di Angelica Alemanno

 

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Simona Toscano “ fundraiser”, supera con grazia i propri limiti fisici e ha qualcosa da ricordarci: “tutte sappiamo di poter contare solo su noi stesse”

 

(Roma) Simona Toscano, sceglie l´immagine della Primavera del Botticelli come icona che meglio rappresenta il proprio stato d´animo attuale. Ci descrive in breve come ha conquistato questo stato di colorata serenità, ricca di luce e ombre: di contro ad una forzata forma di diplomaticitá si esprime in lei indipendenza, cocciutaggine, prepotenza e, soprattutto, una gran voglia di autenticitá. Oggi Simona pensa soprattutto agli altri, ma non dimentica sé stessa.

 

L’immagine che ho scelto si è costruita un po’ da sé. Mi contraddistinguono indipendenza, fin da bambina ho voluto esserlo nonostante limiti fisici, cocciutaggine nel raggiungere ciò che desidero, prepotenza poiché a volte credo ancora che serva per far passare delle idee. In realtà a parte questo sono stata sempre diplomatica, per fare tutti contenti, temendo soprattutto che qualcuno potesse non vedermi di buon occhio. A un certo punto ho capito che non solo non ero credibile, ma non ero felice.

Da quando sono “me stessa” sempre, sono più felice, orgogliosa e sicura.  Proteggersi non serve a nulla

 

Come hai deciso di occuparti principalmente di fundraising? Puoi spiegarci di cosa si tratta?  

E’ capitato. Mi hanno fatto un colloquio presso la Cooperativa Nuova Socialità di Roma, www.nuovasocialita.org, chiedendomi di rivestire il ruolo di fund raiser, colei che “rastrella” fondi” . Io mi sono messa a studiare, accettando la sfida. E, con gli anni, ho scoperto che è il lavoro più bello del mondo. Lavorare per una buona causa in cui si crede, nel mio caso la causa ultima è la costruzione di un “Centro Diurno e Notturno per Demenze Degenerative, tipo l’Alzheimer, è la più bella delle opportunità. Certo il fatto di chiedere soldi, anche se per una buona causa, è sempre difficile e lo è ancor più in un momento così difficile per l’Italia.

Il Fundraising di preciso è, come diceva Henry Rosso, fondatore della prima scuola di fundraising al mondo, che sosteneva che il fundraising è l'arte di insegnare alle persone la gioia di donare(da wikipedia). Ciò che apprezzo del mondo anglossassone è I mestieri non hanno  declinazioni. “The Fundraiser” può essere sia uomo che donna.

 

 

Quali sono le altre attivitá quotidiane che ti occupano tempo durante la giornata e che vorresti evitare? Beh tutti abbiamo delle attività che vorremmo evitare. Però si può trovare anche un lato buono nell’occuparsi di una casa e di tutte quelle faccende che, col senno di poi, rendono la mia vita migliore.

 

Quale aspetto del tuo lavoro ti corrisponde di piú? Beh sicuramente il contatto con le persone, più o meno conosciute, è fondamentale per il tipo di lavoro che svolgo. La facilità di rapporti che ho sempre avuto si è dimostrata fondamentale per la mia attività.

 

Come si caratterizza il tuo reddito, gli introiti che ti consentono di sopravvivere? Oltre lo stipendio, la pensione di invalidità nella mia vita ho altri introiti che mi permettono di vivere sola e di avere l’assistenza personale quasi sulle 24 ore

 

Quanto pensi che conti l´indipendenza economica per un’effettiva indipendenza emotivo-psicologica, o familiare come individuo nella societá?

Moltissimo, quando sono stata indipendente economicamente dalla famiglia ho istaurato un rapporto alla pari... purtroppo dipendere economicamente da qualcuno ti imprigiona in un senso di impotenza.

 

Quale elemento differenzia la tua azione professionale come donna rispetto all´universo maschile? Cosa credi di dover fare di diverso (in piú o in meno) rispetto a un uomo? Per quanto riguarda il lavoro chi mi ha insegnato il mestiere di Fund Raiser era totalmente appartenente al genere maschile, quindi sta a me ed alle altre Fundraisers far si che questo mestiere ci calzi

 

Quale credi sia il valore aggiunto della tua esperienza femminile rispetto a un uomo che fa la tua stessa attivitá? Sicuramente l’elasticità mentale, quando un mestiere è nuovo c’è anche la possibilità di arricchirlo di inventiva.

 

Come pensi si debba relazionare, oggi, la donna al mondo del lavoro, e come credi che sia cambiato il “valore-lavoro” rispetto alla generazione precedente? Ora per la donna il lavoro è uno dei modi, quasi il più importante, per la propria realizzazione, sono pochi oggi i mestieri “da uomo”. Comunque se lo stato delle cose è questo è solo grazie alle donne.

 

Conosci la realtá sociale, familiare o professionale delle donne negli altri paesi europei? Sai parlarmi di qualche legge che ti ha colpito (in negative o in positivo) di un altro paese e che si differenzia dalla legislazione italiana? È attuale il dibattito sulla legge 40 sulla fecondazione assistita, che è stata dichiarata parzialmente illegittima, con Sentenza della Corte Costituzionale del 31 Marzo, la quale afferma che la legge del 2004 lede  il diritto alla salute. Non conosco nel dettaglio leggi omologhe di altri paesi ma ho sentito testimonianze anche dirette di coppie che dovevano andare all’estero per provare a fare la fecondazione. Ricordo sempre che, prima della sentenza, ci fu  un altro episodio teso ad arginare un’altra  aberrazione della suddetta legge. Uno degli ultimi atti del Ministro Livia Turco, fu di introdurre la diagnosi preimpianto degli embrioni fino allora vietata, ovvero gli embrioni non potevano essere controllati prima di essere impiantati nella donna, quindi uno di questi sarebbe potuto essere anche malato.

 

Quale realtá di genere del mondo contemporaneo ti colpisce particolarmente e su quale hai maturato una riflessione forte? È difficile assumersi questa responsabilità. Posso solo raccontare l’emozione provata leggendo “Mille splendidi soli” di Khaled Hosseini. Vari passaggi raccontano di come il burka,  nonostante io non condivida il fatto che il burka si debba indossare per “legge”, possa tuttavia anche essere una difesa dal mondo esterno, protezione per se stessa della donna che lo indossa. Non ultima, come nel momento più emozionante del libro, può essere protezione per i figli, perchè il burka della loro madre impedisce di vederla nel momento più doloroso della propria vita.

 

Se potessi usare questa intervista per denunciare una realtá che conosci abbastanza bene da poterne raccontare l´ingiustizia, cosa racconteresti?

 

Hai mai subito una qualche forma di violenza in famiglia o sul lavoro da parte di un uomo? Raccontaci la tua esperienza. Si, lo devo ammettere. Nel mio passato c’è stato un episodio di violenza psicologica da parte di un uomo che, per quanto io sappia, in ogni istante si sarebbe potuta trasformare in violenza fisica. Ed ora conosco quella trappola in cui si cade, a prescindere dalla formazione: io mi dicevo come tante altre donne che lui era innamorato, e forse lo faceva per me. Mi vergogno, ma è così.

 

Per finire ti chiedo una breve riflessione sulla condizione femminile nel tuo mondo, quello a te piú prossimo.

Nel mio mondo di tutti giorni ci sono donne di tutti i generi, questa per me è una ricchezza: tutte quante, non c’è differenza di età né culturale in questo, certo ognuna di noi elabora la propria condizione commisurandola all’età o all’estrazione culturale, ma tutte sappiamo di poter contare solo su noi stesse.

 

(Delt@ Anno VII, N 76 - 78 del 9 - 11 Aprile 2009)                          Angelica Alemanno