E’ una giovane studiosa e un’attivista femminista
Barbara Spinelli. Ma soprattutto, è un’esperta di politiche contro la
violenza e le discriminazioni di genere. In altre parole, di contrasto
al femminicidio. Praticante avvocato e collaboratrice della Rete
Femminista e dei Giuristi Democratici, ha documentato nel suo libro,
edito da Franco Angeli, l’origine del termine femminicidio: un
neologismo riferito alla violenza fisica, psicologica ed economica
contro la donna in quanto tale, nel momento in cui rifiuta o tenta di
contrastare il ruolo sociale ed istituzionale impostole. Una novità del
nostro vocabolario, insomma, sempre più diffusa, anche in Italia, in
relazione alla strage delle donne di Ciudad Juarez (Messico), ma che va
progressivamente assumendo una valenza universale. E ciò anche grazie
alla copertura mediatica del caso messicano. Si passa, cioè, dalla
denuncia sociale al riconoscimento politico e giuridico internazionale,
mentre il fenomeno si va delineando, via via, come un vero e proprio
crimine contro l’umanità. «Questo libro di […] Barbara Spinelli
- specifica Patrizia Romito nella presentazione - non rappresenta
solo un contributo importante per comprendere cos’è il femminicidio,
cosa significa e cosa implica, ma rappresenta anche una guida, un filo
rosso che ci aiuta a ripercorrere alcuni decenni di femminismo, così
come si è sviluppato nel continente americano». E a questo proposito,
l’autrice spiega, pagina dopo pagina, come e perché il termine
femminicidio sia stato adottato dalle donne centroamericane in difesa
del proprio diritto ad una vita libera da qualsiasi forma di violenza. Con sguardo di ricercatrice, Barbara Spinelli si
spinge, inoltre, ad indagare le cause di questa aberrante «categoria
criminologica» in base alle tesi elaborate in Centroamerica e definisce
la matrice comune di ogni forma di discriminazione contro le donne,
ovvero la mancata considerazione della dignità delle stesse come
persone. L’autrice ci accompagna attraverso la descrizione dei
meccanismi di indagine e di denuncia, l’analisi dei dati risultanti
dalle ricerche locali e delle politiche sviluppate in relazione ad essi.
Molto interessante, sempre a proposito dei massacri di Ciudad Jaurez,
anche lo spazio riservato all’alleanza tra donne e Ong a tutela dei
diritti umani per inchiodare lo stato messicano alle sue responsabilità. Il punto di arrivo? La richiesta di riconoscimento
giuridico del femminicidio come specifico reato e come crimine contro
l’umanità. E’ già, perché non rispettare i diritti delle donne –
ribadisce con forza l’autrice - lede l’umanità tutta. Un’affermazione
categorica, che pone le basi per la costruzione di relazioni sociali
diverse, incentrate sulla persona e sul rispetto reciproco, a
prescindere da ogni forma di diversità, sia essa sessuale, etnica,
giuridica o ideologica.
Nel portare avanti la campagna di sensibilizzazione sul femminicidio, mi
sono scontrata con l’ignoranza dei media, con distorsioni inquietanti
della realtà, con strumentalizzazioni di potere tutte occidentali, ma mi
sono anche incontrata con l’entusiasmo […] di tante donne che avevano
costruito ponti di solidarietà.
Sta a noi dunque, studiose, femministe, donne che lavorano per le donne,
rendere visibili i microsistemi di potere che ci tagliano fuori, in
quanto donne, dai meccanismi decisionali, politici, comunicativi, di
vita, di autodeterminazione, e sta sempre a noi agire come soggetti per
riappropriarcene: abbiamo la forza per fare questo e le conquiste di
questi ultimi duecento anni ne sono la prova.
(Delt@
Anno VII, N. 20 del 3 Febbraio
2009)
Claudia Frattini |