labirinto
Il filo di Arianna


giugno 2010

Giancarlo Livraghi


Disponibile anche in pdf
(migliore come testo stampabile)


Il braccialetto miracoloso
e la stupidità delle “notizie”


Si sa che giornali e telegiornali amano pubblicare notizie “leggere”. In troppi perversi casi lo fanno per trascurare, o mettere in ombra, informazioni sgradite a qualcuno che ha le leve di controllo. Ma spesso anche per “intrattenere” spettatori e lettori con qualcosa che non sia impegnativo o preoccupante. Quando è solo divagazione, non sarebbe un problema se non creasse assurde “ondate” di interesse per irrilevanti banalità. E se non aumentasse la diffusione di stupidaggini e panzane.

Ogni estate siamo afflitti dalla noiosa ripetizione delle stesse cose. Non abbiamo bisogno di ingombranti reportage balneari o di interminabili articoli e dissertazioni per sapere che in luglio fa caldo e che in periodi di vacanza c’è traffico nelle autostrade.

Fra le bufale di quest’anno (non è neppure una novità) c’è il “braccialetto miracoloso”. Con le inevitabili disquisizioni sull’effetto placebo. È grave? No. Ma è un sintomo di un male cronico della cosiddetta “informazione”.

Enzo Biagi diceva: «dopo tre apparizioni in video, qualunque coglione viene intervistato, dice la sua e anche quella degli altri». Ma non si tratta solo di episodi effimeri e occasionali. E non succede solo in televisione. C’è un’ossessiva onnipresenza, che continua per anni o decenni, di “tuttologi” e di vari personaggi che si considerano, chissà perché, capaci di avere un’opinione su qualsiasi argomento. E un’assillante ripetizione delle stesse cose, senza badare a quanto siano credibili o rilevanti.

Per “sentirsi meglio” occorre comprare un braccialetto di gomma messo in vendita da qualche furbacchione? No. Basta mettersi addosso, o in tasca, o in borsetta, qualsiasi cosa che possa favorire il buonumore. Perché abbiamo voglia di far finta di credere a qualche piccola scaramanzia. O perché ci ricorda qualcuno a cui vogliamo bene o qualche esperienza piacevole. O semplicemente perché pensiamo che ci piacerà (placebit).

Perciò ognuno può fabbricarsi da solo un piccolo “talismano”. Basta che ci creda, almeno un po’ – e che non si aspetti risultati impossibili. Ma qui entra in gioco un altro fattore deformante. Diceva, trecentocinquanta anni fa, Jean de La Fontaine: «tutti i cervelli del mondo non bastano a contrastare quel genere di stupidità che è di moda». E più recentemente George Bernard Shaw: «una moda è un’epidemia indotta».

Dopo qualche vaga osservazione su quanto possa essere vero o falso il sortilegio del braccialetto, si affrettano a spiegarci che è in, chi non ce l’ha è out – mostrarsi senza, questa estate, sarebbe come non avere un’adeguata abbronzatura o non sapere qual è la canzoncina o il pettegolezzo di turno.

I solerti “promotori” di patacche e cianfrusaglie sono assoldati da chi le produce e le vende? Talvolta, può darsi. Ma più spesso si dedicano spontaneamente a quella discutibile impresa, perché sono così superficiali (o pigri) da non sapere come trovare qualche argomento meno sciocco.

Qualcuno potrebbe dire che, per il fatto che ne parlo, “indirettamente” sto dando anch’io diffusione all’imbroglio. Ma sarebbe molto strano se qualcuno, leggendo queste righe, si facesse venire in mente di comprare panacee truffaldine, aggeggi inutili o superflui accessori “di moda”. Se dovessi dare un consiglio, mi unirei volentieri al coro (piccolo, ma fortunatamente ostinato) di chi dice che è meglio un libro. Mi sentirei a disagio se andassi in vacanza, o comunque in giro, senza averne con me più di uno. Mi fanno “sentire bene”. Perché sono di confortante, rasserenante, gradevole compagnia anche quando non li sto leggendo.

Non è necessario, né ragionevole, occuparsi sempre e solo di cose “serie”. È sano e distensivo dare spazio anche alle “leggerezze”. Ma sarebbe simpatico se qualcuno, invece di ripetere ad nauseam tante noiose scempiaggini, ci raccontasse qualcosa di divertente. Quello si, potrebbe farci ridere, o almeno sorridere – e così aiutarci a sentirci meglio.




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