Il dono osceno  del femminile 

 

 

Editoria

 

 

(Roma) Lunedì 8 novembre - aula II della Facoltà di Filosofia di Villa Mirafiori  Francesca Brezzi e Virginio Marzocchi hanno presentato l’ultimo libro di Elena Pulcini Il potere di unire. Femminile, desiderio, cura, edito da Bollati Boringhieri.

Pulcini, docente di Filosofia Sociale presso il dipartimento di Filosofia dell’Università degli studi di Firenze, studiosa di teoria della modernità e di gender’s studies, già da molti anni si occupa del problema della genealogia e della costituzione dell’individualismo moderno.

In questa sua ultima opera, che è costituita da una serie di saggi che trattano la questione del soggetto alla luce della differenza femminile, il femminismo diventa una lente critica, un metodo di approccio fecondo dal quale è impossibile prescindere per comprendere le asserzioni  della metafisica occidentale.

Il potere femminile di legare e tenere insieme è il filo conduttore che attraversa tutti  i saggi. Esso, però, non è un potere inteso in senso weberiano che si sviluppa e si attua all’interno di una dinamica comando-obbedienza, ma è un potere di relazione, è il potere rousseauiano di controllare e guidare i rapporti affettivi nella sfera intima  delle relazioni familiari e domestiche

Pulcini ha analizzato la “differenza emotiva, vale a dire il problema della peculiare posizione delle donne nell’ambito della dicotomia, occidentale e moderna, ragione/passione”(p. XI), parlando di doppia esclusione che le ha viste prima tagliate fuori dalla sfera della razionalità e della sua applicazione pubblica e poi tagliate fuori anche dalla sfera della passione intesa come sentimento prorompente e romantico, per dirla incisivamente: né logos, né pathos.

La femminilità è stata da sempre identificata, e lo è ancora oggi, con una forma di affettività docile, intima, altruistica, pacificante e rasserenante, che è quella del sentimento. Non solo, la donna ha anche avuto un destino di esclusione dovuto alla decisione sistematica della filosofia degli uomini che fin dai tempi di Aristotele la consideravano inferiore -  lo stesso filosofo la esclude dalla polis adducendo un’inferiorità congenita.

Il pensiero moderno, anche se basato su valori di uguaglianza universale, ha riproposto la disparità effettiva escludendo il femminile da qualsiasi dimensione pubblica o privata;  il patto sociale infatti viene stipulato ‘naturalmente’ da uomini e “il contratto sociale, è stato detto, cela il contratto sessuale”. Già in Rousseau le donne non sono più esseri deficienti, nel senso etimologico del termine, ma sono comunque esseri ontologicamente diversi, osceni nel loro essere ‘fuori dalla scena’, ‘ così diversi dal genere maschile dominante che non possono che essere relegate alla sfera privata dell’esistere.

Elena Pulcini ha voluto interrogarsi sul  lato lunare ed inesplorato della soggettività femminile nella speranza di riuscire a far emergere: “un potenziale critico verso la parabola moderna dell’individuo acquisitivo e narcisista e che facessero emergere possibilità alternative, senza evidentemente implicare una visione riduttiva dell’identità delle donne attraverso la sua assimilazione totalizzante all’immagine materna” (p.XI).

Le domande a cui la raccolta di saggi tenta di dare una risposta sono molteplici e la risposta viene ad essere una sola per tutti: ripensare in qualche modo il soggetto, costituire  una struttura dinamica ed aperta della soggettività esposta al divenire ed al cambiamento.

“Quindi,  di fronte all’individualità moderna che risponde al proprio bisogno di autoconservazione, dando sfogo alle passioni acquisitive tra cui il potere e la ricchezza, la riflessione critica femminista ha fornito alcune interessanti proposte di una soggettività non rigida e disidentificata, che tenga presente e faccia tesoro, della tradizionale capacità di essere in relazione del femminile, superando i confini dicotomici del pubblico e del privato”è stato detto dai presentatori, sottolineando come il lavoro della Pulcini sia importante proprio perché e una sorta di proposta che vuole provare ad offrire un’altra possibilità, o forse sarebbe meglio dire una possibilità altra.

Molto importante il concetto di ‘Cura’, ampiamente esaminato sia da Brezzi sia da Marzocchi, considerato importantissimo dalla stessa autrice che lo ha definito: “L’attenzione a quella complessa rete di legami e responsabilità nella quale ogni io riconosce la materia vivente del proprio essere nel mondo; la dimora che contaminandolo lo costituisce” (p.XII).

Le donne da sempre hanno avuto il senso della responsabilità dovuto alla capacità di concepire dentro sé la vita e l’alterità che  ha dato loro la capacità di intessere relazioni interpersonali volte a curare l’altro con amore e devozione.

In questi saggi viene esaminato anche il concetto di dono, strettamente correlato alla capacità di interagire, che diventa una sorta di veicolo emotivo in cui incanalare la tensione verso l’altro. Il soggetto donante è un soggetto aperto che ha voglia di entrare in contatto con il mondo, pertanto “riappropiarsi della simbologia del dono può rispondere non solo alle esigenze di autonomia e di differenza del soggetto femminile, come fa per altro l’etica della cura, ma anche alle sue pretese di autenticità”(p.165).

La presentazione si è conclusa con un animato confronto fra il pubblico e l’autrice che ha risposto alle numerose domande con precisione e chiarezza sottolineando che un’opera del genere è,  senza dubbio, ‘un’ opera femminile’.

(Delt@ Anno II, n. 220  dell’11 novembre 2004)                                                                                                          Lara Maffìa