(Roma) “Trasposizioni sull’etica
Nomade”(Sossella
editore) l’ultimo libro di Rosi Braidotti, porta a compimento la
trilogia iniziata con “Soggetti Nomadi” e “In metamorfosi”.
E’ un’opera cui la filosofa femminista di prestigio
internazionale e docente di Utrecht
ha lavorato per circa un ventennio. La sua ormai nota tesi sul soggetto nomade è
riproposta alla luce delle del rapporto tra etica e politica, tra
umanità e tecnica, alla luce, insomma dei paradossi e delle
contraddizioni che la contemporaneità impone. In un’epoca storica che parla di morte, di fine delle
macro-narrazioni, di fine dell’ideologia con la sua ultima incarnazione
nella caduta del muro di Berlino, il progetto etico di Braidotti celebra
la vita, Zoe, contro il
nichilismo del capitalismo avanzato che ci defrauda del presente.
L’incapacità di coincidere con il presente, il destino di essere
inghiottiti dal futuro è una condizione esistenziale delle nostre vite.
La società contemporanea è tutta ossessionata dal nuovo, dal
cambiamento, dalle trasformazioni che minano l’organizzazione sociale e
i modi di scambio stabiliti dalla cultura industriale. “Alle nove tecnologie, economie, corrispondono nuovi
stili di vita, nuove
generazioni di congegni umani che tecnologici, nuove guerre e nuove
armi” (pag 12). Ma l’impatto innovatore delle nuove tecnologie
è frenato dalla
riaffermazione della spinta gravitazionali di valori vecchi e
tradizionali. Sono tempi schizofrenici, spasmodici che rivelano” il
paradosso sia di un perdurante
arcaismo sia quello dell’ipermodernismo.” Ansia paura, euforia e
ottimismo sono le passioni che costituiscono il paradigma della nostra
post-modernità. Come uscire
dall’impasse del nostro tempo? Braidotti non ha dubbi: con la passione
politica come impegno affettivo dei corpi, attraverso l’affermatività
del desiderio piuttosto che con la mancanza, con la presenza piuttosto
che con l’assenza;
ricollocando il soggetto stretto tra le nuove ideologie unitarie e
dominati del “neo-conservatorismo liberale” per
attraversare le possibili alternative sostenibili. Ridisegnare le
sagome del presente, le sue alternative, posizionare la differenza,
esplorare nuovi sistemi di valori che sfuggono alla
reductio ad unum è la sfida
che un’etica nomade si propone. E’ questa la grande svolta: la dimensione etica della
politica, ovvero la politica nelle nostre vite, dei nostri corpi,
non è animata
dai principi ispiratori, programmi e progetti che sono
altrove bensì si trova
nelle pieghe stesse del nostro
presente. “Trasposizione” ha una doppia fonte di ispirazione: la musica
e la genetica. Nel campo musicale indica le variazioni e i campi di
un modello discontinuo e armonioso: una sorta di
zig zag e incroci, non
lineare, nomade ma allo
stesso tempo responsabile. In campo genetico Braidotti mutua questo
termine dall’opera della studiosa femminista Elyn Fox Keller la quale
riferendosi agli studi di Barbara MacClintok, parla di processi di
mutazione genetica che avvengono in maniera non lineare ma che allo
stesso tempo non sono né causali e neppure arbitrarie. E’ una visone che
si contrappone alla visione scientifica dominante che tende a definire
il gene come un’entità stabile che trasmette sia le unità fisse
sia le variazioni genetiche come eventi causali. I movimenti di
trasposizioni procedono invece secondo questa nuova visione
epistemologica per salti e incroci senza che siano privi di una loro
coerenza, senza fare a meno cioè del principio di responsabilità.
Braidotti sviluppa le implicazioni etiche e politiche delle
trasposizioni, cosi come gli incroci e gli attraversamenti
interdisciplinari che tessono una rete di interconnessione tra filosofia
e i diversi ambiti del sapere. Non esiste un pensiero unico ma
un’interconnessione di comunità discorsive Non è possibile un'unica strategia di resistenza, ma
c’è bisogno di un sapere decentrato, mobile, rizomatco senza dimora. Non
c’ è un’esperienza di unitarietà del soggetto ma siamo il risultato di
incontri, di affettività, di interazioni. Questa esperienza costitutiva
del soggetto schiude un nuovo orizzonte etico, un nuovo vincolo etico
dato dall’alterità. “Il divenire donna”, “il divenire altro” sono gli
altri costitutivi dell’umanesimo classico, gli altri della terra, essi
costituiscono dell’alterità strutturale. Gli altri non sono solo luoghi
di marginalità, ma anche luoghi di posizionamento del soggetto come
luogo di potentia e
differenza L’unità del soggetto è esplosa in una rete di
pratiche discorsive diverse e pure questo fenomeno sembra lasciare
inalterato le forme di sessismo e razzismo e quelle di antropoformismo
arrogante che hanno permeato e caratterizzato la nostra società. Le società industriali producono una proliferazione
delle differenze per assicurarsi il massimo profitto.
C’è dietro una logica
consumistica di moltiplicazione e proliferazione delle differenze,
un’utilizzazione vampiresca degli altri che si traduce in una nuova
logica del medesimo. Braidotti non nasconde le contraddizioni dell’epoca
anche nell’alleanza tra liberalismo capitalistica e l’emancipazionismo
di quelle donne occidentali che hanno liquidato ogni rapporto di
continuità nei confronti della lotta collettiva delle donne (p. 57). Il
femminismo è un ingombro. I discorsi predominanti attorno alle pratiche
di genere si traducono in logiche anti-femminista reintroducendo “quella
sindrome di donna eccezionale diffusa prima che il movimento delle donne
introducesse principi egualitari di interconnessione, solidarietà, e
collaborazione. L’ aspetto più dannoso di tutto questo è sul quale vale
la pena riflettere è il nuovo senso di isolamento che questa cultura
alimenta. Ripensare la differenza sessuale non significa cadere
in una trappola essenzialista ma aprire i campi del molteplice. Questa è
la posta in gioco di un’etica della sostenibilità. Il femminile diventa
progetto, forza propositiva, movimento di destabilizzazione
dell’identità. Ogni soggetto a prescindere
dalla razza, dal sesso, dalla cultura deve essere dunque
ripensato secondo una visone positiva della differenza, in quanto
principio del non Uno. E’ dunque necessario sul piano politico
valorizzare le comunità che riconoscano la differenza come principio non
unitario. E’ questa la sfida di un’etica sostenibile, post-umanista,
vitalista, nomade ma responsabile,
capace di ripensare al futuro, di dare speranza: un atto
gratuito, per amore del mondo. Tu chiamala - conclude Braidotti -
Pietas
(Delt@
Anno VII, N. 26 del 10
Febbraio 2009)
A.A. |