Il Vintage non è solo la moda di un periodo di crisi, ma una filosofia
di vita: l´economia dell´ottimismo.
Liliana Favale, per gli amici “Lilli”, ha scelto come immagine il LOGO
del suo negozio di abbigliamento usato. E non è un caso. Cinquantotto
anni e lo sguardo proiettato al futuro, Liliana è combattiva sia per
forma mentis, sia per le
esperienze della vita. Mamma orgogliosa di tre figli che definisce
meravigliosi malgrado abbiano perso prematuramente la figura del Padre.
”Liliana IL TUO USATO”
racconta qualcosa di me. Non tutto, certamente, ma molto: in
primis poiché non sono
nuova a dovermi re-inventare la vita. L’ho fatto tante volte
(sorride). Ma questa, è la prima dove per mandare avanti una “baracca”
tutta mia posso investire in coraggio, estro, umanità, capacità,
solarità e gusto. Negli anni, mi sono
fatta in quattro per tanti “padroni”, abbracciando ogni
causa, come fosse la mia,
lasciando sempre un ricordo positivo negli altri, nei diversi ambiti nei
quali ho operato per periodi più o meno lunghi. Questa immagine, è la
mia. Ho rovistato fra l’usato da sempre. Emblematico l´evento della mia
vita legato al matrimonio quando, il 7 dicembre del ’74 disubbidii al
volere di mia madre indossando sull’abito da sposa, una “cappetta” di
lupo rossa, rigorosamente di seconda mano! “Spulciare”, per me e
soprattutto per i miei clienti, credo sia una attivitá rilassante dal
punto di vista psicologico, non gravoso per il portafoglio e che in piú
consente risultati finali fuori dagli schemi. Sento che dietro un
abito, una giacca, un pantalone, una scarpa, una borsetta o tante altre
graziosità, c’è un po’ la storia di tutti. L’obiettivo è quello di
riuscire a sopravvivere facendo qualcosa che mi piace e proietti altri
in epoche che non li ha visti protagonisti… VINTAGE, per dirla con un
termine più alla moda.
Nata sotto il segno dei pesci sono sempre vissuta a Roma, anche se, per
alternanza di vicissitudini, ho abitato in diverse zone della capitale. Vivo al Pigneto dal
2005. Dall’8 gennaio scorso ho iniziato l´attività di “commerciante di
indumenti usati” , con punto
vendita in Via Ascoli Piceno 44, a ridosso dell’isola pedonale. Come attività
secondaria, ho optato per l’artigianato, principalmente allo scopo di
consentire a quanti hanno ingegno (soprattutto giovani), che non hanno
un loro punto vendita, di esporre le loro creazioni. Ma anche di
partorirne delle nuove, con l’utilizzo di capi e accessori in disuso
recuperati nel mio negozio. A tal proposito, vorrei
spendere due parole sulla mia prima nata:
Pensando,
ripensando, si è accesa la lampadina! Delle splendide, coloratissime
gonne. Anzi, delle GONNATTE, che (se ce lo vogliamo dire) sono pure
unisex! Se ne possono fare di corte o sotto
Sembra piacciano, speriamo se ne vendano.
Da come parli della tua attivitá sembra che ti sia “piovuta addosso”.
Come hai iniziato e quali altre attivitá hai fatto nel corso della vita? Di casuale, nulla. Se
non ti dai da fare, nessuno ti viene a cercare. Negli anni, per
sopravvivere, ho fatto un po’ di tutto: Acquisitrice (settori:
immobiliari e aggregativi, come la Meeting, agenzia matrimoniale) Addetto stampa
(settore: editoria) Rappresentante
(oggettistica e abbigliamento, presso dopolavori - aziendali e fiere)
Organizzatrice
eventi-incontri (culturali e ricreativi) in diverse strutture pubbliche
e private (sale conferenze, sale da ballo) Ricercatrice di fondi
(acquisizione soci, per Associazione no-profit: WWF) Consulente nel campo
edilizio, per ristrutturazioni.
Nel
luglio scorso, ho perso l’ultimo lavoro (durato 4 anni), a causa delle
difficoltà economiche che attraversava la società (Centro studi e
documentazione sulla finanza locale). Unica fonte di sostegno
- se non lavorassi - è la pensione minima di reversibilità che
percepisco dalla scomparsa di mio marito, cioè da dodici anni). Se trovarne uno oggi è
difficile, per chi ha l’età, ma non l’esperienza, lo è maggiormente, per
chi ha l’esperienza, ma non l’età. Pertanto, dopo aver
assaggiato per qualche mese il niente o quasi niente che mi offriva il
mercato, anziché piangermi addosso, ho pensato di utilizzare quanto, per
legge, per alcuni mesi mi spettava (indennità di disoccupazione), per
costruirmi un lavoro. Ho optato come attività
principale la vendita di capi e accessori usati soprattutto per il
fattore “capitale da investire”, consistente nella esigua liquidazione e
nei pochissimi risparmi, frutto
della vendita dell’ultima casa. Per quanto riguarda lo spazio, sarebbe
stato sufficiente un piccolo punto vendita, magari vicino casa (meno
spese di spostamento, di deposito da versare e affitto più contenuto in
un quartiere periferico), esiguo il prezzo della merce da acquisire,
soprattutto da privati, conoscenti o amici - chi di voi non ha armadi
forniti di superfluo interessante?-
Come sei approdata al Pigneto e in quali altri quartieri di Roma hai
abitato? Ridimensionando gli
spazi abitativi: dall’amato Rione Monti, dove vivevo con la mia famiglia
di origine in un grande appartamento passando per l’Arco di Travertino
(70 mq) per un vecchio casolare al Mandrione, con ampio giardino (che mi
sono goduta molto poco e che ho rivenduto dopo un anno dalla scomparsa
di mio marito), per Porta Furba 80 mq., all’attuale Pigneto, dove di
case, ne ho cambiate ben due negli ultimi quattro anni (la penultima, 40
mq.), dove si trova anche il mio esercizio e dove spero di mettere
finalmente radici. Anche perché, in alternativa agli attuali 25 metri
quadri, non resta che una roulotte…). Dal centro storico,
dove ho passato l’infanzia e l’adolescenza, sono gradualmente scesa
all´essenziale (anche per alleggerirmi dei vari mutui che si sono
succeduti). Al Pigneto, sono approdata casualmente, poiché degli
annunci, guardavo solo il prezzo, prezzo che mi consentisse, per la
prima volta dopo anni, di non accedere a mutui.
C´è una attivitá cui riesci a dedicarti, in alternativa alla tua
occupazione principale? Se sognare ad occhi
aperti può considerarsi
un’attività, direi i sogni. In particolar modo,
negli ultimi quindici anni, mi hanno dato la forza per affrontare con
serenità, incombenze familiari, problemi di lavoro,
traslochi e
mutui. Il giorno, avendo
aperto l’attività solo da quattro mesi (oltretutto, mesi non proprio dei
migliori: saldi e tanta, tanta pioggia) concentro tutte le mie energie
sul negozietto. La notte,
fortunatamente, dormo profondamente
Insomma, hai cercato il piú possibile di organizzarti nonostante le
difficoltá… dopo tutto peró, possiamo dire che sei riuscita sempre a
trovare i fondi necessari. Come hai fatto? Hai sempre ottenuto la
fiducia di chi ti era accanto? A questa domanda, più
che io, dovrebbero rispondere i notai, la Banca Nazionale del lavoro, la
Findomestic, l’allora Milano Mutui e gli amici che mi hanno sostenuto,
fra la vendita di una casa e l’altra. Anche se ci scherzo su,
questa è la realtà. Prima la malattia di
mio marito (dieci anni), poi la sua scomparsa nel ’97 e successivamente,
nel 2003, l’insospettabile chiusura del Centro Internazionale Eugenio
Montale, dove lavoravo da diciassette anni. Non è stato facile, con tre
figli a carico…
Quale elemento differenzia la tua azione professionale come donna
rispetto all´universo maschile? Credi di dover fare qualcosa di
diverso (in piú o in meno)
rispetto ad un uomo? Penso che l’unico
elemento che mi differenzia come donna, professionalmente parlando, è
l’essere – umanamente - mamma.
Di diverso da dover fare,
rispetto ad un uomo, c´e´ il dovermi comunque difendere, in quanto
donna, dagli uomini.
Tra un uomo che vende “a donne” abiti usati, e tu in quanto donna… cosa
pensi che differenzi il vostro approccio allo specchio, accanto ad una
cliente?
Saper consigliare con sincerità, anche a costo di perdere la vendita.
Come credi che sia cambiato il “valore-lavoro” rispetto alla generazione
precedente? Rispetto alla
generazione precedente, penso la donna debba relazionarsi come Persona,
indipendentemente dal fatto che sia una donna. Questo ritengo faccia la
differenza!
Prima accennavi alla tua lunga esperienza professionale nel Centro
Internazionale Eugenio Montale. Vuoi raccontarci meglio gioie e dolori
di quell´impiego? Nel mio caso,
l’esperienza professionale
più entusiasmante e quella più deprimente, sono state vissute sotto lo
stesso tetto lavorativo, in qualità di
segretaria
tutto-fare presso il
Centro Internazionale Eugenio
Montale con omonimo premio di poesia. Mi occupavo un po´ di tutto:
organizzazione convegni, mantenere rapporti con associati, poeti,
attori, musicisti, banche, Enti Pubblici e privati, stendevo i bilanci
preventivi e consuntivi. Mi spiego,
entusiasmante per quindici anni: potendomelo permettere economicamente,
avrei svolto quel lavoro a titolo gratuito. Era bello, tutto. Dai
rapporti umani a quelli puramente burocratici. Negli ultimi due anni,
peró, si era trasformato in un
inferno. Conobbi la presidente
del Centro e della Giuria del Premio, Maria Luisa Spaziani, nel 1986,
anno in cui mio marito, Luigi Amendola, vinse quel premio nella
sezione inediti. Con Lei nacque da subito una simpatia che si trasformò
nel tempo in un rapporto speciale (di quelli che anche quando finiscono
restano sempre nel cuore…). Iniziò così la mia
collaborazione con l’Associazione. Era bello tutto di quel lavoro, dai
rapporti umani a quelli burocratici, tanto bello, da rendere
insospettabile che, da esperienza professionale entusiasmante, potesse
divenire deprimente per tutti, fino all’esaurimento delle forze umane e
alla chiusura definitiva del Centro. Ma, purtroppo, è
accaduto. Come accade nelle migliori famiglie. Posso solo dire che
l’Associazione era nata e cresciuta con l’alternarsi nella Giuria di
illustri personaggi del panorama letterario italiano, molti, scomparsi
prima di vederne le rovine (Mario Luzi, Giorgio Bassani, Attilio
Bertolucci, Giorgio Caproni, Sergio Zavoli e tanti altri) allo scopo di
divulgare la poesia in nome di
Montale. Purtroppo, è morta divulgando astio, menzogne e nomi meno
illustri, tra questi, il mio. Il tutto, finito, per l’insorgere di
incomprensioni di carattere
gestionale-amministrativo, in seno al Consiglio Direttivo del Centro
(dapprima fra due membri uomo-donna, e poi, fra tutti) del quale, per
mia sfortuna, ero entrata a far parte, due anni prima della
“catastrofe”. Insomma, una vicenda,
che ha visto amici (almeno, in epoca non sospetta, si ritenevano tali),
diventare nemici, e poi,
peggio ancora, estranei. Oggi, a distanza di sei
anni, riesco a parlarne con il distacco giusto, cosa che fino a qualche
tempo fa, credevo impossibile. Questa brutta “storia”, mi ha messo in
ginocchio, tanto dal punto di vista psicologico quanto economico. Ma
poiché per natura sono ottimista e combattiva, non getto facilmente la
spugna. In un modo o nell’altro, mi sono rimessa in piedi da sola.
Puoi suggerire un antidoto alla crisi economica globale?
La crisi mondiale
sembra riflettersi, a detta di altri attivi da tempo nel settore
dell´usato, anche su questo genere di abbigliamento… Tuttavia, anche se
mi sento inadeguata ad
esprimermi in tal senso, nel mio piccolo, posso solo farti partecipe di
una mia riflessione. Visto che, in molti,
purtroppo, non trovano lavoro e molti altri lo perdono, i Governi,
anziché elargire a quanti senza lavoro sussidi o indennità di
disoccupazione -che prima o poi avranno fine, lasciando comunque il
singolo in difficoltà di sopravvivenza- debbano inventarsi un modo per
farglieli guadagnare questi soldi! Investire cioé nell’incentivare
l’iniziativa individuale. Sovente si sente che Enti pubblici o
Fondazioni, elargiscono tramite bandi, sostegni tangibili
all’imprenditoria giovanile o a favore delle donne. Ma, nel pratico - e
non parlo per sentito dire ma per esperienza personale- quando ti
presenti agli sportelli indicati, trovi dei poveri impiegati, che, con
estrema gentilezza: ti rimandano ad altri fantomatici indirizzi a cui
rivolgerti…/ ti comunicano che i fondi, c’erano…/ che, quel
bando, è scaduto…/che, se ne era parlato, ma…/che, insomma, zero
carbonella. Al solito la politica italiana burocratizzata e
approssimativa. Cosi, secondo il mio
modesto avviso, non si va da nessuna parte.
Conosci la realtá sociale, familiare o professionale delle donne negli
altri paesi europei? Sai parlarmi di qualche legge che ti ha colpito (in
negative o in positivo) di un altro paese e che si differenzia dalla
legislazione italiana?
Le esecuzioni in generale, trovo siano inaccettabili. Raccapricciante,
barbarica, disumana. Mi ha colpito tanto la sposa ventinovenne (Amina),
lapidata in pubblico a sassate per adulterio.
Quale realtá di genere del mondo contemporaneo ti colpisce
particolarmente e su quale hai maturato una riflessione forte? Direi la condizione
della donna velata in oriente. Se da un lato mi affascina,
dall’altro mi inquieta. La riflessione forte, vedere un uomo
velato.
Hai mai subito una qualche forma di violenza in famiglia o sul lavoro da
parte di un uomo? Se te la senti prova a raccontarci la tua esperienza. Si, sul lavoro. Al
Centro Internazionale Eugenio Montale. Ma, non me la sento di tornarci
su, è da dimenticare.
Quali sono le espressioni delle donne che passano di fronte alla tua
vetrina? Che tipo di condizione esprimono? Abitando e lavorando in
un quartiere multi-etnico come il Pigneto, se parliamo della condizione
femminile delle italiane, devo dire che
non si differenzia molto da quella maschile. Per quanto riguarda
quella di donne provenienti da altri Paesi, in apparenza,
sembrano serene, alcune mantengono con dignità i loro usi e costumi,
mentre altre, -specie le più
giovani- forse per sentirsi integrate abbracciano (almeno esteriormente)
le nostre tendenze. La prospettiva che auspico, per tutte, meno
violenza, più lavoro e
tanto amore.
Che senso ha per te Per me, innanzitutto è
Amore, senza, non c’è la Coppia e pertanto non ci sarà mai la Famiglia.
Con questa premessa, credo si capisca il modello valido che auspico per
i miei figli. Il resto va da se. Nessuno è nato genitore, ma quando lo
si diventa, è da paura!
Però, con la crisi economica in atto, la precarietà del lavoro e il
costo delle case, purtroppo, ai giovani,
mette paura, anche il solo
pensarci. (Delt@ Anno VII, N. 102 del 14 maggio 2009) |