Del mutare dei tempi di Marisa Rodano

 

 

Editoria

 

 

Un lungo vagabondare nella memoria. Un intreccio di motivi, persone, circostanze, fatti di cronaca, pubblica e privata. Del mutare dei tempi. Di un’Italia uscita dalla guerra e dalla Resistenza. Di un Paese che stava cambiando comportamenti, costume, linguaggio e i modi stessi dell’attività politica. Veniva ricostruito, cresceva e mutava pelle.

I miei ricordi seguono due percorsi diversi, che si sovrappongono e si intrecciano ma che è giocoforza tenere distinti: tra l’uno e l’altro vi è una divaricazione, quasi una schizofrenia. Il primo percorso attiene al frenetico attivismo che contrassegnava la mia vita quotidiana. Il secondo è quello dei dubbi, delle incertezze, dei rovelli, delle contraddizioni teoriche e politiche […].

Sono le memorie che Marisa Rodano consegna al pubblico in questo secondo volume, il cui testo è stato pensato e scritto come una narrazione continua in quattro tempi: l’età dell’inconsapevolezza, il tempo della speranza, l’ora dell’azione, la stagione del raccolto. Una ricostruzione che, a partire dalla rottura rivoluzionaria segnata dal ’48, con l’emergere di un ceto politico in grandissima maggioranza nuovo, alla sua prima esperienza parlamentare, attraversa circa un ventennio. Sono gli anni seguiti alla fine della seconda guerra mondiale, mentre l’Italia usciva dalle macerie, si ricostruiva lanciandosi verso l’avvenire e grandi eventi si verificavano nel mondo. Un’epoca segnata da crisi di governo a ripetizione, in cui la politica era affare di tutti, non solo parlata né, tantomeno, politica spettacolo. Anni contraddistinti da un aspro e drammatico scontro politico e sociale, connotati da un’ondata di repressioni e di eccidi contro operai e contadini, dalla scomunica contro i comunisti, dalle chiusure codine e dall’anticomunismo viscerale delle gerarchie ecclesiastiche, dalla rincorsa atomica, dalla divisione tra le due Germanie, dallo scoppio della guerra di Corea, da nuovi rapporti tra la Chiesa e il mondo, dal miracolo economico, da schiarite e bruschi aggravamenti della conflittualità internazionale. Anni in cui campeggiavano sulla scena mondiale tre uomini, incredibilmente diversi e tuttavia ciascuno, a suo modo, eccezionale: Nikita Krusciov, John Kennedy e Giovanni XXIII.

Una fase storica, quella del ventennio 1948 – 1968, di mutamento tumultuoso, alimentata da aspettative sconfinate e tenace ottimismo, in cui i processi avanzavano sulla spinta delle idee e delle grandi forze sociali. Ancora all’inizio degli anni ’60 -  sottolinea, infatti, l’autrice - restava salda la convinzione che si potesse, per via di scelte e decisioni politiche, non solo immaginare ma anche costruire un sistema migliore, più razionale, più efficiente e soprattutto più giusto. E proprio alla fine degli anni ’60 si ferma  Marisa Rodano con la sua narrazione, ai primi fuochi di quell’esplosione che sarebbe divenuta il movimento studentesco, avanguardia delle lotte operaie e oscuro presagio delle bombe di Piazza Fontana e dell’inizio degli anni di piombo.

A metà tra memoria autobiografica e saggio, il libro di Marisa Rodano ripercorre una straordinaria vicenda personale e familiare. Da un lato, si addentra in quella politica “al femminile” il più delle volte sottovalutata, estremamente dura e infinitamente meno gratificante di quella degli uomini, in cui stentava ad affermarsi –  ieri come oggi – il valore della presenza muliebre ed il punto di vista di genere. Perplessità, rovelli, incertezze e contraddizioni, nell’ambito di un travaglio teorico che ha visto coinvolta l’autrice allo stesso modo di molti compagni della ex sinistra cristiana, che avevano scelto di militare nel Pci. Una schizofrenia derivante da un impegno senza respiro nella politica quotidiana e le perplessità crescenti sulla validità di tale politica e sulle capacità di direzione del Pci. D’altra parte, una meravigliosa vicenda sentimentale e familiare tratteggiata con delicatezza, freschezza e precisione dei particolari: .

 […] qualcuno, […] ci definì due piramidi, una dritta e una rovesciata, che combaciando costituivano un solido parallelepipedo. […] Siamo stai davvero una vera coppia, autonomi, liberi, diversi, ma profondamente uniti, davvero una cosa sola.

(Delt@ Anno VI, N 241 del 4 Dicembre 2008)                                                      Claudia Frattini