(Roma)
Solitudine.
Solitudine che nemmeno l’amore di chi si ha vicino può lenire. Questo il
filo conduttore di tre dei racconti contenuti in
“Più lontano del mare e del
cielo” di Beatrice Benet (SBC edizioni).
Protagoniste di ogni
racconto figure femminili.
La prima storia è
incentrata su una giovane donna la cui vita si riduce alla dipendenza
dalla droga e al passaggio da un carcere e l’altro, tra ricordi di
un’esistenza amara e altri in cui la felicità si lega a sporadici
momenti vissuti in giovane età.
La seconda storia
narra la terribile sorte di una bambina latino-americana, vittima come
tante donne e uomini delle dittature sanguinolente di alcuni Paesi di
quel continente.
La quarta storia è
quella di una donna ammalata di Alzheimer. La scoperta della malattia,
il succedersi delle fasi della stessa, senza che nemmeno la famiglia
possa essere di aiuto con il proprio sostegno ed affetto, infine il
dolore che la malattia provoca ai familiari di chi ne è affetto, sono
narrati nella loro quotidianità.
Vicende tristi e
dolorose dunque, raccontate con un linguaggio diretto che intende fare
immedesimare il lettore /la lettrice con le protagoniste stesse,
entrando nel loro modo di pensare, di raccontare, di vivere.
Si differenzia molto
dalle storie sopra riassunte il breve, terzo racconto della ricerca
della serenità da parte di una cinquantenne alla ricerca di conferme;
quasi una pausa di respiro, una nota di leggerezza dopo la drammaticità
dei racconti precedenti. Il tema della solitudine è questa volta
trattato secondo la prospettiva dell’allontanamento di questa condizione
attraverso la ricerca di momenti di tenerezza che possano far sentire
vivi.
Complessivamente, le
pagine scorrono velocemente e appare encomiabile il desiderio di toccare
argomenti drammatici la cui complessità, tuttavia, non trova talvolta
adeguato approfondimento nel libro.
(Delt@
Anno VI, N.
103 del
6 Maggio 2008)
Silvia De Silvestri |