“Cosmofobia”: la società multiculturale tra diversità e uguaglianze di uomini e donne del nostro tempo

 

Editoria

 

 

(Roma) È un caleidoscopio di sentimenti e storie il romanzo “Cosmofobia” di Lucía Etxebarría (ed. Guanda, 2008): sentimenti e storie di uomini e donne del quartiere madrileno Lavapiés, luogo in cui le razze, le culture e le classi sociali convivono dando vita a una società multiculturale. Immigrati e povera gente dei vari angoli della terra si trovano così mescolati ad artisti e intellettuali e, anche se a volte le diversità non riescono a dar vita a quella che potrebbe essere definita la società interculturale - cioè quella in cui esiste una piena compenetrazione e comprensione delle rispettive culture – il loro incontro porta alla nascita di storie dai destini incrociati in cui i sentimenti, le vicende della vita e la condizione umana si svelano uguali per tutti. L’amore e l’amicizia, le nevrosi, l’inquietudine, l’opportunismo, la disperazione, la speranza e la forza di ricominciare si susseguono incessantemente nelle pagine di un romanzo scritto con la grande ironia e il realismo di chi sa leggere le sfaccettature di una realtà complessa eppure così omogenea quando si analizzano l’animo e le vicissitudini umane. Le sofferenze causate dalle occasioni perse, dagli amori eterosessuali o omosessuali non corrisposti o finiti colpiscono così uomini e donne allo stesso modo. In ugual misura molte donne protagoniste del romanzo si ritrovano nel centro di auto aiuto del quartiere a causa dei maltrattamenti fisici e psicologici che hanno subito da parte dei loro mariti, fidanzati e familiari. La loro nazionalità non ha importanza: ecuadoregne, marocchine senegalesi e spagnole si trovano accomunate, pur nella diversità delle loro storie, dalla violenza maschile che non conosce differenze di cultura.

Il pregio del romanzo è quello di trattare temi tanto diversi e a volte delicati e penosi (si pensi a quello dell’emigrazione clandestina, a quello della violenza sulle donne, a quello dell’anoressia e quello della difficile dichiarazione del proprio orientamento sessuale specie in anni passati, quando esso non fosse coinciso con l’ eterosessualità) senza mai indugiare su toni drammatici, al contrario narrandoli attraverso un linguaggio diretto e concreto affidato spesso ai protagonisti, uomini e donne che immagini di poter incontrare realmente in qualche città, persone con tutte le “patologie” e i problemi del nostro caotico tempo.

(Delt@ Anno VI, N. 166 dell’8 settembre  2008)                                  Silvia De Silvestri