“La crisi finanziaria che si è sviluppata negli USA si è andata estendendo rapidamente all’Europa, al Giappone, influenzando negativamente anche gli equilibri delle economie dei paesi asiatici emergenti e della Russia. Le cause delle sue origini, gli sviluppi e le dimensioni che ha assunto, le implicazioni che può avere nelle linee di sviluppo del sistema capitalistico occidentale richiedono una approfondita ricerca di comprensione, al di là delle misure necessarie per parare nell’immediato alle conseguenze più negative, specie per le classi economicamente più vulnerabili delle popolazioni di quei paesi.
Alla base dello sconquasso partito dal sistema finanziario degli Usa, e che coinvolge ampie quote del sistema bancario, vi è il lungo periodo di pure speculazioni che lo hanno caratterizzato nelle forme più spregiudicate ed incontrollate. Si è trattato di un sistema che sembra essersi sviluppato quasi indipendentemente e parallelamente al circuito dell’economia reale In effetti non è così e l’aspetto merita di essere approfondito. Un fatto è certo, ed è accaduto anche in Italia, su dette speculazioni sono stati deviati ingenti risorse finanziarie da parte di settori del sistema industriale che tradizionalmente sarebbero state destinate all’investimento produttivo.
Il fenomeno è stato assecondato da una politica monetaria permissiva, con bassi tassi di interesse ufficiali (FED e Greenspan) e in un contesto di totale mancanza di regole dirette alla difesa dei risparmiatori e dell’interesse collettivo. Il tutto ispirato e incoraggiato da una ferrea fedeltà alla sacralità del mercato come il luogo in cui si esprime al pieno l’intraprendenza dell’uomo libero. Trattasi del cosiddetto neoliberismo di economisti, esperti, politici, e autorità di governo, da Thatcher e Reagan in poi, i quali paradossalmente, ma non troppo, si sono ora convertiti (gli americani con risultanza fino all’ultimo) all’intervento pubblico per salvare lo sfascio cui ha portato l’insieme del loro interessato teorema.
La serietà della situazione che è venuta a determinarsi è aggravata dalla concorrenza di altri enormi problemi globali che con detta situazione in qualche modo sono connessi in un groviglio di cause ed effetti (altro punto che richiede approfondimenti da sottolineare):
- la tendenza recessiva delle economie occidentali, già in atto, in un contesto di redistribuzione mondiale del lavoro e dello sviluppo, a fronte dei travolgenti tassi di sviluppo delle economie asiatiche (ma non solo)
- l’aggravarsi delle crisi energetica e delle altre risorse fondamentali (alimenti, acqua, ecc.)
- il deterioramento climatico, malamente contrastato.
Altro paradosso, altro angosciante interrogativo: per sostenere, giustamente, le categorie più esposte della popolazione saremo costretti ancora una volta a dire di sì a misure di emergenza, di pura difesa quindi, ritrovandoci nella eterna situazione di rinviare le richieste di modifiche radicali dei modelli attuali di sviluppo o è ipotizzabile, data la situazione degli schieramenti sociali in campo, prendere spunto da queste vicende per costruire con maggior forza proprio alla luce degli avvenimenti sopra descrittiva costruzione di un fronte politico-culturale diretto a riprendere quelle rivendicazioni radicali?
Intanto, la richiesta minima dovrebbe essere: se per gli interventi immediati devono essere prelevate risorse pubbliche e quest’ultime vanno a depauperare gli stanziamenti già destinati ad investimenti e servizi pubblici a tutto ciò deve precedere a) una politica fiscale mirata ad una redistribuzione equa dei redditi, differenziatisi scandalosamente a danno di quelli più contenuti; b) misure di sostegno dell’occupazione e dell’innovazione tecnologica; c) opere pubbliche in infrastrutture; d) in definitiva, impostazione del bilancio pubblico in cui, complessivamente, non sia più solo prioritaria la difesa dall’inflazione, ma quest’ultima istanza vada coniugata con le esigenze dello sviluppo di base (la richiesta è stata fatta pure dal governo Berlusconi, ma verosimilmente per mire di stampo populistico e, nella sostanza, per lasciar più mano libera alle categorie imprenditoriali)