Un’epidemia mondiale, silenziosa e di dimensioni
allarmanti. Lebbra? Febbre gialla? Hiv? Colera? Niente di più lontano
dalla realtà. Si tratta, secondo la definizione data dall’ONU nel
rapporto del 2005, di un male più subdolo, lesivo e condizionante: la
violenza sulle donne e sulle bambine. Un cappio strettissimo di soprusi
reiterati imposti da uomini prepotenti e senza scrupoli. Un giogo
difficile da spezzare, soprattutto quando subentrano la paura e la
solitudine. Un fenomeno sociale, quello della violenza domestica,
con caratteristiche allarmanti e dal quale
si riesce ad uscire solo grazie all’ascolto e alle relazioni d’aiuto,
ovvero tramite processi educativi informali che affondano nel vissuto.
E’ quanto sostengono, in questo volume, Barbara Felcini e Alessandra
Forteschi, due socie dell’Associazione Assolei - Sportello donna Onlus,
impegnate come volontarie nell’ ascolto e nell’ aiuto alle donne. Donne
che chiedono consulenza o assistenza legale per tutelare sé stesse e i
propri figli e che hanno subito le più disparate violenze: dalle
molestie sessuali al mobbing, dalle percosse alle discriminazioni di
genere. Il libro, articolato in sei capitoli - che analizzano
la violenza di genere, la violenza nel rapporto di coppia, le
implicazioni psicologiche dovute alla distruzione del senso di sé, le
ferite interiori e i colloqui con le operatrici -, mette a disposizione
delle lettrici e dei lettori il bagaglio di conoscenze, professionalità
e modelli comportamentali maturati nel corso dell’esperienza che
entrambe le autrici hanno acquisito e stanno vivendo. Un viaggio
interiore attraverso l’identità e la soggettività femminile; un percorso
mentale e corporeo – per usare le parole di Francesca Brezzi, docente di
Filosofia morale a Roma Tre, che ha curato la prefazione - segnato da
strettoie, vicoli ciechi e labirinti e da cui donne e
uomini possono uscire trasformati. Perché non basta dare semplicemente aiuto, ma occorre
entrare e comprendere il mondo che ci sta di fronte; sapere come
comunicare, stabilire fiducia e relazionarsi in modo equilibrato e
rispettoso. Essere, insomma, non dispensatrici di giudizi o soluzioni,
ma compagne di percorso; sapersi affiancare e ascoltare, dapprima in
silenzio, poi con una parola che sia densa di sentire, di un partecipare
e vivere il mondo dell’altro; occorre curare e mettere al centro la
relazione, offrire coerenza e congruenza, diventare persona di fiducia.
In una parola condividere.
(Delt@
Anno VII, N. 38 del 24 Febbraio 2009)
Claudia Frattini |