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Stiamo assistendo ad una radicale trasformazione del nostro modo di vivere, lavorare, studiare, trascorrere il tempo libero dovuto all'affermarsi delle cosiddette nuove tecnologie.
La convergenza tra informatica e comunicazioni e soprattutto il suo utilizzo di massa è sicuramente il fenomeno sociale ed economico per cui saranno ricordati questi ultimi anni del secolo.
Ma queste tecnologie, che sono essenzialmente un prodotto della civiltà occidentale e della sua cultura scientifica, possono anche essere di aiuto nella difesa dei diritti umani ? In particolare possono contribuire ad eliminare il divario esistente tra gli opulenti e consumisti paesi del Nord e i paesi del Sud dove ogni giorno milioni di persone lottano per la sopravvivenza ? Oppure si tratta di un processo destinato a mantenere lo status quo, anzi a garantire una sempre maggiore dipendenza dai paesi più ricchi nei prossimi anni ? Apparentemente esse sembrano produrre solo vantaggi e presentare pochissimi e trascurabili svantaggi. Ma gli effetti negativi di tutte le tecnologie usate finora su larga scala sono diventati evidenti (il pensiero corre subito alla televisione e alle automobili) solo dopo molti anni dalla loro introduzione, quando ormai era troppo tardi. Oltre tutto le nuove tecnologie informatiche sono straordinariamente ambivalenti e paradossali: gli utilizzi possibili sono incredibilmente variegati grazie all'enorme flessibilità dei computer.
La World Bank, secondo il World Development Report 1998/1999 [2] sembra avere pochi dubbi: la conoscenza ci permetterà di ridurre il distacco tra Nord e Sud del mondo e lo strumento utilizzato sarà la diffusione di informazioni attraverso le reti informatiche.
I paesi poveri sono diversi da quelli ricchi non solo perché hanno meno capitali ma anche perché hanno meno conoscenza.
La conoscenza è critica per lo sviluppo, poiché ogni cosa che facciamo dipende da essa. Semplicemente per vivere dobbiamo trasformare le risorse che possediamo in cose di cui abbiamo bisogno e ciò richiede conoscenza.
Le economie più avanzate sono oggi in gran parte basate sulla conoscenza. La necessità per i paesi in via di sviluppo di aumentare la propria capacità di utilizzare la conoscenza non può essere sottostimata. Alcuni stanno iniziando, attraverso lo sviluppo di strategie a livello nazionale. Ma la gran parte deve fare di più e in modo più veloce, per espandere il proprio patrimonio di conoscenze, per educare i propri cittadini, per trarre vantaggio dalle nuove tecnologie nell'acquisizione e nella diffusione della conoscenza.
I tre passi fondamentali per ridurre questa differenza sono sempre secondo il sovracitato rapporto:
- Acquisire conoscenza disponibile in altre parti del mondo, creare ex-novo conoscenza in ambito locale e sviluppare quella indigena.
- Distribuire la conoscenza attraverso l'educazione in particolare ai gruppi socialmente
svantaggiati.
- Comunicare la conoscenza cioè utilizzare e trarre vantaggio delle nuove tecnologie dell'informazione assicurando che ad esse abbiano accesso tutti.
Ma che cosa intende esattamente la World Bank con questo termine conoscenza, dal significato molto vago? Due sono i tipi di conoscenza critici per i paesi in via di sviluppo:
- Conoscenza della tecnologia. Esempi di questa sono i campi dell'alimentazione, del controllo delle nascite, lo sviluppo del software e la contabilità.
- Conoscenza degli attributi. La qualità di un prodotto, la diligenza di un lavoratore, la capacità di un impresa di onorare i propri debiti. Tutte le informazioni che attraverso una riduzione della razionalità limitata possono garantire un miglior funzionamento dei mercati.
Ma è davvero questa la conoscenza che può contribuire allo sviluppo di una comunità umana ? Oppure siamo agli estremi di un processo di specializzazione iniziato da molto tempo: "Durante questi ultimi centocinquanta anni gli uomini si sono posti il problema dell'inutilità del sapere e hanno finito per credere che l'unica conoscenza che valga la pena di possedere è quella applicabile ad una branca della vita economica della società" (B. Russell citato in [27]). Oggi oltre a questo atteggiamento si aggiunge la convinzione che tutta la conoscenza debba essere trattata in forma digitale e perde importanza tutto ciò che non è suscettibile di tale trasformazione. Il sapere umano viene presentato come tutto ciò che può essere contenuto in un database. Oltretutto il contenuto di questo database dovrebbe essere in gran parte proveniente dai paesi occidentali e il modello imposto sarà quello delle loro economie.
Il rapporto è parzialmente consapevole di questo e indica alcune raccomandazioni a chi opera in questo campo (in particolare governi e Organizzazioni Non Governative):
- Una comunicazione efficiente deve essere bidirezionale, cioè per poter aiutare la gente è
necessario prima di tutto ascoltarla e comprenderne le esigenze, permettendo loro di far udire
la propria voce, attraverso l'educazione e l'accesso alle telecomunicazioni.
- Non applicare per quanto possibile sistemi di conoscenze estranei e calati dall'alto, ma cercare di
adattarsi alle esigenze locali. La conoscenza disponibile nel sud del mondo non dovrebbe essere
sottovalutata, ma capita e valorizzata.
- Cercare di utilizzare canali locali per diffondere la conoscenza. Attraverso il coinvolgimento di
gruppi e individui locali è molto più facile conquistarsi la stima e la fiducia delle comunità, e
quindi i propri progetti vengono accettati più facilmente.
- Fornire la conoscenza in un modo che sia facilmente utilizzabile dai destinatari. Molto spesso
tecnologie anche semplici sono proposte in modi che i destinatari non riescono a comprendere e
quindi rimangono inutilizzate. Altrettanto spesso invece tecnologie complesse vengono accettate in
maniera sorprendentemente veloce ed efficiente.
Il ragionamento di fondo del rapporto ha, a mio parere, il torto di dare per scontati alcuni passaggi intermedi che non lo sono affatto. Chi ha una visione troppo ottimistica delle nuove tecnologie ha la tendenza ad individuare percorsi precisi da una tecnologia a certi effetti sociali che ne deriverebbero automaticamente. Scrive Negroponte [17] "La rete ci permette di portare queste informazioni nel terzo mondo. Questo può colmare il divario esistente con i paesi in via di sviluppo". Quello che non è chiaro è come questi processi, presentati come meccanici ed inevitabili, dovrebbero realmente avvenire. E come i loro effetti potrebbero essere anche opposti a quelli previsti. Ad esempio la diffusione della nostra cultura attraverso le reti può distruggere le culture locali e dare avvio ad un processo di dipendenza più sottile ma non meno insidioso. La diffusione delle tecnologie può provocare emarginazione a chi non è in grado di usarle, creando delle elites invece di contribuire alla democrazia. Si confonde la conoscenza con la saggezza, credendo che il solo possesso di un grande numero di informazioni possa portare ad un essere umano migliore. Alcuni esempi di questi assiomi sono [27]:
- La rete dà a ognuno la possibilità di digitare in un terminale. Questo ci porta alla democrazia.
- La rete mette le persone in contatto una con l'altra. Questo favorisce la comunità.
- La rete rende database di informazioni accessibili a tutti. Questo significa una società più colta e responsabile.
Per quanto tali proposizioni siano portate all'estremo nella critica di Talbott, è vero che spesso ci si lascia trasportare dalle possibilità offerte dal mezzo informatico, senza considerare i numerosi esempi negativi che sono già evidenti. L'errore più grave è credere che i problemi della società siano essenzialmente dovuti ad una scarsa comunicazione tra le sue parti, e che, quindi, possano essere risolti semplicemente eliminando le barriere e gli ostacoli che impediscono una comunicazione efficiente.
I possibili utilizzi distorti delle tecnologie sono messi in evidenza da numerosi pensatori da molti anni. E' interessante notare come, per quanto queste critiche si rivolgano in genere ai mass-media tradizionali come la stampa, la televisione, la radio, esse siano espandibili alla telematica senza nessuno sforzo. Anzi come la telematica moltiplica i vantaggi, fa altrettanto con le possibili minacce. Rheingold individua tre principali critiche [23]:
- La mercificazione della sfera pubblica. I mass-media vengono utilizzati per modellare la sfera pubblica. Habermas per sfera pubblica intende un campo della nostra vita sociale in cui è possibile la formazione dell'opinione pubblica. Essa ha una stretta relazione con i fondamenti della società democratica. Tale manipolazione avviene quando il controllo delle notizie è in mano a poche persone che controllano anche il mercato dei beni di consumo e quello pubblicitario. La politica ha come interlocutore i mass-media: essa tende a soddisfare le esigenze di spettacolarizzazione di questi piuttosto che quelle dei cittadini. La tecnologia è asservita allo sfruttamento commerciale. In essa vengono sviluppati solamente gli aspetti suscettibili di generare profitto.
C'è nel campo delle comunicazioni la diffusa speranza che ogni progresso tecnologico garantisca il superamento dei problemi lasciati irrisolti dalla tecnologia precedente. Questo sembrerebbe giustificato dalla rottura di equilibri precedentemente consolidati e dall'emergere di soggetti nuovi. Ma con l'affermarsi e l'ingrandirsi del nuovo mezzo di comunicazione spesso esso tende seppure con modalità diverse a riproporre la vecchia situazione. Difatti cambia la tecnica ma non cambiano le logiche sottostanti: ogni nuovo mass-media viene manipolato dal potere economico.
Nel campo della comunicazioni elettroniche il pericolo è di trasformare un canale in grado di migliorare le relazioni interpersonali in uno strumento meramente commerciale.
- Le tecnologie informatiche usate per sorvegliare, controllare e disinformare gli utenti. Esse sono a disposizione del potere politico e economico per spiare e schedare i cittadini. Il primo mira a reprimere focolai di dissidenza e a impedire la libera circolazione delle opinioni considerate sovversive. Il secondo raccoglie dati sulle nostre abitudini di consumo al fine di poter creare strategie di marketing personalizzate. La vendita e l'utilizzo di informazioni riservate per fini commerciali rischia di allargare il distacco tra ricchi e poveri: "i poveri dovranno barattare il loro accesso alle reti, accettando di essere esposti al messaggio pubblicitario dopo aver venduto le proprie informazioni personali".
- L'iperrealismo. Ha a che fare con la sostituzione di una realtà virtuale al mondo reale. Scrive Rheingold "Gli esponenti più radicali della scuola iperrealista accusano le meraviglie delle tecnologie comunicative di occultare la scomparsa e la sostituzione dell'autentica democrazia (e di tutto ciò che un tempo era autentico, dalla natura alle relazioni umane) con una sua versione simulata, commerciale."
"I membri delle comunità virtuali pagano la possibilità di comunicare tra di loro con incessanti dubbi sulla realtà della cultura telematica. Più la tecnologia rende realistiche le illusioni, più diventa acuta la necessità di mettere continuamente in discussione la realtà." Non posso avere la sicurezza dell'identità dell'interlocutore, ne delle sue caratteristiche. I suoi discorsi sono mediati e filtrati attraverso il computer: la distanza tra le parole e chi le pronuncia è sempre maggiore.
Scrive Talbott [27]:
Io non converso con una persona, ma con altre parole prodotte da un meccanismo vago su cui non so nulla di preciso. queste parole originano certamente da un essere umano, ma sono state sottoposte ad un processo meccanico-organizzativo che le ha rese semplici, estremamente logiche.
Il formarsi di una interfaccia tecnologica nei rapporti tra le persone, permette di sentire meno la responsabilità personale e moltiplica la tendenza alla superficialità e all'esteriorità già presenti nella società moderna. Gli elementi della vita reale hanno solamente la propria ombra proiettata in rete:
Il superficiale sostituisce il profondo: testo invece di parole, elaborazione di testi invece del pensiero, informazione al posto del significato, connettività invece di comunità, procedure algoritmiche invece di comportamento umano, immagini invece di esperienza di vita.
Per capire questa ambivalenza delle tecnologie informatiche è necessario aver presente la natura dei computer. A differenza di altre tecnologie, essi sono delle macchine universali sono straordinariamente flessibili, potendo emulare virtualmente qualsiasi altro strumento (dalla macchina da scrivere, al giornale, alla posta, alla calcolatrice) oltre che fenomeni naturali e fisici (come un terremoto od una esplosione atomica). Essi si sono rapidamente evoluti dalla loro funzione originaria, che era quella di eseguire calcoli complessi (oggi non più molto sfruttata) fino alla funzione di sostituire gran parte degli strumenti utilizzati dall'uomo, cambiando radicalmente l'interfaccia uomo-macchina. Comprendere i computer significa spesso adattare la natura dell'uomo alla natura binaria della macchina. E' incerto se la maggior facilità d'uso che hanno acquisito negli ultimi anni sia dovuto ad un'evoluzione dell'interfaccia utente verso la mentalità umana o viceversa.
A questa loro flessibilità è probabilmente dovuto la quantità di utilizzi diversi e contrastanti a cui possono essere soggetti. Talbott individua quattro paradossi riguardo ai computer e all'uso delle reti:
- Il paradosso della centralizzazione e dell'autorità distribuita. La rete è uno strumento per la democrazia e la decentralizzazione. In essa regna l'anarchia, chiunque è libero di pubblicare informazioni e discutere. La censura può essere facilmente aggirata. Nello stesso tempo son presenti i timori di un grande fratello che controlla le comunicazioni, sia esso un governo oppressivo o una grande impresa.
- Il paradosso dell'intelligenza e della patologia. La rete ci porta un'enorme quantità di informazioni: essa è un grande deposito di dati e informazioni razionalmente ordinate in un database universale. Ma oltre a ciò abbiamo un grande campionario di comportamenti irrazionali, di informazioni errate, di contenuto moralmente discutibile quando non criminale, di pettegolezzi e così via.
- Il paradosso del potere e dell'impotenza. La potenza di calcolo che i computer ci mettono a disposizione ci permette cose fino a prima inimmaginabili. Nello stesso tempo siamo sempre più legati alla tecnologia ed incapaci di farne a meno. Il nostro futuro è guidato dall'evoluzione della tecnologia.
- Il paradosso della distanza e dell'immediatezza. Attraverso la rete interagiamo col mondo esterno attraverso la mediazione dello schermo del computer, senza aver nessun contatto col mondo sottostante.
Possiamo entrare in contatto con persone che vivono ad una grande distanza, avendo la falsa sensazione della presenza fisica che in molti casi non può essere sostituita. Il confine tra realtà e simulazione non è chiaro, come scrive Colombo: "La vita nel computer non è fisica ma non è simulazione. Quando usando il computer entri in rete sei al di là della semplice prestazione della macchina. E tutto ciò che avviene, pur non essendo fisico, non è simulato, avviene davvero".
Cercare di differenziare gli aspetti positivi da quelli negativi, non è semplice. Non credo sia possibile distinguerli chiaramente, essi sono il frutto dello stesso processo di evoluzione tecnologica. Non si tratta di scegliere dei percorsi alternativi: i vari effetti positivi e quelli collaterali sono inscindibili. E' importante essere coscienti delle influenze negative che tale tecnologia ha, senza credere che essa rappresenti la soluzione a tutti i nostri problemi.
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1999-10-19