(Roma)
Un proverbio indiano recita: "qualunque cosa tu dica dell'India, è
sempre vero anche il suo contrario". Schiacciati da tanta complessità,
gli occidentali hanno spesso scelto di racchiudere un oceano sconfinato
di differenze nelle piccole ampolle dei loro stereotipi. La spiritualità
esercitata fino allo sfinimento, il fatalismo arreso di fronte al dolore
di vivere, la povertà estrema degli umili inflitta dai potenti come un
destino. Finché, con gli anni novanta, ecco farsi strada
nell'immaginario occidentale l'ultimo dei clichés: l'India sfavillante,
l'India che cresce, l'India del Pil da primato, la terra delle stelle di
Bollywood, dei supermanager dell'informatica appena trentenni.
Un'immensa minoranza, di oltre cento milioni di persone, fa tendenza nel
mondo. Ma intanto, l'altra India, quella degli ottocento milioni di
esseri umani che vivono con un dollaro al giorno, quella
dell'analfabetismo femminile di poco inferiore al 50%, è rimasta uguale
a se stessa?
Quello che Mariella Gramaglia (ex assessora alle Pari Opportunità del
Comune di Roma, vissuta un anno nel subcontinente) ha raccolto e
pubblicato nel volume "Indiana"
(Saggine Editore) è un diario di vita, di ricerca, di lavoro.
Attraverso incontri, sguardi di donne e uomini, vicende pubbliche e
dettagli della vita quotidiana, l'autrice racconta il suo legame con
l'India, e il suo punto di vista su un mondo fatto di continue
contraddizioni.
L’autrice, dopo un lungo impegno nel femminismo, nella politica italiana
e nelle istituzioni, ha scelto di dedicarsi a progetti di solidarietà e
di promozione dei diritti. Il volume è arricchito dalle fotografie di
Laura Salvinelli.
(Delt@
Anno VI, N. 138 del 16
giugno 2008)
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