“Streghe”, di Lilli Gruber

 

 

Editoria

 

 

(Roma) Le streghe son tornate! Non sono possedute dal demonio, né infestate da oscuri e maligni poteri. Non volano sulle scope e non invocano la tempesta; non alzano le mani a disegnare triangoli con le dita e, soprattutto, non finiscono al rogo. Né fattucchiere, né incendiarie, ne angeli ne diavoli, ma semplicemente, oggi come ieri, donne libere di decidere del proprio corpo, capaci di mantenersi, brave ad amare ma anche a stare sole, che lottano per emergere nella loro identità e per assumere responsabilità, poteri e diritti: persone vere, che Lilli Gruber nel suo “Streghe” (Ed. Rizzoli), ha saputo rappresentare con i loro bisogni, le potenzialità “e la quotidiana fatica di vivere, proprio come gli uomini. Pronte a rivendicare un posto in una società che non può fare a meno di loro”, anche se ancora non sembra essersene resa conto. Streghe contemporanee, ovvero la metà femminile del pianeta, lasciata nell’ombra socialmente economicamente e politicamente. E la discriminazione non è certo una fatalità, anche e soprattutto in Italia, dove si fa drammatico lo squilibrio tra il peso demografico delle donne, il loro apporto di competenze, i rispettivi ruoli sociali e il posto che viene loro accordato nello sviluppo economico e nella gestione politica del Paese. Una realtà, quella italiana, in cui il tasso di occupazione femminile si mantiene ad un livello sensibilmente inferiore a quello maschile e in cui le donne sono relegate a mansioni di assistenza e cura senza poter, al contempo, determinare le politiche sociali. Ritrovandosi spesso sottopagate, se non addirittura emarginate dal mondo del lavoro retribuito e lontane dalle stanze dei bottoni, pur continuando a rappresentare, con i loro consumi, un fortissimo segmento di mercato. Risorse non sfruttate del pianeta, insomma, e, nella visione della Gruber, unico possibile motore del cambiamento, soffocato dai tradizionali stereotipi sulla femminilità e invisibile in molti ambiti: dal lavoro alla politica, passando per l’informazione e il sindacalismo.

L’autrice disegna pezzi di vita, pensieri, storie di personali emancipazioni, sfide, lacrime, sacrifici e trionfi: da Rita Levi-Montalcini a Gianna Nannini, da Rossana Rossanda a Luciana Littizzetto, da Laura Morante a Elisabetta Gregoraci, da Mara Carfagna a Vittoria Franco. Donne di cultura e di potere ritratte a fianco di  tante altre che combattono sul fronte della vita quotidiana: mamme in ospedale per partorire e altre costrette ad abortire, per scelta o necessità; vittime della tratta e docenti universitarie; suore e ragazze da marciapiede; camioniste e avvocate; cervelli in fuga e artiste affermate. Si uniscono al coro poche, ma significative, voci maschili che rappresentano gli antipodi del pensiero: da Camillo Ruini a Silvio Berlusconi e Walter Veltroni; da Giuliano Ferrara ad Adriano Sofri, dai “maschi” di S. Vittore a Manuel e Javier, la prima coppia omosessuale unita in matrimonio dal sindaco di Madrid.  

Dove siamo finite? Dove sono le ragazze? È ascoltando le loro parole che Lilli Gruber annoda le fila di un dialogo femminile offuscato dalle emergenze del presente e intreccia le lotte del domani per i diritti alle conquiste di ieri: non un’utopia, ma un’opportunità concreta per garantire alle donne una quotidianità più serena e guadagnare un nuovo approccio alla vita e al potere ricongiungendo  nell’impresa comune le due metà del cielo.

 

Son la strega, eccomi qua/mi hanno bruciata tanti anni fa/rihanno bruciata i preti di allora/perché volevo decider da sola.Donne incontriamoci/ insieme possiamo Cambiar la vita se ci organizziamo. I nostri problemi non son personali/

ma son tutti problemi sociali

(Delt@ Anno VI, N. 223 del 13 novembre 2008)                                       Claudia Frattini