In breve Incontro con le autriciL´incontro con
le autrici, avvenuto il 7 luglio alla
Casa Internazionale delle
donne, lascia
nella nostra memoria l´eco sorda di una realtá mai abbastanza presente
sulle pagine dei quotidiani. A piú di un mese di distanza da
quell´incontro Romano, e a due dall´uscita del libro, vogliamo
ripercorrere le parole delle autrici stesse chef meglio di ogni altro
hanno saputo incorniciare in una istantanea lunga 365 giorni l´orrore
della violenza maschile sulle donne, una violenza che il più delle volte
si consuma tra le mura domestiche, in famiglia. Grazie alle loro parole
cerchiamo di tracciare una mappatura del senso e della genesi di questo
straordinario testo di denuncia. Maria Palazzesi, con eleganza e forza espressiva, introduce le ospiti della rassegna da lei organizzata, definendo il tema dell´incontro la “metamorfosi della violenza”, ovvero quella privata, non pubblica, il cui peso emerge solo al 6%. Segue Serena Palieri, collaboratrice de l´Unitá; specializzata, se cosí si puó dire, sulle violenze derivanti dalla non accettazione dei differenti orientamenti sessuali, nel libro ripercorre la storia di Paula, lesbica stuprata e punita della sua scelta. Palieri ci dice che il progetto del libro risale al 2006. In quel momento cercavano di capire quale fosse l´andamento di questi attacchi maschili alle donne, e non si sarebbero aspettate che nell´arco di un anno, i delitti sarebbero aumentati in modo evidente. Fu cosí che si trovarono di fronte ad un fenomeno complesso, al quale volevano fin da subito approcciarsi in modo empirico, sul fatto, praticando quella che fin da subito si riveló come una denuncia necessaria. I due elementi caratterizzanti la ricerca, furono evidenti fin da principio: la ripetititvitá dell´ossessione violenta maschile, la necessitá di mettere a fuoco alcuni di questi eventi, estrapolando dalla lista nera alcune delle storie piú rappresentative, ampliando l´evento con ricerche e interviste. Una ricerca dell´ISTAT parla di 1.150.000 violenze sulle donne, il 91,6% delle quali non denunciate. L´intuizione del libro fu dunque da subito corroborata da una grande ricerca statistica che confermava in modo sinistro l´emergenza di questa “notizia”. Fondamentale sembra la
definizione del neologismo “femminicidio” (la cui origine viene
ripercorsa da Barbara Spinelli in Femminicidio. Dalla denuncia
sociale al riconoscimento giuridico internazionale, Franco Angeli
editrice 2008- Il testo
documenta la nascita del termine femminicidio e come esso nasca in
Messico, prima della strage delle donne di Ciudad Juarez a cui viene
riferito.Il termine é stato adottato dalle donne centroamericane per
veder riconosciuti e rispettati i propri diritti umani, in particolare
quello ad una vita libera da qualsiasi forma di violenza (nda).
Il femminicidio é per Palieri,
quell´omicidio perpetrato ai danni diu una donna non per ragioni
“strumentali”, ma per ribadire alla vittima e sopratutto a sé stesso che
di quella donna si ha la proprietá. Una proprietá totale, che si
conclude con il possesso e la distruzione del corpo. E se le
resistenze delle donne abusate, violate, suona come un territorio
stantío, in realtá c´é qualcosa di diverso: la legislazione di alcuni
paesi é cambiata e gli uomini sono persone che hanno paura della nuova
figura della donna. Il mondo luminoso delle donne che appare sullo
schermo, non é altro che la seconda faccia di una stessa medaglia,
quella dei corpi usati e abusati. É il turno di
Dacia Maraini, che ci spiega come questo sia il terzo libro del
gruppo di
Controparola,
nato nel gruppo delle donne, insieme, dunque difficile come tutti i
lavori collettivi, che hanno peró di contro la forza di creare fermento
fin dalla sua genesi e di creare collegamento fra le donne. Ció che
Maraini mette in evidenza, é come a differenza di tanti delitti, lo
stupor sia uno di quelli che come primo impatto, come prima reazione ha
la “mancanza di credibilitá”. Lo stupor non
viene creduto, riconosciuto, rispettato, nonostante l´ONU abbia
stabilito che lo stupro sia un atto “di genere”.
Ció significa che i due sessi si
contrappongono come su un campo di battaglia, e che tutte le donne,
anche quelle che rimangono fuori, sono chiamate a sentirsi parte di
questa Guerra dichiarata contro il loro genere in quanto tale. A volte
si parla di stupro come se si trattasse di sesso, mentre siamo nella
sfera della violenza. Prova ne é che a
differenza del sesso nello stupro manca erotismo, seduzione, desiderio.
La donna invece viene colpita nel suo luogo piú sacro, ovvero quello che
dá luogo alla vita. Colpendo il sesso della donna il maschio sembra
volerla macchiare, sporcare. Questo immaginario del possesso dell´altro
nell´amore (o cosidetto tale) é ribadito ancora oggi dal cattolicesimo,
secondo cui il matrimonio e l´amore viene definito come “possesso” l´uno
dell´altra. Ed é proprio questa idea del possesso violato (per un
tradimento o presunto tale, per una contravvenzione al patto, talvolta
rappresentato da una semplice attivitá della donna intraprersa “fuori”
dal controllo del marito), a mettere in discussione l´integritá maschile.
Dunque a causare – prosegue
Maraini- quel risentimento e quella violenza che porta al femminicidio. Ed ecco emergere un tema che ci sembra essenziale: é da piccoli che si comincia ad educare al rispetto degli altri, é ai bambini che si insegna a subliminare l´istinto del possesso e della violenza (che pur ci caratterizza come esseri umani, nda), indirizzando quell´istinto e quella forza verso applicazione creative, verso la consapevolezza e il superamento delle forme piú basse di espressione del sé. Secondo Maraini fonte di molti errori consiste nell´educare diversamente uomini e donne: ció su cui bisogna intervenire, l´elemento piu´ profondo del cambiamento sta nel cambiare il rapporto tra i sessi in un reciproco scambio, da coltivare fin da bambini, nell´infanzia. Aggiungiamo infatti che é nell´etá prescolare che i maschi e le femmine sviluppano per natura le proprie differenze e le possono “donare” ai propri simili, di genere opposto, nella curiositá e nel rispetto, ogni sfumatura, scoprendola progressivamente sulla loro pelle. Evitare fin da subiuto i sentimenti morbosi, le competititvitá infondate, l´incapacitá di accettare le differenze nella grande ricchezza che rappresentano, é uno dei compiti essenziali delle nuove generazioni di madri. Iniziando dal coltivare nuove armorie tra fratelli e sorelle che fin dall´infanzia imparino a sentire che prima di maschi e femmine sono esseri umani. Un altro elemento caro a Maraini é la trasversalitá che appare dalle violenze in atto nel nostro paese. Ovunque, in modo assolutamente trasversale, la violenza attraversa tutte le classi sociali, in questo avvicinandosi specularmente, in modo del tutto aderente e sinistro, al fenomeno della prostituzione. Ovviamente si parla del “nucleo di immobilitá” rappresentato dal cliente, ovvero dall´uso della prostituzione. A questo punto interviene
Chiara Valentini, che ammette di aver cominciato il “suo” libro
molto prima della genesi di Amorosi Assassini, di aver incontrato il
tema del terrorismo domestico durante la sua ricerca e di aver scoperto
l´esistenza dei tribunali di genere indirizzati a tutelare il diritto
delle donne di denunciare i propri carnefici.
Una delle prime leggi fu
quella di Zapatero. Valentini ci spiega come in Spagna il tema della
violenza sulle donne sia molto sentito e come non esista in quel paese
il fenomeno giornalistico da noi definito il
"delitto dell´estate“.
Secondo Valentini molte donne
potrebbero scampare alla violenza se nella testa della gente si
insediasse l´idea che spesso la culla dell´orrore sono le mura
domestiche. Lo slogan delle donne scese in piazza il 24 novembre 2007
parla chiaro:
L´assassino non bussa alla
porta: ha le chiavi di casa. Giovanna Fava, interviene anche lei definendo il femminicidio l´omicidio di una donna per il semplice fatto che é donna. Lia Levi, racconta in brevi trace l´episodio estremo di cui si occupa nel libro, ovvero la storia di Debora Lizzata. La quindicenne, violentata da un uomo maturo, assistette alla carcerazione del suo aguzzino, dentro per 3 anni poi di nuovo fuori, libero di perseguitarla: una vita cancellata in una pozza di sangue. Al termine di una riflessione delle autrici capace di azzerare la capacitá di dibattito di una sala piena e silente, emerge netta la coscienza sporca di una societá che non vuole prendersi le proprie responsabilitá, ma piuttosto rimovere quotidianamente le macchie vermiglie di una violenza ininterrotta contro le donne. A loro, ora, la forza di credere in un modello maschile migliore, contribuendo attivamente a “crescerlo”. (Delt@ del 13 agosto 2008) Angelica Alemanno
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