Matriarcato senza potere  

 

 

Editoria

 

 

(Napoli) Donne povere, disoccupate, che hanno su di sé il carico di famiglie allargate, in un matriarcato senza potere e di precaria autorevolezza. Sono le donne delle famiglie povere di Napoli, di cui tracciano un ritratto le sociologhe Enrica Morlicchio e Dora Gambardella nel volume Familismo forzato. Il libro (edito da Carrocci) presenta i risultati di un’indagine sulle condizioni di vita e le strategie di sopravvivenza di 345 famiglie napoletane complesse, costituite cioè da due o più nuclei coabitanti, scelte per i 2/3 dagli elenchi delle famiglie che avevano fatto domanda per il Reddito minimo di inserimento, e per il resto con un campionamento “a valanga”.

Dalla ricerca emerge che la povertà a Napoli si annida all’interno delle famiglie numerose, e riguarda in primo luogo le donne adulte o anziane, prevalentemente casalinghe, oppure occupate in attività informali (spesso come domestiche ad ore) che si fanno carico di collezionare i redditi - discontinui e bassi - provenienti dai diversi componenti della famiglia e di garantire poi che la somma sia in grado di soddisfare le necessità di tutti. “È un sistema governato dalla solidarietà familiare, di scambi di risorse economiche e di cura - spiega Enrica Morlicchio, docente di Sociologia dello Sviluppo all’Università Federico II di Napoli – che si esercita prevalentemente in direzione discendente, dai nuclei più anziani o da quelli di età centrale verso i nuclei più giovani, e l’elemento di collegamento è rappresentato quasi sempre da donne delle classi di età centrale, cioè donne adulte. Le donne si prendono cura sia dei membri più anziani della famiglia, sia dei soggetti più giovani, che spesso non svolgono un’attività lavorativa impegnativa ma hanno lavori precari, occasionali e quindi tendono semplicemente a scaricare sulla donna adulta anche la responsabilità dell’accudimento dei figli oltre che quello del mantenimento economico”. È una solidarietà totalizzante, dove la forza dei legami familiari produce meno esclusione sociale ma più povertà.

 “In questo sistema non c’è l’uscita dalle famiglie; anzi il matrimonio e la nascita dei figli sono possibili proprio in virtù del fatto che i giovani rimangono in seno alla famiglia di origine e contribuiscono ad impoverirla. A farne le spese sono soprattutto le donne che, se non avessero il carico della solidarietà familiare, probabilmente riuscirebbero a vivere in situazioni migliori”.  La loro povertà, secondo la professoressa Morlicchio, non emergerebbe direttamente perché “in genere la povertà viene associata all’esclusione sociale, mentre nel caso delle donne povere napoletane si assiste a una sorta di sovrainclusione sociale”.

L’obbligo alla solidarietà – o quello che le due studiose hanno chiamato “familismo forzato” – tiene insieme le famiglie e consente loro di sopravvivere. In questo sistema le donne esercitano un matriarcato che non implica alcun esercizio di autonomia e di potere: “Se volessero rendersi autonome da queste grandi famiglie allargate – dice Enrica Morlicchio - difficilmente potrebbero farlo perché quello delle donne è un ruolo di gestione di risorse guadagnate da altri, e anche se alcune di loro sono impegnate nell’economia irregolare danno un apporto in termini di reddito tutto irrisorio”. Il loro è un potere che “appare più come un sovraccarico di responsabilità che come vero potere”, chiarisce la sociologa Chiara Saraceno nell’introduzione al libro: “È inoltre mediato con il principale procacciatore di reddito. È l’essere sua moglie che dà alla donna questo potere/responsabilità, non la propria individuale competenza e risorse”.

C’è una forte presenza di casalinghe anche nelle fasce di età giovanile. Nel Mezzogiorno il tasso di attività femminile è pari al 37,2% a fronte del 58% del Nord: un dato che viene interpretato da Enrica Morlicchio come dovuto non solo a una pressione dei modelli culturali ma anche a un vero e proprio scoraggiamento legato alle scarse opportunità occupazionali. Al Sud il tasso di occupazione femminile è del 30%, mentre invece al Nord è del 55%, con uno scarto di 25 punti percentuali. Nella fascia di età 15-34 anni, in Campania, una donna su tre è disoccupata. Se si considerano tutte le donne in età di lavoro – e non solo le giovani - è nel Mezzogiorno del 20% e nel Nord del 5%, in Italia del 10%. “Questo significa – dice Enrica Morlicchio - che le donne nel Mezzogiorno hanno una probabilità che è quadrupla rispetto a quelle del Nord di essere disoccupate. Quindi, o non si affacciano proprio sul mercato del lavoro, cioè non cercano attivamente il lavoro, oppure quando lo cercano hanno una probabilità molto elevata di essere disoccupate”.