Il 1924 è un anno di svolta nella storia della psicoanalisi. Rank pubblica Il Trauma della nascita e tra polemiche e conflitti con Freud e gli psicoanalisti ortodossi, Jones e Abraham su tutti, inizia un viaggio di rinascita che lo porta a se stesso, a Parigi, ad Anais Nin e infine negli Stati Uniti.

Nei suoi mercoledì trascorsi tra i dibattiti della società psicoanalitica di Vienna Rank, che ne trascrive i verbali, ha iniziato a combattere, all'inizio senza saperlo forse, la propria guerra privata, sotterranea, invisibile con la psicoanalisi. Con e contro la psicoanalisi. Con e contro Freud. Fin dall’inizio ha tentato, Rank, inseguendo la propria nascita, l’uscita dalla psicoanalisi.

Di tale tentativo fanno fede le affermazioni rese intorno al tema del viaggio. «Per molti poeti» osserva Rank in occasione dell'incontro del 6 febbraio 1907 «incomincia con il viaggio (fuga) la loro professione di poeti». Si noti la messa fra parentesi. Perché Rank parla di viaggio/(fuga)? Forse perché intende per fuga la cifra nevrotica? O, forse, la messa fra parentesi significa la fuga di Rank dalla psicoanalisi, e cioè la messa fra parentesi della psicoanalisi, del suo linguaggio, della sua menzogna? Là dove si tratta di viaggio, la psicoanalisi intende la fuga.

Si tratta qui di notazioni che vanno lette in prospettiva. Non soltanto nell'ottica del ripudio del linguaggio della psicoanalisi, ma in quella, personale, dell'individuazione di Rank e, in termini più concreti, del suo viaggio alla volta degli Stati Uniti, viaggio mal visto dall'establishment psicoanalitico, Freud in testa. Non è casuale che Rank riporti l'assunto freudiano secondo cui la difesa costituirebbe il correlato psichico della fuga.

Che Rank, parlando di viaggio, tocchi note personali, intime lo si comprende bene dal prosieguo del suo intervento, là dove viaggio e fuga vengono ritradotti come emancipazione dalla famiglia e non sola da essa. Non è in gioco soltanto, specifica Rank adducendo l'esempio di Shakespeare (che è poi l'autore più citato da Freud), l'emancipazione da madre, padre, fratelli e sorelle, è anche in gioco l'emancipazione dalla moglie e dal figlio.

La questione va anche rivista alla luce di quanto Rank afferma nello studio sul mito della nascita dell'eroe, là dove commenta l'adagio evangelico «nemo propheta in patria», e in relazione alla nozione freudiana di romanzo familiare. Il romanzo familiare del nevrotico non contempla l'idea del viaggio. Non viene in sostanza abbandonata dal nevrotico la sua vita psichica infantile. Non c'è viaggio dalla famiglia. Il nevrotico non abbandona il proprio rimanere figlio. Il profeta, sostiene deciso Rank, deve abbandonare genitori, fratelli, compagni d'infanzia.

Il profeta, l'eroe, Rank, deve abbandonare la propria famiglia. Come nasce l'eroe? Anzi, come rinasce Rank? Viaggiando, abbandonando e, anche, perdendo.

Rank ritorna più volte sul tema, più volte legandolo a quello dell'artista. Il 30 novembre 1910 è la volta di Stendhal, la cui spinta a lasciare la città natìa si ràdica, come egli stesso confessò, nell'odio per il padre. La scelta di Milano come luogo di residenza favorito, dopo una serie di viaggi e vagabondaggi attraverso l'Europa, era dovuto, sostiene Rank, al fatto che la madre era italiana. D'altra parte la connessione che viene a stabilirsi tra viaggio/fuga e romanzo familiare si rispecchia in una connessione ulteriore e insistita di Rank, la connessione tra romanzo familiare e figura dell'assassino (7 dicembre 1910, 12, 19 marzo 1913).

Interessante è notare in che modo, in occasione dell'incontro del 12 marzo 1913, il relatore, Tausk, riferisca in merito alla questione del padre. Si tratta di un riferire che va letto da una parte nell'ottica del destino suicida di quest'uomo, che Freud si è rifiutato di analizzare, e d'altro nella prospettiva presumibilmente identificatoria di Rank, che ne verbalizza le posizioni o, comunque, in quella di una connessione stretta con la tematica emancipatoria. Nelle parole di Tausk il complesso paterno è a un tempo veicolo e contenuto della nevrosi. Di converso un grande uomo è quello che ha superato il padre. Analogamente, connessa col complesso paterno è la tematica narcisistica «nella misura in cui la liberazione del figlio è la risultante di una identificazione riuscita con il padre».

Il motivo del viaggio, dunque, oltre a sposare quello dell'emancipazione dell’eroe/figlio dal padre, comporta la necessità dell'uccisione. Si tratta qui, ovviamente, di un motivo che si lega a quello di una terapia della rinascita. Rank è analista la cui arte senza tèchne consiste nell'aiutare nascite. Rinascere comporta però l'aver ucciso. Quando Jung, riprendendo l'assunto da Goethe e applicandolo al trattamento analitico, scrive che la natura pretende la morte, sta affermando qualcosa di analogo. In analisi si procurano molte morti in cambio di dolorose rinascite. E non può dirsi analisi quella in cui non è consentito di sperimentare la morte.