Intorno soltanto ombre.
Penso a te […]. L’ultima volta che ci siamo viste, mi avevi legata al
letto. Mi avevi picchiata con tutte le tue forze prima di radunare i
vicini affinché vedessero cosa intendevi fare con quello spirito maligno
che viveva sotto il tuo tetto e sosteneva di essere tua figlia […].
Quando mi picchiavi gridavo e basta, poi sanguinavo. Lacrime mai. Ha attraversato l’inferno la piccola Musango.
Respinta nell’amore, ridotta alla fame, seviziata e picchiata, fino a
perdere conoscenza, a soli nove anni viene cacciata di casa in nome di
un folle sospetto: sua madre la
crede un demone che si ciba di vite umane, un vampiro di cui sbarazzarsi
senza indugi e, soprattutto, senza pietà. Trafitta dal dolore, immersa
nella solitudine, nuda dentro e fuori, Musango simboleggia il destino
dei piccoli in un Paese fatto a brandelli dalla guerra civile. Un mondo
in cui i bambini impersonano i fallimenti dei genitori, incarnano la
rovina e il declino degli adulti e sono ritenuti responsabili di ogni
male. Un mondo dal quale i puri devono essere allontanati. Comincia così il viaggio della piccola Musango verso
il domani: tre lunghi anni, durante i quali, senza scendere a patti con
la memoria o cedere alla commiserazione, questa piccola grande donna
attraverserà l’immaginario Stato africano dello Mboasu, facendo i conti
con i drammi e le paure della sua breve, silenziosa e flebile esistenza.
Né la guerra, né la malattia, né la strada avranno il sopravvento su di
lei. E Musango potrà sentirsi finalmente viva, intera, pronta a nominare
il dolore per poterlo scacciare, a perdonare. Dedicato alle giovani generazioni, il libro di
Léonora Mìano è un capolavoro di delicatezza e passione, tutto intriso
delle sofferenze dell’anima e delle profondità dello spirito. Prosa
piana e decisa, ritmo serrato, parole docili e, al tempo stesso,
inflessibili racchiudono un percorso esistenziale e intimamente
visionario attraversato con la sensibilità
di un poeta.
Tutta quella rabbia non
ha mai avuto niente a che fare con me […]. Mi chiedo per quanto tempo
vivrai ancora così,
esiliata in una dimensione irraggiungibile per noi altri. Accanto al
mondo ma non davvero dentro […].
La mia solitudine e il mio errare
non sono stati vani, perché mi hanno portata a quest’alba dove
finalmente so che mi vuoi bene […]. Questo dunque è il giorno che sorge.
Durerà il tempo che mi resta da vivere […]. Bisogna ricordare e poi
camminare […]. Vedi, mamma, adesso vivere tocca a me. Ho valicato la
montagna […] e con il cuore pieno d’ardore stringo in un intenso
abbraccio i contorni dell’alba.
(Delt@
Anno VI, N 232 del 24
novembre 2008)
Claudia Frattini |