Il “progetto di legge per vietare alle donne di imparare a leggere” di
Sylvain Maréchal
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Editoria |
(Roma)
“Le donne sono già abbastanza occupate dai lavori domestici, perché
avanzi loro del tempo da perdere per imparare a leggere e a scrivere”. È
questa una delle ben centotredici considerazioni che motivano il
“Progetto di legge per vietare
alle donne di imparare a leggere”, scritto nel 1801 e oggi
riproposto, nella traduzione a cura di Enrico Badellino, dall’Editore
Archinto. Secondo Maréchal, infatti, “i libri rendono le donne sterili,
fanno distrarre le parrucchiere che così bruciano i capelli delle
clienti, costringono le nutrici a ridurre alla fame i poppanti, fanno
equivocare le infermiere e le farmaciste che così ammazzano i malati”. E
le letture corrompono l’animo femminile, cui ben altri compiti sono,
invece, destinati: “ “Una donna, anziché imparare a leggere, deve
imparare piuttosto come stare al mondo, come essere compita e premurosa
nei confronti degli estranei, come fare gli onori a tavola, animare una
festa, dare un saggio consiglio in una riunione di famiglia, placare gli
scatti d’ira del marito, riportare sulla retta via un figlio traviato o
una figlia irretita da un seduttore.” Tra i numerosi esempi di beata
ignoranza indicati dall’autore c’è anche Laura de Noves (1308-1348), la
cui bellezza cantava Petrarca. Come ricorda anche Enrico Badellino,
curatore di quest’ultima edizione italiana del “progetto di legge per
vietare alle donne di imparar a leggere”, a quel tempo non solo la
Rivoluzione taglia la testa dell’autrice della Dichiarazione dei diritti
della donna e della cittadina, ma alle donne è proibito partecipare alle
riunioni della Convenzione, alle assemblee politiche, e perfino di
riunirsi per strada in più di cinque. Un quadro normativo e un contesto
umano e culturale molto lontani dal nostro, eppure, specchio di
un’immagine distorta – della donna nella società e nel tempo – che
ancora oggi, purtroppo, ci somiglia.
(Delt@
Anno VI°, N. 78 - 79 del 4
- 5 Aprile 2008)
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