Rosa dei venti

I Garbugli della Rete - 7
gennaio 1997

Nomadi, tribali, diversi, dispersi...
Il nuovo ritorna all’antico?

 
 
 
 

Mi sembra di aver mantenuto, finora, la promessa che avevo fatto quando è cominciata la serie di questi garbugli: tenere i piedi per terra, stare lontano dai sogni e dalle fantasie.

Ma per una volta, alla nascita del nuovo anno, lasciatemi sognare un po’. Anche perché non credo che questo sogno, che preferirei chiamare speranza, sia molto lontano dalla realtà.

Mi sembrano interessanti alcuni aspetti della nuova “cultura elettronica” che possono permetterci di superare i limiti dell’era industriale e dell’era dei mass media.

Uno dei peggiori difetti della società in cui viviamo è la tendenza all’omogeneità.

L’era industriale ha portato alla “produzione in serie”. Abbiamo molta più scelta, molte più cose sono accessibili; ma sono standardizzate.

Abbiamo più vestiti, ma nonostante le bizzarrie della moda sono tutti uguali. Anche i giapponesi portano la cravatta.

L’era della produzione di massa e dei mass media porta all’omogeneizzazione della cultura. Si dicono, si cantano, si scrivono, si pensano le stesse cose. L’umanità è sempre più pecora, sempre più pappagallo. Cantava, due anni fa, un noto filosofo chiamato Gabibbo: «È morto il libero pensiero. Siamo nella valle dell’eco. Non fai in tempo a dire una cosa che qualcun altro la ripete».

Potremmo essere sulla soglia di un cambiamento.

Già nella scrittura qualcosa è cambiato. Scrivere a macchina voleva dire usare un unico carattere, sempre della stessa grandezza. Non c’era più calligrafia, né la possibilità di scrivere più grande o più piccolo, più chiaro o più scuro, collocare le parole diversamente sulla pagina, inserire qua e là una freccia o un disegno. Con un computer, tutto questo è di nuovo possibile; possiamo scegliere fra centinaia di caratteri, cambiarne la dimensione come ci pare, impaginare come vogliamo, usare neretti e corsivi, inserire simboli e disegni. Insomma esprimerci in modo molto più personale.

Con la comunicazione interattiva, la rivoluzione è ancora più grande. Gli spazi di dialogo sono infiniti, ognuno di noi ne può creare a volontà. C’è una possibilità tutta nuova di coltivare la diversità.

Anche quando usiamo scrittura in “puro testo”, abbiamo inventato giochi e fantasia. Sorrisi, emoticon, faccine, disegni abilmente costruiti con caratteri ascii, firme, tag, scherzi, ironia, alias... tutto un modo di esprimersi molto più vivace della monotona omogeneità della vecchia dattilografia.

È venuto il momento di trovare la stessa diversità, la stessa fantasia anche nei comportamenti – e perfino negli oggetti. Anche l’industria sta imparando (o dovrebbe imparare) a essere più flessibile. Con le tecnologie di oggi diventa più facile fare prodotti “su misura” e anche offrire più spazio al “fai da te”. Se per tagliare un tessuto si usa il laser invece di una sega, una fabbrica remota può farci un vestito non solo su misura, ma anche secondo il nostro disegno. Anche in tanti altri settori la tecnologia permette di personalizzare il prodotto. Così può realizzarsi l’ipotesi che faceva sedici anni fa Alvin Toffler: la nascita del prosumer, che è insieme consumatore e produttore.

Come dicono gli studiosi più attenti, l’economia “globale” di oggi e di domani crea sempre maggiori possibilità per i piccoli operatori. Può rinascere e trovare nuovo vigore l’artigianato; moltiplicarsi la diversità non solo nelle idee, ma anche negli oggetti.

L’insieme globale si nutre di diversità. Il suo sangue è la scoperta di culture diverse, e al tempo stesso la ricerca di interessi comuni che superano i confini e le distanze.

Molti pensano, credo con ragione, che la globalità del molteplice non solo porti al rinascere di infinite tribù, ognuna con la sua cultura e i suoi rituali, ma ci aiuti anche a ritrovare il nostro antico istinto di nomadi. Non solo perché possiamo vagare come ci piace nella rete, ma anche perché possiamo spostarci fisicamente senza perdere contatto con i nostri amici e con il nostro lavoro.

Anime nomadi, che possono volare in ogni angolo del pianeta come non sognava neanche il più avventuroso degli stregoni. Ma nomadi anche i corpi, perché quasi tutte le persone che se lo possono permettere viaggiano sempre più spesso. E chi ha fatto un’amicizia in rete non vede l’ora di dare anche presenza f isica alla persona di cui già conosce il carattere e il pensiero. (Vedi L’anima e il corpo).

Più si diffonderà l’uso della rete, più vedremo persone partire per luoghi vicini o lontani avendo già un appuntamento con qualcuno che conoscono e vogliono conoscere meglio.

Forse è un sogno; forse solo una minoranza più vivace e curiosa saprà approfittare davvero di queste nuove possibilità. Ma (almeno per me) è affascinante pensare a un’umanità meno stanziale, meno omogenea e più nomade; a spazi crescenti per la libertà e la fantasia.


 

   
 
Giancarlo Livraghi
gian@gandalf.it
  dicembre 1996
 



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