Kirby, ovvero la filosofia del successo

 

 

Editoria

 

 

(Milano) Motivazione e strategie di marketing: parole apparentemente innocue, che però nascondono talvolta violenze psicologiche, sfruttamento, bugie e una massiccia dose di situazioni grottesche. È questo l'universo lavorativo di cui ci racconta Michela Murgia, scrittrice sarda 34enne, che ha lavorato come telefonista per una multinazionale americana produttrice di un super-aspirapolvere. Il mondo deve sapere (Isbn edizioni) è un romanzo d'esordio totalmente calato nella realtà dei nostri giorni, che dà voce a lavoratori, ma soprattutto a lavoratrici, che normalmente stanno nell'ombra: le operatrici di call center che offrono buoni omaggio alle casalinghe, sperando poi che i venditori ("gli squali") riescano ad appioppare alle sventurate signore un elettrodomestico con 64 accessori. Il tutto per la modica cifra di 3mila euro!

Con implacabile ironia, Murgia mette in scena la tragicommedia quotidiana del precariato e, tra una risata (amara) e l'altra, solleva il velo sui molti lati inquietanti dell'universo di un certo tipo di lavoro in Italia. Un mondo nel quale si vive di slogan altisonanti ("Lavoro di squadra: il modo in cui gente comune raggiunge risultati non comuni") e di sms deliranti inviati alle 8 di mattina dall'aggressiva teamleader alle lavoratrici ("Non sei un lavoratore qualunque, perché non fai un lavoro qualunque. Non sei una persona comune, perché sei una persona di successo. Il tuo successo è già dentro di te! Io ti aiuterò a tirarlo fuori. Buona giornata"). Il tutto, come si vede, ruota intorno alla parola "successo", che nella pratica si traduce in un certo numero di appuntamenti fissati al telefono.

Per chi non riesce a raggiungere l'obiettivo, oppure decide che questo lavoro non corrisponde alle proprie aspettative, la parola è, ancora una volta, inequivocabile: "perdenti". Come dire, l'apoteosi del manicheismo.

Tra riunioni settimanali di motivazione e straordinarie tecniche di dissimulazione telefonica, il libro di Michela Murgia denuncia anche lo sfruttamento: “Le telefoniste che nel loro turno di quattro ore non prendono il numero prefissato di appuntamenti per due giorni consecutivi, il terzo giorno sono tenute a fare due turni di quattro ore per rientrare in pari”. L'azienda, però, offre una lettura diversa di questa procedura: “Non è una punizione. È la possibilità che vi offriamo per raggiungere il vostro obiettivo, è un'opportunità”.

Il libro di Michela Murgia non restituisce un'immagine molto lusinghiera delle aziende (in questo caso si tratta dell'americana Kirby) e mette alla berlina tutte le situazioni vagamente surreali in cui ci si imbatte entrando nel mondo del lavoro.L'ironia di Murgia è sempre attivissima e, alla fine, ci troviamo addirittura di fronte a un vero e proprio elogio della precarietà: “Penso che il precariato in questa situazione è la sola cosa che mi dia speranza. L'idea di fare la telefonista alla Kirby in maniera stabile è una prospettiva da reparto psichiatrico. L'unico pensiero positivo di questa situazione è che - appunto - è instabile, transitoria. Mi daranno il premio Nobel per il precariato. Per poi levarmelo dopo due mesi…”

(Delt@ Anno IV, n. 149  del 6 luglio  2006)