto sposarsi. Per quanto attiene all'educazione informatica dobbiamo invece constatare che la famiglia media italiana non ha capito l'importanza degli investimenti che avrebbe potuto fare per il futuro dei suoi figli e che troppo poco si è impegnata nel ruolo che i tempi le assegnavano. Per questo aspetto la famiglia rivela la sua arretratezza socioculturale, mostra l'ignoranza di quanto accade fuori dalle mura domestiche e dai ristretti orizzonti degli interessi immediati, rivela tutta la miopia delle scelte che hanno privilegiato una temporanea qualità della vita dei figli e le troppe concessioni all'effimero dei loro abiti e accessori firmati, del motorino, delle vacanze, del telefono cellulare. La famiglia è stata scarsamente aiutata a comprendere, orientarsi, decidere. Non le sono stati offerti scenari convincenti sulla transizione epocale, indotta dalla rivoluzione informatica e dalla mondializzazione dell'economia. Non le sono stati prospettati gli effetti che i grandi fenomeni del nostro tempo avranno sulla vita dei figli, ben maggiori di quelli - pur non trascurabili - che subiranno tutti gli italiani oggi compresi nelle coorti d'età fra i 30 e i 50 anni. Le responsabilità tradite dalla famiglia sono gravi, ma quelle del mondo politico e delle istituzioni pubbliche sono assai maggiori. Non ci si è resi conto con sufficiente chiarezza del disastro rappresentato dalla perdita di almeno una generazione nella corsa alla nuova alfabetizzazione informatica. Pensiamo ad esempio alla scuola. Solo recentemente si è provveduto a stanziare 1000 miliardi per dotarla di alcuni mezzi informatici nel corso di due-tre anni. Poiché le unità scolastiche del primo e del secondo grado sono oltre quarantamila, ad ogni scuola toccherebbero meno di 25 milioni per l'acquisto di computer, attrezzature e formazione dei docenti! Se i 1000 miliardi venissero interamente impiegati per l'acquisto di computer - senza tener conto della preparazione specifica dei docenti - a ciascuna delle oltre 400 mila classi della scuola primaria e secondaria toccherebbe meno di un computer, entro il 2000. Con il ritmo attuale del pubblico investimento nell'educazione informatica e immaginando ragionevolmente di spendere il denaro sia in attrezzature, sia nella formazione dei docenti occorrerebbero dai venti ai trent'anni per avere un docente preparato e 10-12 computer per classe. Poiché un docente capace e un discreto numero di computer per classe sarebbero le condizioni minime da assicurare ad una scuola che prepari i giovani alla vita di relazione ed alle occupazioni dei prossimi decenni, è evidente che l'Italia, con il passo attuale, intende perdere un'intera generazione. Ciò significa condannare, per la sola mancanza di alfabetizzazione informatica, milioni di giovani adulti, oltre agli attuali ventenni e trentenni, ad occupazioni marginali e scarsamente qualificate, all'emarginazione ed alla protesta sociale, se non alla droga ed alla criminalità. Oggi, molti adulti cinici o indifferenti sono portati a credere, con buona pace delle Cassandre, che i giovani debbano sempre cavarsela da soli e provvedere a se stessi poiché "alla fine dei conti si tratta solo di affari loro". Questi adulti dovrebbero tener presente che buona parte della sicurezza raggiunta, sulla quale fanno assegnamento, dipende proprio dai giovani e da quanto essi saranno in grado di fare per se stessi, per le generazioni più mature e dunque, più realisticamente, per l'intero Paese. Di fronte al rischio di perdere un'altra generazione nella lotta in cui tutti i Paesi del mondo sono impegnati per la sopravvivenza e lo sviluppo è l'intera opinione pubblica che deve chiedere al Governo ed al Parlamento la formulazione di un vero patto generazionale e un rilevante investimento di mezzi finanziari nella scuola e nella formazione. Gabriele Calvi |
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