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Il
compito dello scrittore non può consistere nel negare il dolore,
nel nasconderne le tracce, nel far nascere illusioni su di esso.
Per lui, anzi, il dolore deve essere vero e deve essere reso tale
una seconda volta, cosicché noi possiamo vederlo. Tutti, infatti,
vogliamo diventare vedenti. E solo quel dolore nascosto ci
fa sensibili all'esperienza e soprattutto all'esperienza della verità.
Quando siamo in questo stato in cui il dolore diventa fertile,
stato che è insieme chiaro e triste, noi diciamo, molto semplicemente,
ma a ragione: mi si sono aperti gli occhi. E non lo diciamo perché
abbiamo davvero percepito esteriormente un oggetto o un avvenimento,
ma proprio perché comprendiamo ciò che non possiamo vedere. E
l'arte dovrebbe portare a questo: far sì che, in tal senso, ci si
aprano gli occhi.
(dal discorso
pronunciato in occasione della consegna di un premio letterario
per l'opera Il buon Dio di Manhattan.)
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