Caro Presidente, di Lidia Mancini

 

 

Editoria

 

 

 

Caro Presidente Napolitano,

sono una ragazza di ventisette anni, laureata da tre, e Le scrivo questa lettera per chiederLe una raccomandazione.

Da quando ho concluso i miei studi universitari sono all’incessante ricerca di un lavoro ma ho potuto tristemente constatare che nel nostro Paese è quasi impossibile entrare nel mondo lavorativo unicamente per le proprie capacità e per la preparazione di cui si dispone.

[…] Quindi mi rivolgo a Lei e le chiedo pubblicamente di raccomandarmi, allegando il mio curriculum cosicché possa sapere qualcosa in più su di me.

La ringrazio anticipatamente per la “grazia” che spero mi concederà e le invio i miei saluti.

 

In fede

Lidia Mancini

 

Poche pagine su un quadernino blu. Un fiume di parole che «avevano l’urgenza di uscire, di passare attraverso l’inchiostro, di vestirsene e di imprimersi indelebilmente sul foglio bianco. Bianco come quella notte».

Iniziativa, sacrificio e determinazione, uniti ad una laurea con il massimo dei voti, due master e diversi stage non sono bastati ad una giovane donna per emanciparsi dallo stato di “bambocciona per scelta altrui” e di disoccupata. Ed è per questo che in una notte insonne Lidia Mancini si decide a racchiudere la sua vita in poche righe, specchio della situazione di tanti, giovani e non solo: una lettera indirizzata al Presidente della Repubblica in cui chiede, provocatoriamente, una raccomandazione. Un “copia e incolla” di indirizzi e via, la lettera viene affidata alla rete come una bottiglia si regala al mare.

Lidia Mancini è una testimone che racconta con spirito critico ciò che vive; una giovane donna risvegliatasi dal torpore, che un bel giorno decide di scrollarsi di dosso le regnatele che solo la rassegnazione riesce a rendere così resistenti e invalidanti. E, raccontandosi, si sveglia progressivamente da un letargo anche emotivo, in cui tre anni di continue porte in faccia l’avevano rinchiusa. Suscitando, col suo gesto garbato e, al tempo stesso, vagamente surreale un improvviso interesse mediatico e l’accendersi di un dibattito sui problemi legati alle  difficoltà di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, al malcostume della raccomandazione e alla precarietà giovanile. Situazioni che, purtroppo, la maggior parte dei ragazzi subisce in silenzio, «perché non c’è mai spazio per esprimersi e urlare al mondo la propria infelicità».

I riflettori puntati addosso aiutano la nostra giovane autrice  a riflettere su se stessa e a mettersi a fuoco, mentre pagina dopo pagina si fa strada il sospetto di essere diventata oggetto passivo della vicenda e non più soggetto attivo. E attraverso un’analisi disincantata sull’indifferenza dilagante e sulle contraddizioni della nostra società, Lidia Mancini comincia ad intravedere la sua strada ed ad incamminarsi verso l’età adulta.

 

E’ passato quasi un anno da quando ho inviato la lettera al Presidente ma, nel frattempo, ho vissuto talmente tante esperienze che mi sembra che ne siano trascorsi almeno venti. Innanzitutto voglio rassicurare tutti sul fatto che ancora non lavoro stabilmente; lo so, è incredibile ma la prendo con filosofia, mi mantengo giovane e temprata nella mia battaglia. Continuo a cercare la mia strada e a pensare che “l’uomo forte non è chi non cade mai ma chi quando case riesce a trovare la forza per rialzarsi”.

(Delt@ Anno VII, N 95 del 6 maggio 2009)                      Claudia Frattini