Sembrava passata londa della paura. I piccoli o grandi
ras della cultura (che si annidano nella scuola, nelle
gerarchie intellettuali, eccetera; non solo nelle redazioni
dei giornali) continuano ad avere una gran fifa che
uninformazione più libera possa intaccare i loro
privilegi. Ma ormai gli interessi economici in gioco sono
tali da imporre a costoro un imbarazzato ossequio. Si sentono
in obbligo di cantare le lodi di una "nuova
economia" di cui non hanno capito il senso, né il
valore. Parlano un po meno spesso di pornografia,
pedofilia o malfattori in
rete; un po più spesso di presunte meraviglie
tecnologiche o di mirabolanti (quanto immaginarie) crescite
delle-business. Ma non perdono occasioni per spargere
disagio e diffidenza per esempio approfittando di un
virus, non
più nocivo di tanti altri, per cercare di spaventare
quegli scomodi "liberi pensatori" che usano la
posta elettronica per scambiare idee o si servono della rete
per trovare qualche notizia un po meno condizionata e
omogeneizzata di ciò che si legge sui giornali o si
sente dire in televisione.
Naturalmente un "vero" giornalista, come ogni
altro mediatore culturale che sappia far bene il suo
mestiere, non ha motivo di temere la rete. Al contrario, se
ne può servire per svolgere meglio il suo compito. Se
è vero che in rete tutti hanno lo stesso diritto di
voce, è anche vero che chi ha maggiore capacità
e attenzione nellinterpretazione delle notizie e delle
situazioni ha un ruolo insostituibile e molto apprezzabile:
che non degrada in un libero scambio di opinioni, anzi assume
ancora più senso e valore.
Ma molti hanno paura. Per il semplice motivo che non
sanno far bene il loro lavoro e temono (giustamente, in
questo caso) di perdere quei privilegi che non derivano dalle
capacità culturali e dallesperienza ma sono soltanto
"rendite di posizione". Purtroppo leffetto
dirompente della rete è più debole di
ciò che costoro temono. Che bello sarebbe se i loro
timori fossero davvero fondati... e da un giorno allaltro
trovassimo i cattivi giornalisti, i pessimi insegnanti, i
baroni della cultura, alla ricerca di un lavoro onesto
"dato e non concesso" che possano essere impiegati
utilmente a fare qualcosa, perché molti di loro non
sono neppure adatti a dare ripetizioni di italiano a un
bambino delle elementari.
Non ho mai letto un articolo di un tal Bruno Tucci,
presidente dellordine dei giornalisti del Lazio e del
Molise. Non so come faccia il suo lavoro. Ma se ha
proposto di
censurare la rete è probabile che sia un pessimo
giornalista. Il suo "appello" sarà cestinato
come merita, o sepolto con quatto risate? Lo spero. Ma pare
che posizioni simili siano espresse dalla Federazione
Nazionale della Stampa, che è una lobby potente (e
spesso perversa). E abbiamo visto in altre occasioni il
nostro potere politico, e i nostri legislatori, partorire
provvedimenti abborracciati e confusi che hanno contribuito
allinadeguato sviluppo dellinternet (e soprattutto di una
vera cultura della rete) nel nostro paese.
Sarà meglio stare in guardia, perché la
voglia di censura è sopita ma non spenta. Tutto
ciò che può incrinare il soffocante tessuto
dellinformazione omogeneizzata, standardizzata e asservita
fa paura al potere, in tutte le sue forme; e ai suoi infiniti
servitori.
Se qualcuno volesse davvero occuparsi dei problemi
dellinformazione, dovrebbe puntare gli occhi altrove. Sul
degrado di un sistema informativo disperatamente ripetitivo e
omogeneo, dove ogni voce indipendente o davvero innovativa
è sommersa nel soffocante pastone di un ripetitivo
frullato in cui è difficile distinguere fra un
giornale cosiddetto "serio" e Novella 2000
perché nellimperversante pettegolezzo non cè
differenza fra le meschine beghe della politica o della
finanza e lultima tresca di qualche fanciulla nota
più per la misura del suo reggiseno, o per la
mobilità delle sue anche, che per il contenuto del suo
cervello.
Ricordate il tempo, ormai quasi dimenticato, in cui
lintero sistema politico-informativo mondiale cercava di
convincerci che il presidente degli Stati Uniti potesse
perdere il posto perché non aveva detto la
verità su uno squallido episodio di sesso? A
smentirli, in quel caso, non fu la temutissima internet. Ma
la legnata che i mestatori repubblicani si presero dagli
elettori; ovviamente meno stupidi di quanto pensassero i
manipolatori della politica e dei mass media.
Lo sanno tutti. Basta parlare con qualsiasi persona un
po esperta di editoria o di giornalismo per sapere quanto
è degradato tutto il sistema informativo. In tutto il
mondo; e in Italia è ancora peggio, per motivi così
ovvi che spero sia inutile ricordarli. Pochi hanno il coraggio di
dirlo in pubblico, ma qualcuno lo fa. Vedi per esempio il
dibattito
fra Eugenio Scalfari e Umberto Eco nellottobre 1999
dove tutti e due hanno ammesso che il problema è grave
ma non sanno come trovare una soluzione.
Che bello sarebbe se linternet fosse davvero una
minaccia così terribile come temono i difensori di un
establishment culturale sostanzialmente defunto ma ancora
dominante (quelli che Michael Crichton, già sei anni
fa, definiva mediasauri in estinzione). E se ci fosse
"urgenza" perché il fragile castello del
potere omogeneizzante sta per crollare. Purtroppo non
è così facile. Ci vorrà ancora parecchio
tempo; e non sono molte le persone che hanno davvero la
curiosità, limpegno e lostinazione che occorrono per
trovare (e magari diffondere) notizie e commenti un po meno
banali. Ma teniamoci stretta la rete; perché è
quasi lunica risorsa che abbiamo per trovare qualche
spiraglio che ci liberi dalla soffocante prigione della
pseucodultura in cui stiamo sempre più sprofondando.