(Roma)
“Femminicidio: assassinio di natura misogina di donne da parte di
uomini. Un fenomeno sociale legato al sistema patriarcale in cui le
donne si trovano nella condizione di essere uccise o perché donne o
perché non si comportano come dovrebbero”.
Queste le parole di Marcela Lagarde, Presidente della Commissione
d’indagine parlamentare sugli omicidi di Ciudad Juárez, scelte dalla
casa editrice “Fandango” per la quarta di copertina del libro
“La città che uccide le donne.
Inchiesta a Ciudad Juárez” di Marc Fernandez e Jean Christophe
Rampal.
Il libro, presentato ieri, a due giorni dall’uscita in tutte le
librerie, presso l’Aula Magna del Rettorato dell’Università Roma Tre, è
il reportage giornalistico più completo sull’agghiacciante vicenda che
ha reso Ciudad Juárez, a detta delle principali organizzazioni in difesa
dei diritti umani, “capitale mondiale del femminicidio”.
A presentarlo e a discuterne Francesca Brezzi, docente presso
l’Università che ha ospitato l’evento, la giornalista e scrittrice
Loredana Lipperini, autrice tra l’altro di
“Ancora dalla parte delle
bambine”, il sociologo Claudio Tognonato e Riccardo Noury di Amnesty
International.
I fatti, ormai noti a tutti, parlano di almeno 400 donne uccise e 500
scomparse a partire dal 1993, ma le cifre variano a seconda degli
interlocutori. Unico dato certo: ancora, a distanza di quindici anni,
non si è fatta luce su questi omicidi. Anzi femminicidi, come tende a
rimarcare fin da subito la Prof.ssa Brezzi nel corso del suo intervento
introduttivo, perché il tema cui rinvia tutta la vicenda e di
conseguenza il libro è proprio questo: il femminicidio, termine che,
secondo la docente, racchiude “una sfera semantica di grande
significanza in quanto comprende al suo interno tutte le azioni che
attentano all’identità di una donna in quanto donna”.
A snocciolare i dati, Riccardo Noury, che con dovizia di particolari
descrive queste donne come le “vittime perfette”: perché donne, povere e
migranti. Nonostante la legge varata nel 2006, dal promettente titolo
“Perché le donne abbiano una
vita libera dalla violenza”, sono 70 i casi registrati nel solo
2007. Ma il fenomeno, come ricorda Francesca Brezzi, è
glocal: globale e locale al
tempo stesso. Globale perché ovunque, locale perché si presenta in ogni
luogo con caratteristiche proprie.
A questa prospettiva si richiama l’intervento di Loredana Lipperini che,
lungi dallo sminuire la gravità dei fatti denunciati, preferisce
ricordare che anche in Italia la situazione è tutt’altro che rosea. A
dimostrazione di ciò la giornalista riporta gli allarmanti dati del
World Economic Forum in merito al Gender Gap: nell’arco di pochi anni,
infatti, l’Italia è passata dalla già non invidiabile 77a
posizione all’84°posto, risultando ultima tra gli Stati dell’Unione
Europea.
La soluzione, secondo la scrittrice, non risiede unicamente in nuovi
strumenti legislativi perché, se a questa impostazione non fa seguito
un’azione sull’immaginario e sul simbolico, la violenza, uscita dalla
porta, rientrerà dalla finestra.
Il sociologo Claudio Tognonato ha invece incentrato il suo intervento
sull’accordo di libero scambio che il Messico ha sottoscritto con Canada
e Stati Uniti (NAFTA): accordo che ha dato vita a quelle
maquiladoras in cui le donne
di Ciudad Juárez e di altre città del Messico lavorano giorno dopo
giorno per stipendi da fame.
Proprio questi stipendi sono all’origine del NAFTA: le
maquiladoras sono infatti
fabbriche di assemblaggio in cui convergono i pezzi ad alto contenuto
tecnologico provenienti dagli USA prima di essere rivenduti come
prodotto finito sul mercato statunitense. Il bassissimo costo del lavoro
(otto volte inferiore a quello degli Stati Uniti) consente infatti alle
aziende nord americane un margine di profitto più elevato. In questo
scambio, per ogni 100 dollari di investimento il Messico ne guadagna
due: si tratta dunque di una scelta di povertà che però ha dalla sua il
fatto di creare lavoro.
Ma a quali costi?
Circa le ipotesi avanzate per fare luce su questa vicenda, si è parlato
di narcotraffico, di traffico di organi: “tutto pur di non dire che la
causa è l’uomo”, come invece dice, e a chiare lettere, Claudio Tognonato
in conclusione al suo intervento.
Info:
controviolenzadonne.org;
mujeresdejuarez.org; amnesty.it
.
Delt@
Anno V°, N. 240 del 21
novembre 2007)
Ingrid Colanicchia
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