(Roma).
È stato presentato il 17 marzo alla
libreria Bibli Lettera di una donna di pace di Rosa Romano
Toscani. Il libretto epistolare è la testimonianza “immedesimata” della
scrittrice in una donna sequestrata a Baghdad. Semplice l’accostamento alle
vicende delle due Simone e di Giuliana Sgrena ma la stessa scrittrice
sottolinea la sua intenzione di non voler dare al suo scritto una
connotazione politica ma di essere questo “una testimonianza che i
sentimenti che possano essere all’origine di un cambiamento dalla cultura
della violenza e del terrorismo. La solidarietà umana e la partecipazione
insieme all’impegno sociale hanno ispirato questa lettera ed il volume è
volutamente scarno per evitare strumentalizzazioni di qualsiasi genere”.
Un atto puramente letterario e idealistico può essere la definizione precisa
del libro edito da Lepisma, che racchiude già nel nome del piccolo insetto
che mangia la carta, il carattere culturale della pubblicazione. Cultura che
diventa solidarietà per la decisione di devolvere all’Associazione “Un ponte
per… Baghdad” i proventi della vendita. La presentazione del libro è stata
comunque l’occasione di una riflessione condivisa, anche per la
partecipazione di Fabio Alberti di “Un ponte per…” e del sociologo e
giornalista Khaled Fouad Allam. Fabio Alberti ha puntualizzato il carattere
dell’operato dell’associazione a Baghdad: “ Non siamo lì da 14 anni per pura
carità, ma ci sentiamo in dovere di dare un risarcimento alle popolazioni
che hanno subito, e subiscono, distruzioni e miseria anche per colpa del
nostro esercito. La condizione di una persona sequestrata è anche quella di
venti milioni di irakeni che non sono liberi di vivere la propria vita da
troppo tempo, non saprei neanche dire da quanto, se da quando è stato messo
sul trono amico degli inglesi, dal colpo di stato di Saddam Hussein, da
quando sono stati costretti ad una guerra contro l’Iran per paura del
fondamentalismo islamico, dai quattordici anni di embargo...”. Fabio Alberti
ha sottolineato anche una dimenticanza pericolosa per esempio, riguardo al
sequestro di Simona Pari e Simona Torretta, degli altri due irakeni Manhaz e
Ra’ad da parte dei media e forse di tutta la società civile italiana. Una
dimenticanza che è sinonimo di un divorzio aggiunge Khaled Fouad Allam e
della costruzione di frontiere simboliche che a loro volta creano i
presupposti della guerra tra civiltà, vero problema del nostro tempo. L’alterità
sentita come pericolo per il sociologo Allam è dovuta proprio al distacco
tra memoria e storia all’interno sia del cosiddetto mondo occidentale sia
del mondo islamico. Avere l’obiettivo di costruire una memoria condivisa può
essere il ponte capace di riavvicinare pacificamente queste due civiltà, e
con una battuta Khaled aggiunge: “La pace è come il tango. Si balla in due”.
Dati questi presupposti credo che la possibilità di rimanere fuori dalla
politica, quella almeno con la P maiuscola, da parte di chi tocchi temi come
la pace e la guerra, quali che siano i modi, sia fuori discussione: la
scelta della pace è già essa stessa una scelta politica e di responsabilità.
(Delt@
Anno
III, n. 61 del 21 marzo 2005)
Anna Gloria
Capodieci
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