Grazie, Serena Maffìa, di questo abbraccio, regalo e respiro,del “tuo”
paese innocente, ricerca, spasmodica e naturaliter, di incontro, col
divino e soprattutto «con volti di uomini che cambieranno o hanno già
cambiato il mondo, il “mostro” che è in ognuno di loro, la poesia che li
spinge a desiderare un mondo diverso». E’ con queste parole che Fabio Pierangeli, curatore
de Il Paese innocente,
descrive la poesia e la pittura di Serena Maffìa, frutto del desiderio
di un mondo diverso, come nel
Girovago di Giuseppe Ungaretti. E lo fa traendo spunto dalle parole
di questa meravigliosa artista circa le origini della sua visione
pittorica, mistica di ogni materia terrena: «Il primo vero e proprio
ritratto fu quello di Garcia Lorca per la rivista letteraria Poiesis… Da
allora non ho più smesso di ritrarre volti di uomini…». Il resto è noto. Il libro, che ripercorre le tappe fondamentali della
personale Il Paese innocente,
presentata nell’agosto scorso presso la Fondazione Roberto Farina,
Roseto Capo Spulico, in Calabria, costituisce un’occasione unica per
soffermarsi sulla poetica passionale e, al tempo stesso, razionale della
Maffìa, «abilissima fata dei colori». Ciò grazie all’attenta analisi
intrapresa, pagina dopo pagina, da alcuni competenti estimatori e della
quale riportiamo qualche stralcio:
Il primo impatto con i quadri di Serena è sconvolgente: mi avvicino al
suo spazio come blindato in un’astronave che attraversa lentamente zone
inesplorate e impervie, inabitabili?, del nostro universo. […]. La
materia si confonde ed è espressa direttamente dal colore, dai colori,
distesi con la spatola e graffiati attraverso un sistema sempre nuovo di
segni che potrei descrivere come sostanzialmente pervasi da una
misteriosa unità stilistica (Dentro,
Roberto Alemanno).
Per la prima volta sono percorso da timore ed inquietudine. Una pittura
ribelle e fremente di armonia, aspra dissimmetrica e tradizionale, una
pittura disarticolata come un alfabeto di una lingua ignota ed
indecifrabile (Una nuova alba,
Carmine Benincasa).
Qui in questo liquido amniotico […] strappi, filiformi cellule di colore
ovali e sferici fantasmi sintattici si accalcano per esistere ricordando
antiche storie che avevamo dimenticato. Ciascuno ricorda e recita per sé
(La forma,
Ennio Calabria).
[…] a me sembra che Serena, […] ha capito […] che la risposta giusta e
stimolante, sta nella capacità di “testimoniare” la crisi con un
linguaggio ad essa “omologo” ma non da essa “omologato”; in grado, cioè,
di “assumerla” e di “esprimerla” di pari passo con l’elaborazione e la
graduale costruzione di una nuova grammatica dei segni e sintassi dei
colori […] (L’antivirus,
Italo Evangelisti).
Lo ‘stimmund’ di un colto espressionismo colorato e maturato dalla
sincretica, sensitiva frequentazione nella trasfigurata, translucida
orchestrazione di un dodecafonico ‘arrangiamento/aggiornamento’, conduce
la verticale esplorazione artistica di Serena Maffìa alla sorprendente
novità di un acido ‘espressivismo’ che disinibito, sballato, “sradicato”
da ogni accomodamento/infingimento di (comoda) convenienza si dimostra
in tutto il suo anarchico prodigio […] (Espressionismo acido,
Anna Maria Guidi).
Al centro del suo impulso creativo […] c’è solo il quadro. L’artista
sembra esaltarsi in trasfigurazioni sensitive che hanno come centro
dinamico l’emersione di processi ideativi in linea con un inconscio da
esprimere sì, ma in modo occulto. Il colore fa il resto, sempre sotto il
dominio di una concettualità irrequieta, dinamica […] (Il Gattoleone,
Gerardo Leonardis).
C’è […] dunque una chiara consapevolezza, il senso preciso di un
percorso che, prima d’essere figurativo, è d’anima, di sentimenti. Di
emozioni che s’incontrano e si contraddicono (Passione e razionalità,
Luciano Luisi).
Cara Serena, hai dipinto una donna senza età e senza tempo. Come fosse
una divinità. un archetipo di donna appunto. La dignità di una regina la
incorona, e la debolezza d’una donna qualunque la sveste d’ogni corona.
Donna e regina, fata e mendicante, la leggenda delle donne si dipana in
quella tela a raccontare le debolezze, le paure, le tristezze che
alimentano la favola della femminilità (Anna, Serena e la giungla di
sempre,
Anna Manna).
Come i più grandi artisti di ogni tempo Ella ha saputo infrangere il
diaframma misterioso che sta tra la visibilità della materia e
l’imponderabilità dell’anima, tra una fronte segnata dal tempo e i
pensieri che si agitano dietro, tra un sorriso appena accennato e il
dolore che esso nasconde (Pittura-poesia,
Pina Magone Mauro).
Spatolare il volto, sradicare l’ombra, ritrarre ogni ganglo, sorriso o
ruga di luce…(Spatolatrice
di luce, Plinio Perilli).
(Delt@
Anno VII, N. 28 del 12
Febbraio 2009)
Claudia Frattini |