Giacomo Leopardi, Le donne, gli amori di Raffaele Urraro

 

 

Editoria

 

 

Di Leopardi si potrebbe dire quello che

Hölderlin scrisse a un’amica: “Ti amo,

ma la cosa non ti riguarda”.

 

E’ con queste parole di Umberto Galimberti che si apre il volume Giacomo Leopardi. Le donne, gli amori, una lunga e minuziosa ricerca, scientificamente condotta da Raffaele Urraro, sull’universo femminile leopardiano. Le donne che entrarono a vario titolo nella sua vita, lasciandovi una traccia, le amicizie e gli amori mancati: la “sorella amorosa e compiacente”, la “nonna affabile e premurosa”, la marchesa della “conversazione del pasticcio”, la “donna del sogno”, “l’infermiera dell’anima”, la “poetessa romana”, l’”angelica suora di carità” e tante altre.

Basata su testimonianze dirette del poeta recanatese, dei suoi corrispondenti, parenti e amici, e su documenti di provenienza diversa, l’opera di Raffaele Urraro attraversa, con sensibilità lucida e profonda, il disagio esistenziale e filosofico leopardiano, a partire da quell’assenza materna che connotò negativamente la sua vita.

Una malinconia affliggente lo uccideva nell’anima. Un sentimento doloroso del vivere e una profonda insoddisfazione alimentavano un groviglio inestricabile di tensioni. Un vortice in cui andavano maturando il pessimismo, l’insofferenza e la volontà di dare sbocco ad una irresistibile ansia di liberazione e di libertà. Al tempo stesso, lo “studio matto e disperatissimo”, unico divertimento recanatese, minava la salute di Giacomo – che mostrò ben presto di conoscere a fondo le ragioni e le modalità teoriche e pratiche del suo fare poetico -  in modo irreversibile. Mentre la deformità del corpo e la conseguente aspra conflittualità con esso alimentavano il ricorrente pensiero del suicidio come momento risolutivo del suo dramma personale. A ciò si aggiunga la profonda ribellione all’ambiente natale, dal quale il poeta meditava la fuga, “perché letteratura è parola inesistente per i suoi concittadini”.

La noia da fuggire. La vita e l’amore da scoprire. Questi  i due rovelli che bruciavano la mente e il cuore leopardiani, insieme ad un altro ancor più grave e decisivo: la perdita dell’autostima. Unico conforto contro i mali della vita le illusioni, ancorché riconosciute vane.

Sono soprattutto i sogni d’amore che Giacomo rievoca in queste poche pagine memoriali. E’ il sogno della donna che gli allevia le sofferenze e i dolori causati dalle privazioni d’amore. E nel sogno è la proiezione degli stimoli erotici e delle figure ideali femminili che vi appaiono come donne sue. Sogni amorosi di grande efficacia, come quello per la balia, coltivati e vissuti come fossero vita vera. Quella vita che a sua volta andava continuamente a tradursi in forme oniriche.

Momenti di dolcezza rievocativa indissolubilmente intrecciati e alternati con la realtà presente.

 

O donna, che tu mi lasci, e questo amore

ch’io ti porto non sai, né t’avvisa

l’angoscia di mia fronte e lo stupore (Canti)

 

(Delt@ Anno VII, N. 49 del 10 Marzo 2009) Claudia Frattini

 

L’AUTORE

Raffaele Urraro è nato e vive a San Giuseppe Vesuviano. Laureato in Lettere Classiche presso l’Università «Federico II» di Napoli, dove ebbe maestri Salvatore Battaglia e Francesco Arnaldi, dopo aver insegnato Italiano e Latino nei Licei, ora si dedica esclusivamente al lavoro letterario. I suoi interessi spaziano dalla poesia alla saggistica alla narratologia alla linguistica alla semiologia allo strutturalismo. Collabora come redattore alla rivista di letteratura e arte «Secondo Tempo» e a quella di poesia «Controverso» con saggi sulla poesia moderna e contemporanea, recensioni e articoli di varia natura. Oltre a numerose pubblicazioni di poesia, ha prodotto, in collaborazione con Giuseppe Casillo, molte antologie di classici latini commentati secondo moderni metodi esegetici (Loffredo, Napoli) e la Storia della letteratura latina in 5 volumi (Bulgarini, Firenze).