“L’etica della comunicazione:
maieutica o retorica”

Brevi appunti per una lezione
di Giancarlo Livraghi
in un corso di AssoEtica

31 ottobre 2003



L’argomento che mi è stato assegnato non è facile.
Sarebbe impegnativo svolgerlo in un voluminoso libro.
È arduo comprimerlo in un discorso più sintetico.
Praticamente impossibile in questi brevi appunti.
Ma spero che alcuni criteri fondamentali
si possano riassumere in pochi e sintetici concetti.

Non mi sembra casuale, nel titolo
che mi è stato indicato come tema da svolgere,
il richiamo a Socrate (maieutica) e Aristotele (retorica).




“Maieutica”

Comunicare significa prima di tutto ascoltare e capire. E inoltre definire con chiarezza su che cosa si sta comunicando e con quale linguaggio.

La domanda che usava fare Socrate, ti estì, “che cos’è”, può migliorare molto la qualità della comunicazione – ma può anche indurre alla somministrazione della cicuta, perché la chiarezza e la trasparenza non sono sempre gradite.



“Retorica”

Ovviamente non è intesa nel senso in cui questa parola è abitualmente usata in italiano (enfasi formale, vacuità di contenuti).

Si tratta, al contrario, di teoria e metodologia sistematica dell’argomentazione – come la concepiva Aristotele e come ancora oggi si insegna in Francia.

Ma anche così intesa la retorica ha un valore limitato se non la si concepisce come un elemento di quel sistema più esteso e complesso che è la comunicazione.



“Etica”

L’etica non è di moda. Ogni considerazione morale è trascurata, dimenticata. Nei rari casi in cui se ne parla è considerata, con disprezzo, “moralismo” – o si traduce in un vuoto cerimoniale delle apparenze. Uno dei fenomeni di involuzione e decadenza della società in cui viviamo è la perdita dei valori etici.

Si pensa che il profitto (e in particolare il profitto di breve periodo) sia l’unica misura di valore. Se il profitto è a scapito del bene generale, e in violazione dei fondamentali princìpi di etica e correttezza, il “successo” così ottenuto è ammirato e riverito, diventa “santificante” e rende irrilevante ogni altra considerazione.

Mi sembra importante chiarire è che non c’è una contraddizione assoluta e inderogabile fra il successo di un’impresa (o di ogni organizzazione umana) e i valori etici. Perciò l’etica non deve necessariamente rifiutare come “perversa” in assoluto la logica del profitto. E, viceversa, è concretamente possibile ottenere buoni e durevoli profitti comportandosi in modo eticamente corretto – o anche umanamente “generoso”, cioè con un impegno morale, umano e civile superiore a gli “obblighi” di legge o di costume e a una definizione “minima” di eticità.


(Un altro aspetto del problema – che non rientra nel tema assegnato e che comunque non abbiamo il tempo di trattare oggi – è la differenza fra etica e diritto. Sappiamo che non sono la stessa cosa. Che comportamenti consentiti dalla legge possono essere eticamente inaccettabili – mentre comportamenti eticamente corretti possono non essere riconosciuti come tali dalle norme in vigore. Il problema è complesso – dobbiamo, qui e oggi, limitarci a ricordare che esiste).



La gatta frettolosa...

Uno dei motivi per cui non si determina abbastanza spesso il “circolo virtuoso” fra etica, funzionalità, qualità e successo (perciò anche profitto) è la fretta. Questi valori sono più spesso premianti nel medio-lungo periodo. La fretta, la miopia e la rincorsa spasmodica dei risultati “a breve” provocano un “circolo vizioso” che agisce in senso contrario.

(Vedi a questo proposito un breve articolo del gennaio 2000  La gatta frettolosa fa i gattini ricchi? – e più estesamente il capitolo16 di Il potere della stupidità).



“Comunicazione”

La comunicazione è un nodo centrale di questo processo. È importante capire che esistere è comunicare. Che non può esistere una persona (o un’impresa) se non comunica.

Ma occorre anche capire che la comunicazione è un insieme inscindibile. Se c’è (come spesso accade) una scissione e distonia fra diverse manifestazioni della propria esistenza (e al tempo stesso relazioni con altri) le capacità di comunicazione, e con esse l’identità, sono gravemente, se non irrimediabilmente, compromesse.

La distinzione fra diversi “pubblici” (interni ed esterni al sistema-impresa) è utile per definire strumenti, contenuti e metodi della comunicazione. Ma questi “pubblici” non sono impermeabili fra loro. Interagiscono – e spesso si sovrappongono.

Coerenza, trasparenza, sincerità, rilevanza – di identità, di comportamento, di espressione – sono valori che aumentano profondamente la qualità e l’efficacia della comunicazione. Sono punti di forza, che crescono e si arricchiscono nel tempo. E sono anche valori etici.

Le distonie sono crepe, talvolta all’inizio invisibili, ma tendenti ad allargarsi, che possono far crollare l’edificio – non solo del sistema di comunicazione e di relazione, ma di tutta l’impresa.



Essere o apparire

Purtroppo è necessario, qui, aprire una parentesi. È preponderante la convinzione che essere non ha importanza, conta solo apparire. Molti comportamenti, anche quando il concetto non è dichiarato, sono basati su quella premessa – che, di conseguenza, trova conferma e consenso.

Ma (a parte il fatto che ciò contrasta con i princìpi basilari dell’etica) è un percorso che si può rivelare molto pericoloso. Perché la caduta dalle nuvole dell’apparenza e della finzione all’urto con la realtà può essere violenta e distruttiva.

La cultura dell’apparire produce identità deboli e indistinte. La cultura dell’essere è più impegnativa, ma costruisce identità e relazioni più forti, durevoli e riconoscibili. E sono anche valori etici.



“Responsabilità”

La responsabilità è un punto di riferimento fondamentale in cui convergono valori di gestione di comunicazione. Ognuno, ovviamente, deve essere responsabile di ciò che dice e di ciò che fa. E fra il dire e il fare ci dev’essere una corrispondenza precisa.

Quanto maggiori sono le risorse di comunicazione, e qualificata la capacità di usarle, tanto più alta e impegnativa è la responsabilità.

Definizioni chiare delle responsabilità e comportamenti responsabili nelle relazioni e comunicazioni sono fattori importanti di efficienza e coerenza in ogni genere di organizzazione. E sono anche valori etici

Da un altro punto di vista, è importante distinguere fra il concetto di responsabilità e quello di ruolo, autorità o potere.  (Vedi a questo proposito La stupidità del potere).



“Fiducia”

Un elemento portante in tutte le relazioni umane è la fiducia. È un bene di enorme valore, che cresce nel tempo. Ed è anche un valore etico.

Ma se non è ben radicata e coltivata diventa fragile. Ci vuole molto tempo per costruire solidi rapporti di fiducia, può bastarne poco per incrinarli o distruggerli.

(Vedi a questo proposito Il valore della fiducia – capitolo 32 di La coltivazione dell’internet. Un testo un po’ diverso sullo stesso argomento, pubblicato nel giugno 1999, si trova online).



“Valore”

In sintesi: un sistema di comunicazione è più efficiente se è trasparente e corretto (cioè “etico“). L’etica non deve contrapporsi alla funzionalità, ma cercare i punti di efficace coesione e sinergia. La funzionalità deve non solo tener conto dell’etica, ma considerarla un fattore strutturale per la costruzione di valori solidi e duraturi.

Etica ed efficienza non sono la stessa cosa. Ma in un sistema ben concepito non sono in contrasto – e neppure in forzata e scomoda coesistenza. Si aiutano a vicenda, con un valore che, se costantemente nutrito, cresce nel tempo.

(Vedi a questo proposito un breve articolo del settembre 2002 L’arca di Noè – e un altro del dicembre 2001 In memoria di Peter Blake).



“Armonia”

Non è una divagazione poetica affermare che è “bella“ la condivisione di valori etici e umani. Quando si innescano circuiti di qualità non solo aumentano la produttività, la motivazione, la spinta al continuo miglioramento. Si realizzano anche situazioni e fatti che è corretto, significativo e rilevante definire “estetici“.

Un sistema armonioso può realizzare livelli sorprendenti di efficienza e di forza competitiva.





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