I sogni liberi delle madri di San Vittore

 

 

Editoria

 

 

(Milano) - I sogni sono liberi. Ha preso le mosse dalla verità contenuta in questa frase di una detenuta il progetto di Lella Ravasi Bellocchio, la psicanalista che per due anni (nel 2002 e nel 2003) ha ascoltato i sogni  delle madri di San Vittore. “Attraverso le storie incentrate su figli e genitori fantasmatici - dice la psicanalista - abbiamo cercato di recuperare un modello positivo di genitorialità, che aiutasse le donne a riconciliarsi con la propria maternità, con la propria colpa e quindi con se stesse”. Racconti di donne che Ravasi Bellocchio ha raccolto in un libro, Sogni senza sbarre. Storie di donne in carcere, appena edito da Cortina. “Ricucire, contenere, rassicurare: questa  è la misura dell'essere genitori - spiega Ravasi Bellocchio -, questo è ciò che negli incontri sperimentali a San Vittore ho cercato di fare, traducendo in pratica l'esperienza del  materno”. Agli incontri sperimentali hanno partecipato volontariamente una decina di detenute, che, due ore alla settimana e per due anni, sono 'andate in analisi'.  “La loro realtà quotidiana - dice la psicanalista - è fatta di crisi psicotiche, incubi e nessuna assistenza psichiatrica. Durante il periodo di analisi alcune donne hanno iniziato a farsi carico delle altre, a prendersi cura, a essere madri”. Donne straniere e italiane gravate da un'immagine deteriore della propria maternità, soffocata dalla detenzione: “scoprire la normalità della sofferenza legata all'essere madre per loro è stato un lusso -dice Ravasi Bellocchio-: accomunate da una colpa che è di tutte le madri hanno imparato ad accettare la scommessa della riconciliazione”.

Un sollievo per madri costrette a rapporti difficili e a incontri non di rado frustranti con i loro figli. “Spazi, tempi e modi di tali relazioni sono innaturali, spesso inutili, a volte dannosi”, spiega Susanna Mantovani, preside della facoltà di Scienze della Formazione all'università di Milano-Bicocc. Anche saper rinunciare  all'incontro può allora essere un valore: “Come nel caso del nido in carcere, uno strumento che rende solo più doloroso il distacco futuro -prosegue Mantovani-, snaturando il principio di autonomizzazione reciproca che guida invece i nidi fuori dagli istituti di pena”. Continuità e pazienza, per il bene del bambino e a sostegno del genitore, “perché - conclude Ravasi Bellocchio - la maternità è il luogo radicale del riscatto e del cambiamento”.