di Angelica Alemanno

 

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Martina e il suo approccio verso il prossimo: non manichini ma anime aperte

 

(Roma) Martina ha 27 anni e da due esercita la professione di Educatrice professionale. Terminate le scuole superiori, ho scelto di acquisire quella professionalità fondamentale per confrontarsi con le tematiche sociali e si è così laureata in Scienze della Formazione. Nel suo iter formativo ha avuto la possibilità di svolgere un tirocinio presso una Comunità Terapeutica per Adolescenti con psicopatologia in esordio, comunità che poi è diventata la sua sede lavorativa.

La Comunità Terapeutica è una piccola struttura a dimensione familiare nella quale vengono svolti interventi specialistici e dove l’abitare diventa esso stesso elemento di terapia, dove le dimensioni della domesticità e della quotidianità rappresentano lo sfondo e il contenitore ove si stabiliscono rapporti interpersonali significativi e dove si ripropongono in maniera più funzionale codici e funzioni di comunicazione familiare.

(Per capire come funziona a grandi linee potete cliccare qui:  http://www.codess.org/site/admin/immagini/ALL2_POSTER_EIMI.pdf, nda)

 

Le figure che collaborano in questa struttura sono principalmente due: psicologi e educatori, ma non vanno dimenticate le collaborazione di Operatori Socio Sanitari, ma anche di tirocinanti e volontari, che spontaneamente danno il loro contribuito.

La giornata è scandita, principalmente, da tre turni: i diurni di sei ore- turno della mattina 8.30-14.30; turno del pomeriggio 14.30- 20.30- e il turno della notte -20.30- 8.30.

 

  (Struttura Terapeutica Eimi di Roma)

 

Nel lavoro “sul campo”, e quindi quello della quotidianità, il lavoro dell’educatore, ma anche quello dello psicologo, dovrebbe favorire la crescita della dimensione adattiva dell'Io, cercando di far vivere, riemergere e ampliare le parti sane, tenendo conto, caso per caso, della tipologia e invasività delle angosce e difese che ogni paziente mette in atto, in una costante e continua lettura dei bisogni, dei problemi quotidiani, del percorso da scegliere e degli interventi, un lavoro cioè fondato sulla condivisione della vita quotidiana.

Ci racconta anche di non essere capitata lì per caso, poiché da sempre ha avuto una propensione verso le professioni gravitanti intorno all’ambito del sociale.

 

 

Parlami dell´immagine che hai scelto, dimmi perché ti rappresenta.

I manichini, come metafora dell’Altro che ci circonda, possono essere considerati come oggetti senz’anima, in realtà se ci si ferma a osservarli possono donare vita ed emozioni. Io penso che quest’immagine possa rappresentarmi perché nelle scelte fatte nel mio percorso di vita tento ogni giorni di guardare l’altro non come un “manichino”, ma di trovarvi l’anima.

Quali altre attività alternative sono invece un valido stimolo (o una degna alternativa) alla tua occupazione principale?

Al fine di approfondire alcuni aspetti della mia professione, che ti pone ogni giorno nuove sfide e stimoli, mi sono iscritta a un nuovo corso di laurea, che ruba quel poco di tempo libero che la mia vita sociale e la comunità mi lasciano!

Come si caratterizza il tuo reddito, gli introiti che ti consentono di sopravvivere?

La condizione dei lavoratori che operano nel sociale non è proprio rosea. Nonostante ciò ho la fortuna alla mia età di avere un contratto a tempo indeterminato che tutto sommato mi permettere di vivere almeno senza incertezze per il futuro. Certo non navigo nell’oro!!!

Quanto pensi che conti l’indipendenza economica (da compagni/mariti/genitori) per una effettiva indipendenza emotivo-psicologica, artistica e/o familiare come individuo nella società?

 

Reputo che l’indipendenza economica sia una condizione indispensabile per ottenere il riconoscimento sociale di ciascun individuo, permettendo così a ciascuno di sentirsi quale parte attiva e integrante della società.

Il diritto al lavoro è sancito all’art. 4 della nostra Costituzione, che pone tutti i cittadini su un piano di pari dignità e pari opportunità.

Tutti i cittadini, quindi, hanno diritti e doveri da assolvere nei confronti dello Stato e tutti sono chiamati a partecipare alla costruzione della società; tutti compresi, quindi anche quei cittadini che presentono un handicap, secondo le loro potenzialità e le loro capacità lavorative.

A mio avviso, la comunità, partendo proprio dalle figure sociale che roteano intorno all’handicap, dovrebbe intervenire nella tutela dei cittadini deboli e cioè privi di sufficiente autonomia e garantire loro un’esistenza dignitosa attraverso un sistema coordinato di servizi che permetta, appunto anche a loro, di essere indipendente e autonomo.

Non sono rari i casi in cui non viene difeso e protetto socialmente il lavoro della persona handicappata, non battendosi per il riconoscimento delle sue possibilità lavorative della sua produttività.

Quale elemento differenzia la tua azione professionale come donna rispetto all’universo maschile? Cosa credi di dover fare di diverso rispetto a un uomo?

Nella mia professione credo che sia imprescindibile la collaborazione tra uomini e donne, questo perché ciascuno è portatore del punto di vista del proprio universo, sia esso maschile o femminile, e può essere spunto di riflessione per l’altro.

Come pensi si debba relazionare, oggi, la donna al mondo del lavoro, e come credi che sia cambiato il “valore-lavoro” rispetto alla generazione precedente?

Il valore-lavoro è oggi fondamentale per le donne, sia dal punto di vista economico sia per il riconoscimento sociale. La donna finalmente può essere degna di considerazione come entità autonoma e può portare questa nuova ricchezza acquisita sia nell’ambito personale e familiare, sia nell’ambito lavorativo.

Conosci la realtà sociale, familiare o professionale delle donne negli altri paesi europei? Sai parlarmi di qualche legge che ti ha colpito (in negative o in positivo) di un altro paese e che si differenzia dalla legislazione italiana?

Non conosco la realtà sociale, familiare o professionale delle donne negli altri paesi europei, ma ritengo che l’Italia abbia fatto grossi passi avanti pur non avendo ancora raggiunto dal punto di vista legislativo il livello necessario per garantire pari diritti alle donne, cosa che sembra essere invece accaduta soprattutto nei paesi del nord Europa, ma è una realtà che non conosco e quindi qualsiasi riflessione sarebbe fuori luogo!

Quale realtà di genere del mondo contemporaneo ti colpisce particolarmente (per fare qualche es. la condizione della donna velata in oriente, l´infibulazione presente in alcune culture africane, il controllo delle nascite in Cina ecc..) e su quale hai maturato una riflessione forte?

 

Nel corso della mia formazione ho approfondito le tematiche relative alle mutilazioni che vengono inflitte alle donne di alcuni paesi africani. Ed è relativamente a questi argomenti che penso non si faccia abbastanza per togliere quel velo di indifferenza ed ipocrisia che copre queste realtà.

Per finire ti chiedo una breve riflessione sulla condizione femminile nel tuo mondo, quello a te piú prossimo. Tracciane un breve profilo descrivendo limiti, vantaggi e prospettive future da te auspicate. 

Tutto sommato mi posso considerare una donna fortunata, perché ho un lavoro che mi piace, che mi fornisce quotidianamente nuovi stimoli e che mi permette di ottenere quella stabilità e quella serenità che porto poi fuori dall’ambito professionale.

Che senso ha per te la Famiglia, e in che modo ne vedi una possibile oggi? Puoi tracciarmi un modello (nuovo, vecchio, immaginario) per te valido oggi?

Ho sempre vissuto in una famiglia di tipo “tradizionale”, ma nonostante ciò ognuno vi ha trovato i propri spazi, la propria libertà di crescere e di diventare un adulto. Nella mia famiglia, ognuno dei singoli componenti è stato sempre considerato sia come individuo ma anche come membro di una “comunità”, per cui nelle decisioni che ci siamo trovati ad affrontare ognuno è stato rispettato ed è stato preso in considerazione avvalorando la sua idea e il suo punto di vista.

Gli aspetti che più mi piacciono sono proprio questi…siamo una famiglia ma sono anche una persona… proprio per questo mi piacerebbe riproporre, questo modello di famiglia, in una mia futura.

(Delt@ Anno VII, N 180 del 5 ottobre 2009)                                  Angelica Alemanno