di Angelica Alemanno

 

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Anonima, OPERATRICE DELLO SPETTACOLO, mobbing e televisione.

 

(Roma) Una donna matura, caparbia, si impone con la forza della pazienza e della costanza. Costretta a farsi difendere da uomini-alleati sul luogo di lavoro e nella vita, ha ritrovato un antico escamotage per imporre il proprio ruolo.

 Sono un ariete caparbia e mi occupo da molti anni di spettacolo come attrice, cantante e regista. Lo faccio essenzialmente per trasmettere emozioni e stimolare i pensieri delle persone su alcuni argomenti. Mentre vorrei evitare tutte le pratiche burocratiche della vita quotidiana, mi piace molto viaggiare, conoscere le culture sia simili che diverse dalla mia, leggere libri di notte e andare al cinema.

 Credo che l'elemento diverso rispetto a un uomo è solo psicologico: non credo di dover fare niente di più o di meno; è solo più difficile fare qualunque cosa arrivare, perché l'uomo è più integrato socialmente e perciò per lui è più facile.

Forse sono proprio le maggiori difficoltà incontrate nella vita, che acuiscono la sensibilità, che creano paradossalmente quel valore aggiunto della tua esperienza femminile rispetto a un uomo.

 

Come pensi si debba relazionare, oggi, la donna al mondo del lavoro, e come credi che sia cambiato il “valore-lavoro” rispetto alla generazione precedente?

 

Per la donna il lavoro dovrebbe essere il primo valore, come espressione della propria personalità: bisognerebbe iniziare molto presto a lavorare, in modo da poter vivere anche una piena vita privata.

So che all'estero le madri lavoratrici hanno molti più aiuti dal welfare.

 

Quale realtà di genere del mondo contemporaneo ti colpisce particolarmente e su quale hai maturato una riflessione forte?

 

Credo che l'infibulazione sia una delle tecniche più orribili per sottomettere, anzi per annullare la personalità e il ruolo sociale della donna, non solo in Africa. Credo che ne siano corresponsabili anche i governi occidentali che la tollerino sul loro territorio.

 

Se potessi usare questa intervista per denunciare una realtà che conosci abbastanza bene da poterne raccontare l´ingiustizia, cosa racconteresti?

 

Il mondo del lavoro precario, che ho vissuto personalmente; ma questo è un problema che riguarda sia gli uomini che le donne; ho vissuto 20 anni da precaria, con una causa decennale di lavoro per farmi assumere a tempo indeterminato. Ho perso in primo grado, ho vinto in appello, ho riperso in cassazione e di nuovo in appello. Adesso lavoro autonomamente producendo i miei documentari.

 

Hai mai subito una qualche forma di violenza in famiglia o sul lavoro da parte di un uomo? Se te la senti prova a raccontarci la tua esperienza.

 

Qualche anno fa feci la regia dei collegamenti in diretta per un’importante televisione nazionale e dovevo dirigere una squadra di undici uomini; sin dall'inizio il loro capo e gli operatori cominciarono a boicottarmi pesantemente, dicendo che loro facevano quel lavoro da anni e che non mi avrebbero seguita, perché sapevano già quello che dovevano fare; inoltre si coalizzarono con il conduttore dei collegamenti e si mettevano d'accordo con lui per dove posizionare le telecamere.

Ne parlai con il mio diretto superiore, che mi difese e disse loro che la regista ero io e che dovevano darmi retta. Ma loro se ne fregarono e continuarono con quel atteggiamento. Tutti i giorni dovevo litigare con loro per spostare di nuovo le telecamere e spesso gli operatori non seguivano le disposizioni sulle inquadrature che chiedevo loro, per dimostrare che non sapevo fare quel lavoro.

Un giorno arrivò da Milano un nuovo operatore e vide quel che succedeva con i propri occhi: fu la mia salvezza. La sera a tavola, quando il capo-squadra mi offese pesantemente, disse loro che dovevano vergognarsi di quello che facevano, che dovevano rispettare la regista sia sul set che nel privato e promise che avrebbe fatto rapporto all'Azienda, cosa che mantenne.

Da quando venne lui le cose migliorarono abbastanza e cominciarono a darmi retta, così alla fine della stagione riuscii a fare delle ottime dirette, soprattutto una dal Festival del Cinema di Venezia; l'anno dopo mi affidarono di nuovo la regia dei collegamenti in diretta.

 

Per finire ti chiedo una breve riflessione sulla condizione femminile nel tuo mondo, quello a te piú prossimo. Tracciane un breve profilo descrivendo limiti, vantaggi e prospettive future da te auspicate.

 

Anche se la condizione della donna nel mondo che frequento è migliorata rispetto ad anni fa, il maschilismo continua a sopravvivere, perché l'uomo di oggi si sente debole e cerca di unirsi agli altri suoi simili per prevalere sulle donne; talvolta, quando non riesco a risolvere un problema con un uomo maschilista, lo faccio parlare con mio marito che gli dice le stesse cose che avrei detto io; così quell'uomo pensa di aver deciso lui con un altro uomo, anche se in realtà non è vero.

 

Che senso ha per te la Famiglia, e in che modo ne vedi una possibile oggi? Puoi tracciarmi un modello (nuovo, vecchio, immaginario) per te valido oggi?

 

Quello sulla famiglia è un discorso molto difficile; ho sempre creduto di più nella coppia, oppure a una famiglia con figli, in cui i genitori della coppia non devono intromettersi assolutamente, pena la fine del rapporto della coppia stessa.

Io vivo in coppia da 20 anni con un mio collega di lavoro, con il quale ho una buona intesa artistica, ma gli ho detto fin dall'inizio che credo solo nella coppia e che le nostre famiglie non dovevano interferire nella nostra storia, infatti, quando ci siamo sposati cinque anni fa, l'abbiamo fatto solo in Comune, con i testimoni e senza la famiglia; non abbiamo figli.

(Delt@ Anno VII, N. 121 dell’8 giugno 2009)