(Roma)
Squarciare il velo che con eufemismi, ipocrisie e concetti non disvelati
ricopre l’interruzione volontaria di gravidanza. Questo l’obiettivo di
“Quello che resta. Storie di
donne, storie di bambini, vita vera” (Editrice Vita Nuova -
Associazione "Il Dono", Euro 16,00), nell’intento di affrontare con
serietà il problema dell’aborto, lasciando parlare prima di tutto le
donne, ma non dimenticando di tenere in considerazione i ruoli e le
responsabilità di ognuno, inclusa la figura del padre, spesso assente ed
egoista. La serietà e la drammaticità dell’interruzione di gravidanza
non può essere sottaciuta, come le testimonianze delle donne raccolte
nel libro dall’Associazione “Il Dono”, mirano a mettere in luce. Paura,
solitudine, sofferenza, illusioni ed infine un dolore profondo che non
passa nemmeno a distanza di anni sono i sintomi del fatto che,
nonostante la società e il personale socio-sanitario cerchino di far
passare l’aborto come un atto privo di conseguenze prima di tutto per la
donna, ma poi per la stessa famiglia, tale rimedio provoca lacerazioni e
dolori enormi. La verità che sembra emergere dal libro è che la donna è
lasciata sola a prendere decisioni tanto grandi e difficili,
camuffandole in volontarie e consapevoli. Invece la donna è sola,
ingannata da false rassicurazioni, dal linguaggio artefatto e
menzognero, che, chiamando l’aborto interruzione volontaria di
gravidanza, si rifiuta di chiamare le cose col loro nome, credendo così
di depotenziarle, di neutralizzarle. Le donne si trovano ingannate dai
consigli di chi dovrebbe guidare, aiutare, prendersi una responsabilità,
dall’isolamento travestito da rispetto per le proprie scelte.
L’intenzione del libro è ben esplicata dalle parole di Serena Taccari,
presidente dell’Associazione "Il Dono" Onlus. Nella sua prefazione
Taccari dice di lasciare al lettore, alla fine della lettura, di trarre
le proprie conclusioni riguardo quella che nelle parole della presidente
è l’unica battaglia sul fronte dei diritti delle donne ad essere
lasciata fuori. Così nella prefazione: “Noi dell’Associazione "Il Dono"
riteniamo che al di là delle discussioni politiche pro o contro aborto,
che sono incentrate sulla vita e sulla morte del bambino, è urgente
guardare all’aborto partendo dall’aborto. Partendo dalla donna.Trovarsi
a parlare con una donna che ha dovuto affrontare un’interruzione
volontaria di gravidanza (per qualsiasi motivo essa si sia trovata a
farla), e condividere con lei i sentimenti e le emozioni, è qualcosa di
claustrofobico(...)L’assordante silenzio che circonda chi ha vissuto
l’IVG è l’espressione più alta del disinteresse verso la donna,
mascherato di pietismo e libertà, incoronato di falsa condivisione e
guarnito di menzogna(…)
Dove socialmente è riconosciuto un diritto a questo tipo di "libera
scelta", è invece misconosciuto il diritto al pentimento, al dubbio, al
dolore, al pianto. Ho sentito equiparare il post aborto a un trauma
quotidiano (= normale): come un trasloco o un cambio di lavoro... o una
relazione che si interrompe. Insomma una scelta difficile ma niente di
più. Nessuno lo paragona alla morte di un figlio, eppure è di questo che
si parla.
Perché mentre una madre che perde spontaneamente una gravidanza può
piangerne con amici e parenti, la libera scelta dell’IVG inchioda la
donna - che pure ha comunque "perso un figlio" - al muro della
solitudine. Tu hai scelto. Perché piangi?
Non stiamo parlando di donne portate a forza all’aborto, se per forza
intendiamo legate e condotte per mano, no, non è necessario parlare dei
casi estremi. Parliamo invece, di donne portate a forza dalla
disperazione, dalla paura, da compagni "premurosi" che al momento del
dunque tagliano la corda, da parenti "comprensivi" che rifiutano l’onta,
da un lavoro precario cui sacrifichi tutto (anche te stessa), da tutto
quello che, intorno, ti convince che è meglio cercare di tornare
indietro a prima del test positivo e "rimettere a posto le cose".
“Le storie che verranno raccontate in questo libro sono storie vere,
tratte dal forum di supporto dell’associazione italiana "Il Dono" Onlus,
l’unica ad occuparsi - come associazione di volontariato - di sostegno
alle conseguenze psicologiche dell’aborto volontario. I nomi sono quelli
usati come nickname dalla persona che ha scritto nel forum. I titoli
sono quelli originali, dati dalla persona stessa che ha scritto la sua
storia nel forum. Sono frutto di un pensiero personale e non dettati da
nessuno, per questo vanno rispettati”.
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