di Angelica Alemanno

 

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CARLA CANTATORE, artista metafisica, generazione di “single” impegnate

 

(Roma) Carla Cantatore, vive e lavora a Roma, quartiere Monteverde, con studio in via delle Fornaci, a due passi dal “cupolone”. Nata a Genova ha però sangue piemontese al 100%; ha studiato e vissuto a Napoli e da trenta e più anni vive a Roma. Insomma, questa Gemelli ascendente Pesci si definisce una donna del Nord-Centro-Sud.

Parlaci dell´immagine che hai scelto, dicci perché ti rappresenta.

Mi sento sempre come un’equilibrista, sempre tra mille cose diverse tra loro, gli affetti, il lavoro e… mantenendo il mio “equilibrio emotivo” sempre, perché non serve solo a me, ma anche agli altri che ho intorno.

  

Come hai deciso di occuparti principalmente di arte? Come è nata la tua passione, come hai coltivato questa tua abilità?

 

E’ l’arte che ha deciso di occuparsi di me. Sono nata con le matite e i pennelli in mano, ho studiato prima privatamente, da ragazzina, perché non potevo andare al Liceo Artistico (considerato inadatto alle ragazze per bene) e poi appena possibile alla Scuola d’Arte e Scuola del nudo dell’Accademia. Ho fatto cinque anni di pittura e tre di incisione – posso stampare le mie lastre col torchio a mano. Ho avuto anche momenti di crisi, in cui mi sembrava di non saper fare niente …. Ma poi passa.

 

Il tuo spunto espressivo sembra attingere a piene mani dalla tradizione pittorica metafisica, perché?

 

So perfettamente rappresentare “quello che si vede”, ma preferisco immaginare altro e poi rappresentarlo per far vedere a me stessa e agli altri quello che ho pensato io. Credo che si possa chiamare metafisica, per me è racconto/poesia/fotografia della mente. La mia passione sono H.Bosch, Bruegel e Cosmè Tura, anche altri, naturalmente, ma i primi due sono la mia passione. Pensa che al Prado cercavo disperatamente Bosch e non l´ho trovavo (non avevo capito che le frecce con scritto “El Bosco” indicavano lui) mi sono auto-assolta perché ho studiato solo inglese e francese.

 

Quali sono le attività quotidiane che ti occupano tempo durante la giornata/nottata e che vorresti evitare?

 

Tutte e nessuna. Non sopporto solo la cattiveria e la volgarità. Allora vorrei evitare tutte le cose che mi vengono imposte/proposte se dentro c’è qualcosa di sgradevole in quel senso. Di solito, qualsiasi cosa io debba fare, cerco di metterci sempre il meglio di me, e non mi pesa, mi pesa solo nel momento in cui mi si costringe con “il ricatto affettivo” o con la prepotenza, ecco perché non c’è una cosa precisa, ma solo condizioni diverse che possono rendere la stessa cosa sgradevole.

 

So che ti occupi molto di politica e che sei attiva nella promozione del Partito Democratico, con incontri e feste nella tua stessa casa. Si tratta di un valido stimolo alla tua occupazione principale di artista, o si tratta di un altro lato della tua personalitá? Oppure, piú semplicemente, si tratta di spirito civico?

 

Alt, alt, alt!!!! Mi sono sempre occupata di politica, come militante, ma sempre avendo in mente una “buona causa”: l’arte, i diritti delle donne, i diritti dei disabili, la laicità della scuola e delle istituzioni, e l’ho fatto sia da “cane sciolto” che in un partito – che non ho mai cambiato – fino ai DS. Non posso aderire a un partito che non so bene cosa sia, e finché non lo saprò…. Ciò non toglie che ci sono molte donne e uomini che stimo e a cui voglio bene, nel PD. Per ora l’ho votato e fatto votare e basta. Attualmente milito nell’UDI di cui sono una “dirigente”, tanto per darmi delle arie. Diciamo spirito civico?

 

Come si caratterizza il tuo reddito, gli introiti che ti consentono di sopravvivere?

 

Dolente nota. Vivo con l’assegno del mio ex-marito. Di quadri non se ne vendono tanti, e di questi tempi è proprio tragica. E’ tipica la scenetta “ma che bello questo quadro” e poi “troppo caro …ci penserò”. Ma finché avrò i soldi per comprarmi, ogni tanto, le rose, magari sul carrettino, mi sentirò ricca.

 

Quanto pensi che conti l´indipendenza economica da un marito per un’effettiva indipendenza emotivo-psicologica e sociale? Quanto ti pesa il dipendere economicamente da un uomo?

 

Da un lato mi pesa molto, dall’altro so che ho contribuito con molto “lavoro non retribuito” a mantenere quel reddito di cui ho usufruito. Certo, se potessi vivere della mia pittura, sarei molto più soddisfatta e orgogliosa di me.

L’indipendenza sociale ha bisogno di danaro, quale che sia la fonte. Quella psicologica-emotiva o ce l’hai o non c’è ricchezza che te la possa dare. Pensiero e i sentimenti possono interagire solo con altri pensieri e sentimenti. Almeno per me.

 

Quale elemento differenzia la tua azione artistica come donna rispetto all´universo maschile? Cosa credi di dover (o poter) fare di diverso rispetto ad un uomo?

 

Non devo fare niente di così diverso, non mi sento diversa dai colleghi uomini, tra i quali ce n’è sono un paio che stimo e apprezzo molto. Piuttosto l’espressione, per quanto mi riguarda, ha una differenza enorme.

Io so cosa sono la gestazione e il parto, e l’opera d’arte è come un figlio, nasce dal corpo, dal cuore, dal cervello. Per gli uomini può nascere da quest’ultimo e, a volte, dal cuore. Ma la sensazione di “orgasmo” e intendo proprio quello, che provo quando vedo che sono riuscita a partorire quello che avevo in gestazione proprio come lo avevo pensato, credo sia solo femminile. Almeno per me.

 

 

Quale credi sia il valore aggiunto della tua esperienza femminile rispetto a un uomo che fa la tua stessa attività ?

 

Non so se possa essere considerato valore aggiunto, ma la fatica, l’enorme fatica di essere donna, madre, e femminista militante, sottrae parte della forza che potrei mettere nel mio lavoro. A volte mi secca un po’, ma alla fine io sono tutto questo, e tutto questo è anche ciò che faccio con la pittura. Sono un intero, alla fine.

 

Come pensi si debba relazionare, oggi, la donna al mondo del lavoro, e come credi che sia cambiato il “valore-lavoro” rispetto alla generazione precedente?

 

Una domanda complessa. Ho avuto esperienza di lavoro dipendente per circa otto anni, prima del matrimonio. Ho cambiato città e ho dovuto lasciarlo. Ero la segretaria del direttore di una grande industria elettronica Americana, l’ho fatto con entusiasmo, ed era il mezzo con cui mantenevo il vizio della pittura, ma ti assicuro che potevo veramente andare e venire, scegliere. Oggi, ragazze con la mia stessa competenza, e anche più brave di me, non hanno le stesse possibilità. Perché c’è più competenza, più concorrenza, meno posti di lavoro per entrambi i sessi, e in questa situazione le donne sono maggiormente penalizzate.

 

Puoi suggerire un antidoto alla crisi economica globale?

 

Non me ne intendo ma il buon senso mi dice che quando i ricchi diventano più ricchi e i poveri diventano più poveri la distribuzione dei redditi è sbagliata. Una gran parte del mondo spreca risorse e una grandissima parte ne subisce le conseguenze e non ha neanche il minimo indispensabile. Non basta la “carità” che si vuol far passare per solidarietà, grande parola che implica la condivisione. Il mondo dovrebbe capire che siamo un tutto unico e abbiamo bisogno gli uni degli altri, e non ci si evolve con le guerre e i soprusi. Almeno per me, che sogno troppo.

 

Sicuramente conosci la realtá sociale, familiare o professionale delle donne di alcuni degli altri paesi europei. Sai parlarmi di qualche legge che ti ha colpita (in negative o in possitivo) che si differenzi dalla legislazione italiana?

 

La legge contro la violenza che hanno in Spagna, l’unica in Europa che potrebbe essere presa a modello, anche se perfettibile. In Italia siamo indietro, pensano che aggravare le pene, in un contesto dove le donne sono costantemente “violentate” anche dai media, produca qualche effetto.  Conosco ricercatrici e docenti italiane che sono andate a lavorare in altri paesi per avere più opportunità. Conosco artiste, anche non importanti, che in Francia, in Germania, possono fruire di atelier di proprietà pubblica. Ho avuto l’esperienza personale di una mostra, a Stoccolma, dove i cosiddetti “compratori di stato” (esperti d’arte che gestiscono un budget statale per l’acquisizione di opere a loro scelta) sono venuti e, senza neanche conoscermi, hanno acquistato un disegno, una tempera, un olio e un’incisione.  Qui è impensabile.

 

L´arte dunque come risorsa umana di cui lo Stato, il Pubblico, deve farsi garante.

Ti chiedo allora, in modo più specifico, proprio ora che sono messi in discussione i fondi del FUS (Fondo Unico per lo Spettacolo), in che modo –come artista- pensi che lo Stato debba intervenire per “guidare” gli studenti nella scuola dell´obbligo verso l´arte (musica, cinema, pittura eccetera)? Credi che ci debbano essere dei “classici” obbligati o piuttosto un insegnamento al linguaggio in generale?

 

C’era stata, molti anni fa, una raccomandazione dell’Unesco che riguardava proprio l’arte come risorsa sulla quale investire. Attualmente c’è, come vediamo anche con il taglio del FUS, una tendenza a ridurre la cultura e i lavori della cultura a un “di più”, a qualcosa di pleonastico, e non ci si rende conto che la vita, senza musica, senza teatro, senza le arti, diventa triste e vuota. La scuola viene vista in modo efficientistico e finalizzato ad altri lavori. La battaglia è molto dura, lo so, anche perché ho provato tante volte a combatterla, ma ero Don Chisciotte.

 

Quale realtà di genere del mondo contemporaneo ti colpisce particolarmente (per fare qualche es. la condizione della donna velata in oriente, l´infibulazione presente in alcune culture africane, il controllo delle nascite in Cina ecc...) e sulla quale hai maturato una riflessione forte?

 

Se le donne sono velate per loro scelta, non ci trovo niente da ridire, altro è l’imposizione del burqa e del velo che vanno insieme all’esclusione dalla vita sociale, dal lavoro e dallo studio. Eppure molte di queste donne trovano il coraggio di combattere, pagando a volte con la vita, fuggendo dal loro paese e cercando di aiutare quelle che ci rimangono. Invece di esportare democrazia guerreggiata, gli Stati Uniti e l’Europa dovrebbero interloquire con le autorità di quei paesi e chiedere conto delle violenze e discriminazioni.

Sulle mutilazioni genitali, soprattutto dopo aver visto il video di Oliviero Toscani che mi ha sconvolta per sempre, anche perché per fare delle riprese, tu sei lì, vedi e non fai nulla per impedire quell’orrore, non riesco a giustificare in nessun modo le mamme, le nonne che tengono ferme quelle creature terrorizzate mentre vengono massacrate “per il loro bene”. Un bene che le renderà malate e sofferenti per tutta la vita. E ci sono anche pratiche come la “stiratura dei seni” – fatta con pietre roventi – per tutelare le ragazzine dagli stupri, pur sapendo che non serve neanche a questo. E sono donne che la tramandano, convinte di fare il bene delle loro bambine. Sono vigliacca. Non ci voglio pensare perché sono impotente.

 

Se potessi usare questa intervista per denunciare una realtà che conosci abbastanza bene da poterne raccontare l´ingiustizia, cosa racconteresti?

 

Se non bastassero le cose già dette, c’è una storia che conosco di persona. Una donna che non riesce a denunciare e lasciare il marito violento perché teme, e forse, date le nostre leggi, non ha tutti i torti, le sue ritorsioni, e ha deciso di rasarsi a zero, affermando (quasi con soddisfazione) che così non la può più prendere per i capelli.

 

Hai mai subito una qualche forma di violenza in famiglia o sul lavoro da parte di un uomo? Se te la senti prova a raccontarci la tua esperienza.

 

In casa solo piccole violenze psicologiche, alle quali ho sempre reagito. Per il resto, certo, mi è capitato ma essendo sempre stato, per fortuna, in rapporto di uno-contro-una, devo dire che…….stanno ancora scappando!

 

Per finire ti chiedo una breve riflessione sulla condizione femminile nel tuo mondo, quello a te piú prossimo. Una sorta di “autoritratto di genere”. Tracciane un breve profilo descrivendo limiti, vantaggi e prospettive future da te auspicate. 

 

Con le mie coetanee, siamo una generazione abbastanza “sola”.  Fatta di separate, divorziate, a volte vedove, e per giunta responsabili. Responsabili intendo che sanno cosa vogliono, e come ottenerlo, che abbiano lasciato o siano state lasciate, non cambia molto: spesso colte, esigenti, per cui è molto difficile ritrovare un partner, nel senso che ci sarebbero anche, ma non ci accontentiamo, salvo rare eccezioni. Tendiamo a preferire le amicizie (bene primario) a nuove relazioni dall’apparenza “poco promettente”.  Abbiamo tante buone relazioni maturate negli anni, molti interessi, pochi mezzi economici, ma sappiamo usarli. Personalmente ho ancora molte idee e desidero farle diventare realtà, purtroppo non ho più “il fisico”, ma, parola mia, non smetterò mai di battermi, ogni volta che incontrerò una buona causa nella quale sarò in grado di spendermi.

 

Che senso ha per te la Famiglia, e in che modo ne vedi una possibile oggi? Puoi tracciarmi un modello (nuovo, vecchio, immaginario) per te valido oggi?

 

La famiglia? La scriverei con la minuscola, intanto. Famiglia è di solito intesa come padre-madre-figli con annessi nonni-zii-cugini etc. Questo, credo si intenda. Per me è  anche un sodalizio con persone non necessariamente consanguinee, che condividono affetto, emozioni, interessi, e condividono le loro forze e il loro tempo. I figli sono un discorso a parte, per una donna. Infatti, pur rispettando la distanza che, dopo che sono cresciuti, è doverosa, nel proprio cuore non se ne separa mai, in silenzio (come diceva De André – che non è molto amato dalle altre femministe – si è madri per sempre).

Quelli che la sbandierano e se ne riempiono la bocca, come ben sappiamo, sono proprio quelli che della famiglia di cui parlano, rispettano e sanno ben poco.  

(Delt@ Anno VII, N 168 del 21 settembre 2009)                                Angelica Alemanno