“Le donne e la filosofia” nel nuovo magazine Diogene Filosofare Oggi

 

 

Editoria

 

 

(Roma) Diogene Filosofare Oggi, il primo e unico magazine di filosofia edito dalla casa editrice Giunti, ha presentato due dossier che affrontano temi di stringente attualità nel panorama sociale e culturale: il pensiero al femminile: La filosofia si addice alle donne?  di Francesca Rigotti e Qual è la realtà delle famiglie lesbiche? Avere due mamme, di Daniela Danna.

Esiste un pensiero “al femminile”? si chiede ironicamente in apertura del suo saggio Francesca Rigotti.

Se si guarda alla tradizione filosofica che ha la sua origine nella cultura dell'antica Grecia, la risposta della saggista è negativa. La filosofia non solo non è stata campo di competenza delle donne, ritenute   fondamentalmente estranee al logos proprio della razionalità creatrice, ma questa disciplina, in quanto trascrizione teoretica del fallologocentrismo ha prodotto un discorso dominante sulla donna pretendendo di nominare cos’ è una donna, di definire cosa deve essere e  cosa vuole una donna.

Considerate nel loro ruolo riproduttivo, le donne sono state confinate nella materia, il cui termine mater designa sia luogo di origine, sia madre, quindi la specificità del soggetto femminile. La donna è madre e ha prodotto un corpo materiale, l’ uomo invece non avendo in natura questo potenziale creativo, si è appropriato di questa mancanza producendo un corpo sociale( declinato in pensiero, politica, istituzioni) non soggetto alle leggi della materia e per questo immortale ed eterno.

L’uomo consacrato all’universalità e votato quindi verso la trascendenza e la donna confinata nella carne e destinata all’immanenza è un tema classico del discorso filosofico occidentale e costituisce l’empasse su teorico in cui si è impigliato il pensiero femminista.

 Francesca Rigotti nomina questo fenomeno “paradosso di Arianna”. La generazione dei figli si trasforma, con la maieutica socratica, nella produzione di idee, pensieri, discorsi. Il filo di lana o di lino, passando dalle mani di Arianna a quelle di Téseo, diventa il filo del logos, del pensiero e del ragionamento; l'accudimento delle stoffe, la loro lisciatura e piegatura, si trasfigura nella nobile attività del ri-solvere e dello s-piegare ciò che è com-plicato e molte-plice, ovvero di pieghe ne ha molte e ripiegate su se stesse. Invece a chi materialmente genera figli, fila la lana e piega la stoffa, è negata la capacità astratta di creare idee, filare ragionamenti, spiegare problemi.

Questo accade- scrive Rigotti - per quanto riguarda la tradizione premoderna e moderna,  ma nella condizione postmoderna si chiede se qualcosa è cambiato? Dopo la svolta femminista che raggiunse l'apice negli anni Settanta del Novecento i pregiudizi antifemminili sembrano esauriti e le donne, insieme ai diritti civili, politici e sociali, avrebbero conquistato anche quelli filosofici. Ma bisogna sottolineare che le poche filosofe non vengono invitate per parlare dei grandi problemi filosofici del mondo contemporaneo, bensì per conversare di donne.

Non in quanto primariamente filosofe dunque, ma in quanto donne, proprio come nel paese dei Puffi, dove tutti i Puffi maschi hanno una specializzazione (c'è il Puffo burlone, il Puffo con gli occhiali, il Grande Puffo, il Baby Puffo, il Puffo musicista e così via) ma l'unica femmina, Puffetta, di specializzazioni non ne ha se non quella di essere femmina. Puffetta non ha un mestiere specializzato ma fa i mestieri.

Ha senso allora parlare di raggiunta cittadinanza filosofica- si domanda Rigotti- o dovremo amaramente constatare che per le donne tale diritto (e malauguratamente non soltanto quello) è scritto sulla carta ma non realizzato nei fatti? Questione cruciale che si pone Rigotti è anche se esiste o debba esistere una filosofia al femminile;  una filosofia delle donne e per donne la posizione di chi incoraggia a produrre una filosofia delle donne, una filosofia che presti attenzione a come e a cosa pensano le donne potrebbe dare sostegno alla tesi essenzialista che esista una mens philosophica foeminina diversa da quella mascolina? La città filosofica dovrebbe essere caratterizzata dal pluralismo delle voci che formano il coro della cittadinanza, senza ghettizzare nuovamente le riflessioni femminili nella città delle donne lasciando alla città degli uomini, La città filosofica pluralista è un'immagine che ci spiega il modo in cui è possibile o anche solo augurabile pensare la vita in società, una vita da vivere al plurale, non al singolare del maschio razionale-creatore-aggressivo ma nemmeno al duale della coppia eterosessuale padre-madre, con le loro posizioni ben distinte e asimmetriche. Il pensiero femminile è oggi anche pensiero lesbico e così Daniela Danna, sociologa ed esponente del Movimento Lesbico Italiano, nel suo contributo si cimenta con la maternità lesbica.

“La maternità delle donne che amano altre donne- scrive danna- non è un fenomeno nuovo; se  guardiamo la sostanza e non la forma, in che cosa la maternità di una donna lesbica che cresce i propri figli insieme a una compagna si differenzia da certe famiglie tradizionali del passato, in cui all'allevamento dei bambini erano preposte esclusivamente donne: balie e madri coadiuvate da nonne, vicine, sorelle e cugine, oltre che dalle altre figlie? Se questo modello è cambiato, non è forse solo a causa dell'isolamento della vita contemporanea negli appartamenti in città, in cui si può fare conto solo sull’aiuto delle nonne e degli asili nido a pagamento?

Non è che in passato non ne esistessero, ma le donne che preferivano le donne erano costrette, materialmente o psicologicamente, a sposarsi perché la società non permetteva loro di vivere da lesbiche alla luce del Sole.

Nel corso delle sue ricerche su questi temi Danna ha  intervistato molte donne che amano altre donne e hanno figli: la maggior parte di loro li ha avuti nella cornice di un precedente matrimonio o relazione eterosessuale. I temi etico-politici della maternità delle lesbiche, dunque, non riguardano tanto se sia lecito tentare un ardito esperimento sociale, quanto riconoscere che esistono già, in forme maggioritarie rispetto alle famiglie lesbiche primarie, nuclei ricostituiti in cui due donne si occupano di figli nati da precedenti relazioni eterosessuali.

Per maggiori informazioni : redazione1@diogenemagazine.com

(Delt@ Anno V°, N. 211 del 17 ottobre 2007)