Isolde, educatrice alla Scuola Germanica di Roma, donne in bilico tra sentimenti e razionalità
Isolde ha 48 anni, é
tedesca e vive in Italia da 20 anni. È divorziata e ha un figlio di 16
anni. Lavora come maestra d’asilo alla Scuola Germanica di Roma.
Isolde ha scelto il
bellissimo quadro “L’albero della vita” di Gustav Klimt.
In un periodo molto
difficile della sua vita ha cercato aiuto presso un consultorio da una
psicologa. Nella stanza c’era il quadro di questo albero e lo vedeva
tutte le volte in ogni seduta. La “terapia” le ha dato la forza di
prendere una decisione importante per uscire fuori da una situazione
molto difficile. Questo albero l´ha accompagnata in un percorso
interiore ed era come un punto fermo, un segno di forza. Questa immagine
è fiorita dentro di lei, assieme a lei.
Come hai deciso di
lavorare con i bambini? Gia da ragazza, a 15
anni ero sicura di voler lavorare nel sociale, e a 17 anni ho fatto il
tirocinio alla scuola materna del mio paese. Dopo 3 anni di scuola per
pedagogia ho lavorato per tanti anni in un istituto per ragazzi
cosiddetti “orfani sociali”. Quando mi sono
trasferita ha Roma, ho avuto la possibilità di lavorare all’asilo della
Scuola Germanica. Ormai sono lì da 20 anni.
Quali sono le altre
attività quotidiane che ti occupano tempo durante la giornata/nottata e
che vorresti evitare? Sono le pulizie di casa
che vorrei evitare! Se potessi credo che assumerei di certo qualcuno che
lo facesse per me.
Quali altre attività
alternative sono invece un valido stimolo (o una degna alternativa) alla
tua occupazione principale? Mi piace passare il
tempo libero con il mio compagno (non conviviamo), andare al cinema,
visitare bei posti fuori e dentro Roma, andare in palestra (in
particolare il pilates), leggere, fare maglia, fare trekking, passare
una serata con le mie amiche a chiacchierare…
Come si caratterizza il tuo reddito, gli introiti che ti consentono di sopravvivere? Il mio stipendio mi
permette una vita “normale” senza troppi sprechi, ma neanche cosi che
devo girare ogni centesimo. Ho un lavoro in più nel pomeriggio che mi
permette di farmi ogni tanto una vacanza, oppure mi da la possibilità di
pagare lezioni di tennis a mio figlio. Ho scelto di vivere fuori Roma
per evitare di spendere metà dello stipendio nell´affitto.
Quanto pensi che
conti l´indipendenza economica per un’effettiva indipendenza
emotivo-psicologica come individuo nella societá? Per me l’indipendenza
economica é fondamentale e non vorrei mai trovarmi nella situazione di
chiedere al mio partner i soldi per comprarmi una qualunque cosa. L’indipendenza
economica mi ha dato inoltre la possibilità di uscire da un matrimonio
che mi ha fatto soffrire tanto.
Quale elemento
differenzia la tua azione di educatrice donna rispetto all´universo
maschile? Cosa credi di dover fare di
diverso
(in piú o in meno) rispetto a un uomo? Purtroppo il mio lavoro
di maestra alla scuola materna è dominato solo da donne.
Dico purtroppo solo perché forse, questo che è uno
dei lavori di piú grande responsabilitá per la collettività (l´accompagnare
l´infanzia di un individuo n.d.a. )
Tuttavia non è molto riconosciuto nella società perché sembra che noi
“giochiamo solo con i bambini”. Se in quest’ambiente di lavoro ci
fossero degli uomini, educatori maschi, il nostro lavoro sarebbe
certamente più riconosciuto (anche
economicamente, n.d.a.), nella sua
fondamentale importanza per i ragazzi e per gli adulti che saranno.
Come pensi si debba
relazionare, oggi, la donna al mondo del lavoro, e come credi che sia
cambiato il “valore-lavoro” rispetto alla generazione precedente?
La donna di oggi si definisce sempre di meno in
relazione l’uomo che ha accanto e spesso,
anche
se vive in una relazione, è indipendente. In più i rapporti a due e
all´interno delle stesse famiglie, sono sempre più fragili. Allora, in
confronto alla generazione precedente, credo di poter dire che il lavoro
è fondamentale per una donna, specialmente perché l´essere sposata non è
più l’unico obbiettivo della vita.
Puoi suggerire un
antidoto alla crisi economica globale? Non credo! Ma un po’
penso che sia la “punizione” per gli stati industriali che hanno
dimenticato e messo da parte il grande resto del terzo mondo. Forse la
crisi può aiutarci a riflettere in quanto stiamo veramente bene. E forse
può motivarci infondendo quel senso di altruismo che altro non è se non
dare aiuto agli altri.
Parlaci della
Germania, il tuo paese d´origine: come viene gestita la maternità dal
punto di vista legislativo? So che in Germania le
donne hanno il diritto di stare 3 anni a casa per far crescere i figli.
Secondo redito c’è anche un aiuto economico da parte dello stato (“Elterngeld”-soldi
per il genitore che rimane a casa e il “Kindergeld”-cifra fissa mensile
per ogni bambino indipendemente dal reddito). Fino pochi anni fa era
“normale” che una donna si prendeva 3 anni. Chi non lo faceva era quasi
visto male dalla società. In più non c’erano abbastanza posti per il
nido. La ministra della famiglia Ursula von der Leyen (madre di 7 figli)
sta combattendo per il diritto di scelta per la donna (lavoro o
famiglia) cercando di prevenire ogni discriminazione in un senso o
nell´altro, anche qualora dovesse –per scelta- scegliere di tornare a
lavorare prima dei 3 anni.
Quale realtà di
genere del mondo contemporaneo ti colpisce particolarmente? Il fatto che per
esempio in diversi parti della Turchia le donne sono ancora costrette a
sposarsi contro la loro volontà e libera scelta. E se contraddicono il
marito, vengono punite in pubblico, oppure abbandonate dalla famiglia.
Hai mai subito una
qualche forma di violenza in famiglia o sul lavoro da parte di un uomo?
Se te la senti prova a raccontarci la tua esperienza. Nel mio matrimonio ho
vissuto e subito violenza psicologica da parte di mio marito. Lui non
riusciva ad accettare il mio modo diverso di pensare e vivere. Questa
diversità dei nostri caratteri si era verificato non dall’inizio, ma
quando lui aveva capito che io non rispecchiavo quello che lui si era
aspettato, ha cominciato costringermi di cambiare in quella che lui
voleva. Per anni ho cercato di adattarmi per mantenere una famiglia
“intatta”, per mio figlio, ma finivo per non essere più me stessa.
Quando poi ho iniziato a “essere sempre più me stessa” l’unica via
d’uscita era la separazione, che mi ha creato da parte sua umiliazione e
grande disprezzo. Purtroppo anche in presenza di mio figlio, che allora
aveva appena 7 anni.
Per finire ti
chiedo una breve riflessione sulla condizione femminile nel
tuo mondo, quello a te più prossimo.
Tracciane un breve profilo descrivendo limiti, vantaggi e prospettive
future da te auspicate.
Vedo al mio lavoro
donne realizzate, ma anche un certo limite rispetto alla loro ambizione
di fare “carriera”. Chi vive da sola deve cercare un lavoro in più per
assicurarsi di arrivare alla fine mese, è difficile concentrarsi per
un’evoluzione del proprio primo lavoro. C’è molta solidarietà tra le
colleghe ma qualche volta mancano gli elementi maschili che potrebbero
portare un po´ più di obiettività nelle questioni di lavoro. Vedo che
certe volte affrontiamo le cose con troppa emotività invece di essere
piú razionale. Penso che oggi siamo
tutte donne realizzate e indipendenti ma qualche volta anche sottomesse
ai sentimenti che ci potrebbero portare a dipendere da uomini che
potrebbero anche farci del male. Credo che qui sia molto importante
l’amicizia tra noi donne a dare suggerimenti e aiuto per capire meglio i
meccanismi nel rapporto con gli uomini.
Che senso ha
per te
Il senso della famiglia
sta -secondo me- nel far crescere i figli in un ambiente sano. Questo
richiede genitori che si vogliano bene, che abbiano gli stessi diritti,
che si dividano i compiti per la famiglia, che riescano a coltivare una
vita sociale e molti interessi in comune. L’indipendenza economica di
tutti e due, il rispetto reciproco e il diritto di uno spazio personale,
secondo me aiuto a consolidare un rapporto che sia duraturo e che non
inceppi nella routine. |