di Angelica Alemanno

 

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Camilla Mazzitelli: precaria di Mamma Rai, combatte con entusiasmo le contraddizioni del mondo globale e cerca con ironia e saggezza la complicitá dell´universo femminile

 

Si chiama Camilla. Questo nome non lo cambierebbe per nessun motivo al mondo. Da piccola voleva chiamarsi Sara, ma sbagliava….questo nome le appartiene più di qualsiasi cosa, ha un che di doppio e di tondo. Doppia, infatti, è anche la sua natura di Gemelli, sempre alla ricerca dell’essere e di chi essere, sempre in bilico tra l’artista e l’ impiegata.

Lavora da 11 anni come precaria in Rai: si occupa di ricerche di repertorio, una specie di topo da videoteca. Invece di leggere, guarda. È attenta alle cose belle, a ciò che può significare qualcosa, e in questo modo si guadagna da vivere.  

Parlami di questa immagine che hai scelto, dimmi perché ti rappresenta.

 

Perché ho scelto questa immagine? Bè innanzi tutto perchè quel muro l’ho colorato con le mie mani, ed era il mio muro, la mia difficoltà, quello che ho sempre voluto abbattere e quello che ho sempre voluto costruire. Il MURO. Poi l’ho scritto ricopiando un pensiero Buddista che tintinnava nella mia anima risuonando vibrante e potente…

In questa frase c’è la TERRA  comincia con “se semini”. Noi siamo terra, noi siamo donne, a noi il compito di accogliere il seme e farlo germogliare.

“se semini un pensiero, nasce un’azione;

se semini un’azione nasce un’abitudine;

se semini un’abitudine, nasce un carattere;

se semini un carattere nasce un destino”

A ogni donna il compito di costruirsi il proprio destino, con le proprie mani, guardando in faccia i propri muri e le proprie difficoltà! 

Come sei capitata in Rai?

 

Per caso! O per destino!? In fondo nello stesso modo in cui sono stata concepita. Tu non ci crederai ma ho sempre assecondato il “flusso”, raramente ho remato contro corrente e quando l’ho fatto…la mia vita si è sempre ingarbugliata.

Il mio lavoro, forse, dopo 11 anni ….lo eviterei volentieri…non sono per le cose che durano troppo..

 

Quali altre attività alternative sono invece un valido stimolo?

 

Mi concentrerei di più sul teatro e il cinema...sulla scrittura... e il Reiki

 

Come si caratterizza il tuo reddito, gli introiti che ti consentono di sopravvivere?

 

Bè bisogna pur mangiare!!! In fondo non stiamo parlando della Tyssen Kroup…ma della Rai, tutto sommato non metto un timbro su una busta…e non muoio bruciata in una fabbrica. Mi ritengo fortunata. La Rai mi ha permesso di diventare “grande” prestissimo, di potermi mantenere, di poter affittare una casetta, e oggi come oggi...

 

Quanto pensi che conti l´indipendenza economica, che valore ha per te il denaro?

 

E’ un tema che ho sempre sentito con prepotenza nella mia vita, l’indipendenza.

Il denaro non è lo sterco del Diavolo e non è Dio…è un mezzo che ci permette di realizzare e che ripaga il nostro tempo, le nostre energie, così perlomeno lo intendo io, non ne ho mai avuto tanto, anzi, ma mi ha reso indipendente da mio padre prestissimo, poi col passare del tempo mi sono resa conto che essere indipendenti significava anche guarire da vecchie ferite e poter vivere in libertà la propria condizione, arrivare a perdonare in alcuni casi, e in altri poter dire “addio” senza voltarsi indietro …non so se mi sono spiegata…

 

Quale elemento differenzia la tua azione professionale/artistica come donna rispetto all´universo maschile? Cosa credi di dover fare di diverso (in piú o in meno) rispetto a un uomo?

 

Uno psichiatra una volta diceva…. “Oggi, la donna è malata, ma l’uomo è doppiamente malato perché si appoggia ancora alla donna malata”, ironia della sorte…cambiamo tutto per non cambiare nulla e ci troviamo così schiacciate in una società che continua subdola a sfruttarci. Come donna che cerca di essere sana, cerco continuamente di responsabilizzare tutte le persone con cui lavoro, sempre, in ufficio, in teatro, su un set. I ruoli sono fondamentali, specialmente nella creazione di qualcosa, bisogna essere forti e determinate, solo così si può partorire qualcosa, e noi donne lo sappiamo bene. É per questo che siamo organizzatrici perfette, mettiamo a posto tutto…

Questa è la nostra diversità e loro (gli uomini) lo sanno benissimo, e ci temono ancora e forse anche di più.

 

Che mi dici della scalata verso una completa emancipazione?

 

Siamo ancora a “carissimo amico”…

 

Scusa ma penso che le donne debbano rivedere un po’ di cose…hanno perso molto del loro smalto, e non parlo delle unghie. Dobbiamo ritrovare la nostra femminilità, il nostro valore femmineo che abbiamo lentamente fatto scivolare nel dimenticatoio di queste nostre vite accelerate. Non voglio parlare per luoghi comuni, ma penso che dobbiamo necessariamente ritrovare un ruolo nella società che sia nostro, ogni genere ha le sue peculiarità, io voglio portare la mia differenza di donna nella società e non voglio essere o sentirmi uguale agli uomini, io non sono un uomo! 

In questa immagine ti vediamo sul palcoscenico nell´atto di interpretare un ruolo. Ci racconti perché ritieni che questa foto dica molto di te?

 

Forse Cecov troverebbe parole migliori… un momento magico: il teatro, dove il più delle volte esce la vera natura dell’essere umano, questa foto sono io, con tutta la mia forza e tutta la mia fragilità, sono io che sfido il mondo, sono io che lascio che il mondo crei un giudizio su di me, sul mio operato. Sono io che scanso i lembi del sipario e mi butto nell’arena. Sono io coraggiosa, che non scappa, sono io con le mie fughe da me stessa…

    

Quale credi sia il valore aggiunto della tua esperienza femminile rispetto a un uomo che fa la tua stessa attività?

 

Beh, premesso che stai parlando con una donna che ha una spiccata parte maschile, con cui combatte giornalmente e fa pace raramente (ride, nda), penso che il valore aggiunto sia un miscuglio di attenzione, determinazione, energia ed entusiasmo, sì ENTUSIASMO nel senso etimologico del termine, noi le cose le facciamo “con Dio” con la nostra parte divina e intuitiva….! L’uomo parte solo quando noi gli diamo lo stimolo giusto. È una questione naturale e di ruoli, e non ci trovo nulla di male se c’è coscienza e rispetto.

 

Puoi suggerire un antidoto alla crisi economica globale?

 

Mi chiedi un antidoto, parlerei più di pozione, la crisi non è oggi e lo sappiamo tutti e tutte, quando manca equilibrio e moderazione nelle nostre vite, come pretendiamo che ci sia  nel mondo? Siamo miopi e abbiamo creato un mondo miope incapace di mettere a fuoco le verità. Sono per un mondo reale, dove ci sia un economia reale, dove le cose che contano sono il cibo sano e gli affetti sani. Tuttavia affinché questo si realizzi, deve essere compiuto da uomini e donne sane psicologicamente e spiritualmente, io lavorerei su questo. L’equilibrio!

Vedo ancora gli Stati spendere soldi per sanare la crisi del mondo dell’automobile….macchine che costano 30.000, 60.000 euro con 300 cavalli di potenza….quando il limite di velocità in città è 60/80 all’ora! Che diamine: costruiscono oggetti che non servono a nulla. Io non vedo equilibrio in tutto questo e nemmeno guarigione.

 

Dalle tue parole emerge nettamente una idea di umanità “da guarire”, in un certo senso. Parlarmi di qualche legge che ti ha colpito (in negative o in positivo) di un altro paese e che si differenzia dalla legislazione italiana. Parlami di un paese piú vicino alla guarigione di cui parli.

 

Visto che sono entrata a gamba tesa sul concetto di società sana e società malata, vorrei parlare di un paese nostro vicino che mi ha colpito tantissimo: la Francia.

La Francia pone un’attenzione fuori dal comune alle donne, tutela innanzi tutto la loro possibilità di procreare, si preoccupa degli asili creando spazi condominiali, tate di quartiere.  La Francia è un paese che, a modo suo, pensa a noi donne e pensa al domani: noi partoriamo bambini? A noi il compito di creare quest’umanità del futuro? Allora venendo incontro a Noi, la Francia, non si limita a risolvere i problemi dell’oggi, ma soprattutto del domani. Cerca di creare una società equilibrata, assistendo le famiglie -e non solo quelle che credono in “Dio” ma tutte- anche quelle donne che da sole sono una famiglia...

A Parigi prima si crea una metropolitana e poi sopra ci si costruisce un quartiere residenziale. In Italia prima si danno le concessioni edilizie a Caltagirone e poi…

 

Hai mai subito una qualche forma di violenza in famiglia o sul lavoro da parte di un uomo? Se te la senti prova a raccontarci la tua esperienza.

 

Si….ma questo non fa la differenza, anzi purtroppo fa ancora parte della nostra storia di donne.

 

Per finire ti chiedo una breve riflessione sulla condizione femminile nel tuo mondo, quello a te piú prossimo.

 

Oggi più che mai sento l’esigenza di avere un ruolo e che il mio ruolo di donna venga riconosciuto e rispettato, sento che le donne hanno perso il loro riferimento e la loro magia.

 

In che senso “hanno perso il loro riferimento”?

 

Non ci sono più donne che insegnano ad altre donne. Abbiamo perso il legame con la tradizione e non abbiamo la forza di creare del nuovo, del diverso, un pensiero altro che ci possa sostenere, alimentare, proteggere e curare.

Le donne vivono di creatività e tutto quello che impedisce loro di correre libere coi lupi è il non riconoscersi più le une con le altre, non sono più solidali e sorelle, ognuna di noi combatte una battaglia privata e spesso sterile, ognuna di noi focalizza gli anni più importanti della propria vita alla ricerca di conferme, spesso legate alla carriera, al potere e alla propria condizione economica, donne per lo più cieche perchè quei riconoscimenti vengono quasi sempre da un mondo maschile spesso ostile.

La donna deve trovare quel coraggio e quella fantasia per cambiare le cose e ritrovare l’armonia con l’uomo che lei stessa ha partorito e educato!

 

Qui mi sembri tirare in ballo il concetto di Famiglia. In che modo ne vedi una possibile oggi? Puoi tracciarmi un modello (nuovo, vecchio, immaginario) per te valido oggi?

 

La famiglia è moltissimo: è il modello di società e di comportamento che esporterai all’esterno, è la fucina delle tue idee più oneste e concrete, è un miscuglio di dolori, perdite, pentimenti e amore incondizionato. La famiglia crea lo strato emozionale e più profondo della persona. E’ il nocciolo della questione.

Non bisogna essere tradizionali nel senso “cattolico” del termine, ma bisogna essere uomini e donne capaci di trasferire affetto, amore, sensibilità, senza paura di sbagliare, essere individui che compiono un tratto di strada, più o meno lungo, riconoscendo i limiti dell’uno e dell’altra. Questa è la famiglia che voglio e questa è la famiglia che sto creando.

(Delt@ Anno VII, N 89 del 27 aprile 2009)                    di Angelica Alemanno