supplemento
a
Analfabetismo
Da
che parte si comincia a risolvere il problema?
Leggere e scrivere
(Riflessioni sullanalfabetismo)
Paolo Bassi settembre 2007
Disponibile anche in
pdf
(migliore come testo stampabile)
Mentre i grandi giornali sono sempre
più gonfi
di noiose banalità e di monotoni manierismi,
di
ripetizioni dellovvio, di bufale e di sciocchezze,
accade che si trovino
osservazioni stimolanti
in testate più piccole, ma
più libere e vivaci.
Ringrazio Paolo Bassi di avermi autorizzato
a
riprodurre qui il suo interessante articolo
uscito sul mensile bolognese Il
Castellano. [g.l.]
Come forse sarebbe stato logico aspettarsi in questo mese di settembre, una bella chiacchierata sulla scuola, sugli scolari, sugli insegnanti, su metodi e programmi e, non ultimo, sui buoni propositi dei nostri ragazzi, non avrebbe di certo guastato. E invece no: troppo facile e sicuramente già fatto. Voglio invece affrontare largomento dal punto di vista opposto: la NON scuola, la NON istruzione, la NON cultura, insomma per farla breve, lANALFABETISMO.
E un argomento del quale quasi non si sente più parlare; come il vaiolo sembra essere stato debellato, siamo stati tutti vaccinati col metodo Montessori e con tanti ministri volenterosi e preoccupati del nostro stato culturale, usiamo stilografiche costose e computer, leggiamo (poco) libri altrettanto costosi, ma, sotto sotto, (e poi neanche tanto), qualche milioncino abbondante di analfabeti ci sono ancora. E attenzione, non sto parlando della giungla o delle foreste tropicali delle quali non conosco alcunché, mi riferisco alle nostre città e paesi dei quali, purtroppo, conosco un po di più.
Quando si pronuncia la parola analfabetismo si è portati a riferirla verso coloro che non sanno né leggere né scrivere, tralasciando, per scarsa conoscenza del problema o per comodità, tutte quelle altre forme che vengono definite come i nuovi analfabetismi.
LAnalfabetismo di Ritorno è riferito a quegli individui che, pur essendo stati alfabetizzati, dopo alcuni anni di lontananza dalla scuola hanno perduto ogni esperienza acquisita e tornano a essere assimilati agli analfabeti totali.
LAnalfabetismo Settoriale che limita una conoscenza ad ampio raggio a favore di una settoriale, rendendo le persone isolate nelle loro competenze con equivoci, ambiguità e la tipica chiusura nella casta degli specialisti.
LAnalfabetismo Tecnologico che, frantumando in settori tecnici la popolazione, divide classi sociali, classi generazionali e, al limite, appartenenze sessuali.
LAnalfabetismo dei Potenti definito da H.M. Enzensberger come quellanalfabetismo che «non può essere considerato un privilegio degli oppressi, ma rientra nel normale bagaglio degli oppressori».
Vista così, la situazione è ancora più grave del previsto, in quanto lanalfabetismo è uscito da quelle sacche primitive, peraltro molto grandi, per diffondersi, in tutte quelle forme sopraccitate, a macchia dolio nel nostro villaggio globale. Sono cresciuti linguaggi diversi, diverse codificazioni della realtà, modi di esprimersi e di comunicare che dividono culture differenti, classi detà e, volendo, membri della stessa famiglia. Non è più quindi il non saper leggere e scrivere, è il come lo si fa e il come lo si intende fare.
In alcuni articoli sullargomento si ritrova spesso unaffermazione, priva di fonti attendibili, ma in un certo senso spiritosa e sintomatica della condizione di molte Università che riporta il fatto che «fra i laureati cè il 7,2 % di analfabeti». Sarà vero? Non mi meraviglierei più di tanto, anche perché non molto tempo fa, lavorando io da anni allUniversità di Bologna, ho trovato un modulo, compilato da uno studente, sul quale lui stesso aveva scritto quale SQUOLA aveva frequentato prima della laurea. Distrazione? Boh!
Forse però sto correndo troppo. È un dato di fatto che un bambino nasce in una famiglia e cresce in un certo ambiente e questo non è senzaltro né merito né colpa sua, ma linterazione genitore-figlio svolge un ruolo determinante nellalfabetizzazione del bambino fin dalla più tenera età. Il piccolo gioca a leggere e a scrivere già a due, tre anni, a patto che esista qualcuno in grado di farlo giocare, ma in una situazione di analfabetismo familiare totale il rischio è una caduta, senza ritorno, nellemarginazione completa, con il conseguente fallimento scolastico per quella nuova generazione. Recenti indagini, poi, hanno accertato lo stretto legame esistente fra le evasioni dagli obblighi scolastici e la delinquenza minorile: «Oltre il 70 % dei minori detenuti sono ai livelli più bassi di istruzione, con una percentuale del 20 % che rasenta lanalfabetismo».
Inoltre, gli analfabeti scoperti tanto nei ghetti delle grandi città quanto dispersi tra campagne e montagne, non appartengono a un mondo a sé stante e in via destinzione, sono invece gruppi che, senza unalfabetizzazinoe della realtà hanno elaborato propri modelli di comunicazione e di comportamento e che, comunque, interagendo con noi alfabetizzati riescono a diventare funzionali alla nostra economia, alla nostra politica, alla nostra ricchezza in modo agguerrito e spietato basandosi su valori culturali a noi sconosciuti e quasi vantandosi con orgoglio del proprio analfabetismo. Questo è, ovviamente, un caso limite, ma nella maggior parte delle situazioni, lanalfabeta vive o sopravvive in un ambiente allinterno del quale esiste una rete di relazioni che lega i componenti di tale ambiente e che li fa sentire, sotto un certo punto di vista, importanti e funzionali. Al di fuori dellambiente analfabeta cadono le relazioni e il mondo sembra sfaldarsi, non esiste più autoidentificazione e lanalfabeta è perso. E questa è una triste realtà.
Ricordate il maestro Alberto Manzi quando, in Rai tra il 1959 e il 1968, conduceva Non è mai troppo tardi? Non era certo un reality, ovvio, ma doveva avere indici dascolto elevatissimi, un po perché cera solo quello, ma soprattutto perché era una trasmissione pensata e strutturata per quegli analfabeti del dopoguerra che necessitavano di un minimo di istruzione che non avevano e non avrebbero mai potuto avere in altro modo. E non stiamo parlando del Paleolitico.
Oggi, per quanto possa sembrare strano, stiamo assistendo a una ricaduta in una nuova e moderna fase di analfabetismo: ogni giorno vengono coniati neologismi di tutti i tipi, parole strane e astruse per definire cose ovvie, linguaggi settoriali per le moderne tecnologie (vedi SMS), non esiste più la letterina damore per la fidanzata con busta e francobollo, ma si viaggia in rete con le-mail, poi, come risultato finale, pochissimi sanno ancora distinguere un congiuntivo da un condizionale. Siamo tutti ammalati di congiuntivite.
Stendo un pietoso velo su temi e racconti letti in vari premi e concorsi letterari, su articoli giornalistici e su libri di quasi successo, vi risparmio considerazioni sul numero e la qualità di molti lettori e faccio una riflessione su ciò che vedo e sento: il problema serio non è tanto lanalfabetismo che, ritengo, possa essere curato, il dramma è la totale mancanza di curiosità culturale nelle persone e il più completo disinteresse da parte di coloro che, al posto di fare cultura, diffondono invece ignoranza.
Io ... speriamo che me la cavo ...
Paolo Bassi