(Roma)
“Il desiderio bruciava come fuoco
nei lombi di Maometto, inestinguibile in una notte, due, o tre. Il
dolore della consumazione presto si dissolse, Maometto fu così gentile
che sentii appena la puntura dello scorpione”
(…). Questo è uno dei
passaggi del volume dell’americana Sherry Jones,
Aisha, l’amata di Maometto
(titolo originale ‘The Jewel of Medina”, in libreria in Italia da pochi
giorni), che racconta in
prima persona la vita di Aisha, la moglie (la terza) prediletta di
Maometto che lo sposò a sei anni quando il Profeta ne aveva 50, e
pubblicato in Italia, nonostante le polemiche, da Newton Compton, dopo
che la casa editrice Random House ha deciso di rinunciare alla
pubblicazione (accettata poi dalla Beaufort Books) “per la sicurezza
dell’autrice, dei dipendenti della casa editrice, dei librai e di
chiunque altro possa essere coinvolto nella distribuzione e nella
vendita del romanzo”. L’intrusione (scandalo), con l’ opera prima di
quest’autrice 46enne (giornalista professionista, attualmente
corrispondente del Bureau of National Affairs dall’Idaho e dal Montana.
Ha studiato la lingua araba e frequentato corsi universitari sulla
società islamica), nella vita sessuale di Maometto, oltre ad essere
ritenuta pericolosa, è stata definita un soft porno da Denise Spellberg,
docente all’Università di Austin in Texas, che ne ha sconsigliato la
pubblicazione negli Stati Uniti, dopo che la notizia che il volume, che
“si farebbe beffe dei musulmani e della loro storia” sono rimbalzate sul
sito Internet di Shahed Amanullah, molto popolare tra i musulmani che
vivono negli Stati Uniti. Martin Rynja, proprietario della casa editrice
britannica Gibson Square, che ne ha acquistato i diritti per il Regno
Unito, a settembre è stato oggetto di una bomba molotov contro
l’ingresso della sua abitazione. Intanto qui da noi già 3.000 copie sono
state vendute dal 16 ottobre, da quando il libro è apparso in libreria. Un libro che incuriosisce, e che l’inaccettabile
censura americana e le minacce di terrorismo all’autrice (che si
difende, dichiarando di aver deliberatamente e coscienziosamente scritto
con il massimo rispetto dell’Islam e di Maometto, dopo aver compiuto le
sue ricerche su A’isha, una passione per la sua storia, chiarisce
l’autrice, che travalica qualsiasi paura), fa venir voglia di leggere.
Le polemiche servono a far vendere i libri, si sa, e
su quella che ha portato La Random House a recedere dal contratto, che
prevedeva un anticipo di centomila dollari per due romanzi su Aisha , Sherry osserva che “le proteste e i casi di
violenza che si sono verificati finora non sono il risultato del libro,
che ora anche gli americani e le americane ora possono leggere, , ma
delle accuse mosse da Spellberg, la studiosa di Austin: pur non
professando l’Islam si è sentita in dovere di parlare per conto dei
musulmani”. Ma quella di Maometto e Aisha è una storia d’amore e di fede
che vale la pena raccontare, ribatte l’autrice,
affascinata dalle vicende di Aisha, su cui non era stato
pubblicato granché in inglese. E poi, continua, “l’oppressione delle
donne non è una prerogativa dell’Islam: nel settimo secolo Maometto
aveva concesso alle donne di ereditare, testimoniare e dettare
condizioni di divorzio nei contratti matrimoniali, e quindi era un
riformatore”. I/le lettori/trici, continua Sherry, “ potranno constatare
che scrivo nel rispetto dell’Islam”. A disturbare sarebbero alcuni passaggi del volume,
irriverenti nei confronti di Ali, il cugino e genero di Maometto,
considerato dagli sciiti unico degno successore del Profeta, e bollato
dall’autrice un “asino
pieno di sé” o un “pallone gonfiato”. Era anche l’opinione di Aisha,
sottolinea ancora l’autrice,” i pessimi rapporti tra di loro sono ben
documentati e nel prossimo libro esploro proprio la loro rivalità dopo
la morte di Maometto, facendo di Ali un eroe che lotta per preservare
l’Islam come avrebbe voluto il Profeta”. Siamo di fronte a una nuova fatwa islamista ( come
successe per i“Versi satanici” di Salman Rushdie colpito nel 1989 da una
fatwa lanciata dall’ayatollah Khomeini)? Lo penserebbero molti
autorevoli quotidiani internazionali e nazionali tra cui il Corriere
della Sera e il Foglio, ma lo smentisce uno dei principali e diretti
interessati alla vicenda: Cristiano Armati, l’editor della casa editrice
Newton Compton (casa editrice del Corano, pubblicato con il benestare
dell’Unione delle comunità islamiche italiane, ma anche di un autore
come Michael Mohammed Knight che è il campione dell’islam liberale
americano). “I toni giornalistici sono stati esagerati – ha
spiegato Armati a “il Velino” -. Ci tengo a sottolineare che non è stata
lanciata alcuna fatwa né contro il libro né contro Sherry Jones. La
fatwa è un procedimento ben preciso che può essere lanciato da una
figura preminente e che anche giuridicamente abbia un riscontro nella
cultura islamica. Nessun principe dell’islam ha riunito un tribunale e
ha lanciato una fatwa. Il tipo di attentato contro il proprietario della
casa editrice Gibson Square è stato molto flebile. Tecnicamente parlando
neppure si è trattato di bomba molotov, ma di bottiglie non innescate
con dentro del petrolio. Insomma più che un attentato è stato un
avvertimento. Purtroppo possono esistere dei personaggi che a titolo
individuale combinano danni senza necessariamente avere dietro qualcuno
che li legittimi”. L’ editor, che ha annunciato l’arrivo dell’autrice
in Italia, il mese prossimo, ha precisato che nella sua scelta di
puntare su “Aisha”, l’interesse storico e l’appeal sull’opinione
pubblica hanno prevalso sulle qualità letterarie intrinseche del testo.
Ha una trama avvincente e meritava senz’altro di essere pubblicato. “ Volendo fare un paragone, il "Codice da Vinci" è
un libro molto più blasfemo dal momento che narra di rapporti sessuali
tra Gesù e Maria Maddalena”, sottolinea l’editor. “In “Aisha"
l’argomento sessuale è semplicemente alluso. Anche alcune polemiche
scoppiate sono fuori luogo. Diversi giornali esteri hanno parlato di
scene di pedofilia. Ma non scherziamo! I comportamenti e i costumi di
1500 anni fa erano diversi da quelli di oggi. Nella società del VI
secolo non era strano sposarsi in tenera età e consumare il matrimonio
quando ancora non si era adolescenti”. Il giudizio degli islamici italiani? Non preoccupano
la casa editrice, che comunque annuncia di voler rispettare, anche se si
prevedono violenti.”Il bello di un libro poi,
non è – chiosa Armati - quello di saper suscitare un dibattito?”.
(Delt@
Anno VI, N. 206 - 207 del 24 ottobre 2008) |