Una inedita giovane Deledda riscoperta da Neria De Giovanni

 

 

Editoria

 

 

(Roma). Una piccola iniziativa editoriale ha di recente consegnato alle stampe alcune lettere fin’ora inedite di Grazia Deledda. Tre lettere che l’autrice, ventunenne, spedì tra l’ottobre del 1892 e il febbraio 1893, ad Arturo Giordano, direttore della Rivista Letteraria di Napoli, con cui da qualche tempo collaborava.

Destinatario ultimo della prima missiva era in realtà un editore di Roma, Maggi. Deledda chiese a Giordano di inviare la propria lettera a Maggi, nella speranza che se la sua lettera gli fosse stata recapitata dal direttore di una rivista a lui noto, questi sarebbe stato più attento alla proposta della ragazza di Nuoro di pubblicare un suo libro di novelle. E infatti si legge in apertura: “Egregio signore, non Le ho scritto direttamente, per la posta, affinché la mia lettera, presentatale da un mio cortese amico, che Le dica qualche parola per me, Le giungesse più sicuramente, e sortisca l’effetto desiderato”.

Passarono alcuni mesi senza risposta. La giovane non demorse. Imputando la mancata consegna della lettera ai disservizi della posta, strinse accordi con un tipografo sardo per la pubblicazione del proprio libro (I Racconti Sardi fu pubblicato nel 1894 dall’editore Dessì di Sassari) e, dopo poco, tornò a scrivere al direttore napoletano proponendogli un nuovo libro al quale stava lavorando.

Maggi non ricevette mai la proposta di Deledda. Le tre lettere, ora pubblicate in un piccolo volume, sono state gelosamente custodite in quello che oggi è l’Archivio Giordano, ricco di documenti e manoscritti anche di altri autori.

È stato l’interessamento della critica  letteraria e saggista di Alghero, Neria De Giovanni a convincere Pasquale Giordano, erede dell’editore di Napoli, a fotocopiare “con evidente ed apprezzabile tremore” le lettere deleddiane e ad autorizzarne la pubblicazione per la Nemapress Editrice.

Lo studio di questi documenti ha permesso la ricostruzione di un piccolo tassello della gioventù della scrittrice premio Nobel. Ad esempio la collaborazione con la Rivista Letteraria, di cui non si erano trovate fin’ora testimonianze dirette in altre ricostruzioni, ma di cui l’autrice fa esplicito riferimento nelle lettere, citando una recensione ad un libro, intitolato Redenzione. La giovane Deledda, oltre che con poesie e novelle, esordì dunque nella scrittura anche con saggi critici e recensioni.

Esordio non certo facile per una ragazza nata a Nuoro nel 1871, dove, al massimo, le era stato concesso di conseguire la licenza elementare. Dovette imparare la lingua italiana come una lingua straniera per scavalcare i limiti della sua lingua sarda. A ventuno anni scrive lettere da cui traspare la certezza della propria scrittura, e la consapevolezza delle difficoltà che dovrà affrontare per esprimerla. E’ così che nel presentarsi all’editore romano si trova a scrivere: “Sono una signorina sarda, molto giovane e molto coraggiosa nell’arte che adoro”. Il suo modo di vivere e le sue scelte sconvolgono lo schema sessista imperante nella Sardegna dell’epoca, che voleva che le donne non studiassero, in quanto bastava che sapessero far di conto e scrivere il proprio nome.

Fuori dagli schemi anche il suo matrimonio tardivo, a ventinove anni, con Palmiro Madesani, che dovette attendere i tempi del primo grande amore di Grazia Deledda, la scrittura. Fino a quell’età la scrittrice aveva vissuto da zitella, tollerando la compassione o la malizia dei propri compaesani.

Ma negli scritti della Deledda l’insularità fa parte di una consapevolezza profonda, è vissuta come un destino.Grazia Deledda ha diffuso la Sardegna in tutto il mondo. Scrittrice italiana ed europea, ma legata anche ad altri luoghi d’Italia. Su trentadue romanzi firmati dall’autrice, almeno una decina non sono ambientati in Sardegna.Neria De Giovanni, ha studiato il contributo di Grazia Deledda, nella convinzione che “la cultura, e la cultura delle donne, possa aiutare la convivenza e la comprensione dei popoli. Grazia Deledda parla con la voce del popolo sardo ma non parla solo al popolo sardo”. Il suo insegnamento e’ ad aprirsi a non lasciare chiuso lo scrigno di quel tesoro culturale.

(Delt@ Anno II, n. 232 del 25 novembre 2004)                                                                           Valentina Fenu