di Angelica Alemanno

 

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Federica Festa: la vita è una festa… ma non sempre: siamo una generazione di precari che si appoggia sui genitori a posto fisso

 

Si chiama Federica Festa. Vive da sola e lavora a Roma. Non si può dire che abbia un lavoro fisso, ma piuttosto che svolge varie attività, a metà tra l´arte e la pedagogia, che la portano a recitare spettacoli, insegnare recitazione a bambini e adulti, fare il clown negli ospedali. È giovane, laureata in Storia del teatro e svolge autonomamente la propria professione da ben dodici anni. E´ leone ascendente ariete… come dire? Sa quello che vuole!

Perché questo quadro ti rappresenta?

Mi piace il quadro il giorno di festa di Bruguel dove ci sono tanti tanti personaggi che fanno i più svariati giochi, in una grande piazza. Mi da allegria pensare che la vita possa essere un continuo gioco.

 

Come hai deciso di occuparti principalmente di TEATRO?

a otto anni volevo mettere in scena “Romeo e Giulietta” con i miei compagni di classe. io volevo fare la regista e anche Giulietta…

 

Quali sono le altre attività quotidiane che ti occupano tempo durante la giornata e che riesci ad evitare?

Un po’ di traffico in meno…ma neanche tanto perché mi muovo con lo scooter. Per le cose di casa invece mi aiuta Mila, una signora filippina che faceva le pulizie da mio padre, poi da mia madre, poi da mia zia, e da mia nonna. Insomma Mila è ormai in tutte le nostre case, da tanti anni.  Odio lavare le posate.

 

Quali delle numerose espressioni artistiche che eserciti e che pratichi per lavoro, ti stimola maggiormente?

Mi piace molto insegnare recitazione ai bambini…soprattutto a quelli di 3 anni…sono senza censure! I bambini maschi -a questa età- amano affermarsi in scena attraverso la forza e il coraggio, per risolvere le storie e i problemi (vogliono fare i cacciatori, sparare col fucile al lupo, voglio andare a cavallo e baciare la principessa). Le bambine preferiscono esprimere se stesse attraverso la bellezza e l’eleganza (con principesse che fanno piroette, inchini, danze e altro).

 

Quale differenza tra maschietti e femminucce ti ha colpito di più?

 

I maschi amano essere leoni e muoversi in branco, le femmine sognano di essere farfalle che volano da sole.

 

Come si caratterizza il tuo reddito, gli introiti che ti consentono di sopravvivere?

 

Innanzitutto dalla vendita di spettacoli, poi l’insegnamento nelle scuole e il lavoro come clown in ospedale mi danno la base con cui mi mantengo con un’entrata fissa mensile.

Gli spettacoli sono un’entrata in piu che è variabile.

1.     

Quanto pensi che conti l´indipendenza economica (da compagni/mariti/genitori) per un’effettiva indipendenza emotivo-psicologica, artistica e/o familiare come individuo nella società?

L’indipendenza economica certo aiuta, ma la libertà emotiva -soprattutto quella dai genitori- passa per altre strade, più impervie e meno facili. Credo che ormai siamo una generazione di precari che si appoggia sui genitori a posto fisso… la stabilità dei nostri genitori è una grande áncora cui a volte ci si appoggia un po´ troppo comodamente. Per il resto meglio non contare su altri predellini.

 

Quale elemento differenzia la tua posizione di attrice come donna rispetto all´universo maschile? Cosa credi di dover fare di diverso rispetto a un uomo?

 

Come donna sono più attenta di un uomo alla relazione con l´altro. Ritengo che nel lavoro ci siano due aspetti da curare sempre: “il compito”, cioè cosa si deve fare, e “la relazione”, cioè il contatto con gli altri per rendere il compito più piacevole.

Le donne curano di più la relazione rispetto agli uomini: loro sono più proiettati verso l´obiettivo Al di là della mia professione.

Anche come professionista dunque, mi ritengo più attenta di un uomo alla reazione, agli stimoli che porto nel mio lavoro (nel mio caso si tratta di un ruolo che cambia sempre: insegnante, attrice, regista o clown). Penso che gli uomini in generale e specie nel lavoro, curino di più il compito che hanno e meno le relazioni, la dialettica con l'altro.

 

Quindi credi le dinamiche relazionali si possano distinguere per genere?

 

Non credo che esista un ascolto maschile e uno femminile: credo che gli uomini sentono che è un atto di generosità parlare di se agli altri, le donne che è un atto di generosità ascoltare l’altro.

 

Come pensi si debba relazionare, oggi, la donna al mondo del lavoro, e come credi che sia cambiato il “valore-lavoro” rispetto alla generazione precedente?

 

Oggi meglio se sai parlare le lingue, se hai una formazione più specifica possibile  piuttosto che saper fare tutto e non bene… e avere come sempre qualcuno che ti conosce e come sempre ti introduce in quel mondo del lavoro piuttosto che in quell´altro.

 

Il valore del lavoro oggi consiste per molti giovani nel fatto che il guadagno che ne deriva altro non è che un modo per  inseguire il sogno di una vita: la casa, il posto fisso, tanti viaggi, una macchina nuova. Il lavoro è lo strumento che ti permette di corrispondere a un modello maggioritario.

 

 

Puoi suggerire un antidoto alla crisi economica globale?

 

Ridefinire i modelli di riferimento, condividere con gli altri, ammortizzando sprechi, dividendosi la macchina, la casa, il pannello solare…

 

Che ne pensi della situazione delle donne nel nostro paese? Sai parlarmi di qualche legge italiana che ti ha particolarmente colpito?

 

Intuisco solo che noi italiane non stiamo messe troppo male rispetto ad altre culture.

invece riflettevo con piacere che la legge italiana non riconosce la proprietà privata come un diritto inviolabile…in  teoria siamo più socialisti della pratica…

 

Su quale realtà di genere del mondo contemporaneo hai maturato una riflessione forte?

Il divieto di chiedere divorzio alle donne in India.

Non è una legge è un modus vivendi. In india il divorzio è concesso sulla carta a tutti, ma nella pratica una donna che chiede il divorzio è una paria, viene esclusa dal gruppo sociale e familiare.

Il divorzio è un diritto sacrosanto, perché l’amore non sia una prigione per nessuno.

 

Se potessi usare questa intervista per denunciare una realtà che conosci abbastanza bene da poterne raccontare l´ingiustizia, cosa racconteresti?

 

Più semplicemente l´italiana difficoltà di denunciare le violenze domestiche e private del nostro partner... la nostra tradizione di “mammone” ci spinge, noi donne, a perdonare il compagno, a continuare a subire violenze pensando un po´ che è colpa nostra, un po’ che non ci sosterrà nessuno al di fuori…

 

Hai mai subito una qualche forma di violenza da parte di un uomo? Come hai reagito?

 

Si. Un compagno mi ha picchiata… sofffriva di raptus violenti…

Ho aspettato sette mesi per fare la querela…e vivo da sola, mi mantengo da sola, sono indipendente ed intelligente…eppure ho faticato tanto ad alzare la testa e a chiedere aiuto e giustizia. Ma ora sono uscita dal tunnel e voglio credere nella legge…

 

Per finire ti chiedo una breve riflessione sulla condizione femminile nel tuo mondo, quello a te più prossimo, per la maggior parte sono attrici, immagino…

 

Molte delle donne che conosco vivono da sole, sono legate ma vivono sole.

Sono molto attive e vivaci, sono indipendenti e creative. Alcune hanno figli altre li hanno adottati, altre non ne hanno. È chiaro che intuisco una separazione tra sessi, uomini da una  parte, donne dall’altra. Lo intuisco perché credo che sia solo una percezione contingente, e spero sia solo un momento della mia vita….

Ci si incontra sempre più virtualmente, su Facebook, a un aperitivo, o altro. La famiglia tradizionale è una pratica in disuso, come l’andare in chiesa.

 

Ecco, parliamo di Famiglia: puoi parlarmi di un modello di famiglia che credi ancora possibile?

 

Un modello di famiglia: coppia adulta, entrambi autonomi economicamente, con uno o due figli, che siano aperti alle altre famiglie, che ognuno abbia il suo spazio individuale, che ci siamo dei rituali familiari e delle cose da condividere (oltre il tetto) di divertente e piacevole oltre che di doveroso e necessario.

 

(Delt@ Anno VII, N 95 del 6 maggio 2009)