(Roma)
Quali sono i modelli delle “nuove” bambine? Che cosa sognano di essere?
Madri? Ballerine? Estetiste? Mogli di calciatori? Quanto è cambiato il
mondo delle immagini in cui le bambine diventano donne? Dai fumetti alla
tv, dalla scuola a internet,
Loredana Lipperini, con il suo
Ancora dalla parte delle bambine
(Feltrinelli), in libreria dal
31 ottobre, insegue i miti,
i conflitti, i sogni, le miserie, l’ansia di riscatto che abitano nel
giovanissimo immaginario femminile.
Le eroine dei fumetti le invitano a essere belle. Le loro riviste
propongono test sentimentali e consigli su come truccarsi. Nei loro
libri scolastici, le mamme continuano ad accudire la casa per padri e
fratelli. La pubblicità le dipinge come piccole cuoche. La moda le vuole
in minigonna e tanga. Le loro bambole sono sexy e rispecchiano (o
inducono) i loro sogni: diventare ballerine, estetiste, infermiere,
madri. Questo è il mondo delle nuove bambine.
Negli anni settanta, Elena Gianini Belotti raccontò come l’educazione
sociale e culturale all’inferiorità femminile si compisse nel giro di
pochi anni, dalla nascita all’ingresso nella vita scolastica. Le cose
non sono cambiate, anche se le apparenze sembrano andare nella direzione
contraria. Nessuno, è vero, impone più il grembiulino rosa alle bambine
dell’asilo, ma in tutti i toni del rosa è dipinto il mondo di Barbie e
delle sue molte sorelle. Libri, film e cartoni propongono, certo, più
personaggi femminili di un tempo: ma confinandoli nell’antico stereotipo
della fata e della strega. Ancora: l’immaginario recente tende a
fotografare una scuola divisa in bulli e brave alunne, ma è proprio nel
(presunto) rispetto delle regole che si fonda, da sempre, la creazione
di un piccolo branco femminile che, crescendo, tramanderà a sua volta
frustrazione, sudditanza, impotenza, rancore alle proprie figlie.
Del resto, basta gettare uno sguardo al mondo adulto: al mondo
occidentale, per essere esatti, dove è in atto quella che non sembri
esagerato chiamare una guerra contro le donne, con relativi morti e
feriti. Viceversa, la rappresentazione e la narrazione del femminile
dipingono un panorama ancora una volta rosa: dove le donne sarebbero
potenti come gli uomini perché in grado di licenziare un subordinato, o
di consumare sesso, con lo stesso cinismo.
Sembra legittimo chiedersi cosa sia accaduto negli ultimi trent’anni, e
come mai coloro che volevano tutto (il sapere, la maternità,
l’uguaglianza, la gratificazione) si siano accontentate delle briciole
apparentemente più appetitose. E bisogna cominciare con l’interrogarsi
sulle bambine: perché è ancora una volta negli anni dell’infanzia che le
donne vengono indotte a consegnarsi a una docilità oggi travestita da
rampantismo, a una certezza di subordine che persiste, e trova forme
nuove persino in territori dove l’identità è fluida, e fluidissimi
dovrebbero essere i generi, come il web.
Per dirla con Pink, la popstar che nel video Stupid girls denunciava
tempi cupi per il femminismo, bisogna dunque capire come sia possibile
che le ragazze che volevano diventare presidenti degli Stati Uniti
abbiano partorito figlie che sognano di sculettare seminude al fianco di
un rapper. E per farlo, occorre tornare negli stessi luoghi dove le
bambine compiono ancora oggi il loro apprendistato al secondo sesso: la
famiglia, la scuola, il mondo dei media, l’immaginario dei libri e dei
cartoni.
Contributi: Elena Gianini
Belotti, Collana: Serie Bianca, Pagine: 288
(Delt@
Anno V°, N. 221 del 29 ottobre 2007)
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